Parrocchia Santissima Trinità - Piano di Sorrento

‘A Maronn t’accumpagn e ‘o Signor te’ benedice

Sono le 21:30 siamo qui sulla nave un centinaio di persone, le luci di Capri sono già lontane, Punta Campanella non è illuminata se non da una splendida luna che rischiara il mare. Fa freddo perché un vento insistente ci costringe a rannicchiarci in tutto quello che abbiamo per ripararci. I bambini stanno accoccolati in braccio alle mamme o ai papà. Nessuno ha voglia di parlare. Dovunque ti giri leggi volti tristi, il buio nasconde qualche ultima lacrima, senz’altro occhi ancora gonfi. Si guarda il telefono, si fotografa la luna, si rivivono i momenti e le ore appena trascorse, stipati come sardine a contenderci un posto nella chiesa di Santa Sofia ad Anacapri, dove ci è piaciuto accompagnare il nostro don Marino.

Tutto è iniziato 4 settimane fa quando una domenica don Marino alla fine della messa tra gli avvisi ci disse: “circolano voci di un trasferimento -poi scandendo le parole- io non ne so niente! Certo c’è una ruota che gira e io ci sto sopra. Vorrei che sappiate che non voglio andare via da Trinità. Ma se il vescovo me lo chiede, ubbidirò!” Disse altro, credo, ma ormai nessuno l’ascoltava più. Ciò che si temeva non era più un’inutile preoccupazione, ma un’eventualità da mettere in conto.

Tempo 10 giorni e la parrocchia non parla d’altro: don Marino se ne va, ad Anacapri. Il vescovo ha deciso. Andiamo, gli faremo cambiare idea, non può spostarlo perché l’abbiamo eletto noi. Abbiamo lo jus patronatus, a don Marino non lo lasciamo andare via. Qualcuno davvero scrive a don Franco, ma lui si è scelto un’ottima difesa: è ben protetto dalla Madonna, sta in pellegrinaggio a Lourdes. Una decisione difficile come quella di un papà per la sua famiglia: qualche figlio è contento (Anacapri), qualcun altro tra il triste e l’arrabbiato (Trinità) ma anche gli irriducibili devono convenire che le regole vanno rispettate, nella chiesa più che altrove.

Don Marino convoca il consiglio pastorale, ma la domenica tutti aspettano le sue parole che arrivano, poche, direi pochissime. Nonostante i silenzi, i respiri profondi, escono più lacrime che parole. Applaudiamo per riempire i vuoti, cerchiamo di trattenerci, ma quando vediamo i fazzoletti degli altri non resistiamo più. Passa don Marino, ha gli occhi gonfi. Abbiamo la certezza che vorrebbe stare con noi più di quanto non lo vogliamo noi, questo spegne ogni risentimento per chi ce lo ha tolto. Se ci si vuole così bene, ci vorremo sempre bene, qualunque cosa accada, dovunque sia, anche lontani.

Il consiglio parrocchiale diventa un’assemblea, la chiesa è piena e c’è don Antonio Parlato, lo conosciamo tutti, è stato qui da seminarista due anni, amato e coccolato per la sua simpatia e disponibilità. Ci piaceva vederlo tra i nostri ragazzi, interessarli, occupare il loro tempo. Sarà un buon parroco.

Don Marino prende spunto dalle letture del giorno: Il Signore ti sorprende sempre, parla quando meno te lo aspetti, oggi col libro del profeta Aggeo 2,9 “La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta”. Facile leggere “casa” come comunità, parlare delle cose belle che abbiamo fatto, dei progetti… le polemiche non ci sfiorano. Don Antonio si è raccontato brevemente ringraziando Dio dei doni ricevuti e ha indicato le sue linee guida: essere famiglia, continuità e unità. Cose che ci piace sentire e fare. Poi parlano le persone, dicono un incontro, narrano un fatto, fanno una riflessione. Un bambino senza paura chiede il microfono: “Però mi dispiace che te ne vai, stiamo bene con te”.

Domenica 6 ottobre è stato il giorno del saluto. Tutta la parrocchia si è stretta intorno al suo parroco. Penso che non avrebbe potuto sentirsi più amato e non potevamo sentirci più amati. “Mi avete coccolato come un figlio e forse anche troppo viziato” è stato il culmine di un discorso giocato sulla sapienza dei nostri vecchi  “Amma ffa’ a vuluntà ‘e Dio” e la canzone di Paola Turci che è stata il cavallo di battaglia del campo scuola famiglie “L’arte di ricominciare”… scelta da lui o ispirata direttamente dall’Alto? Chissà.

Ormai siamo arrivati a Piano, sono da poco passate le 22.00. Ci avviamo mestamente a riprendere le nostre auto per tornare a casa, anche don Franco, il vescovo, è stato con noi accompagnandoci al ritorno. Anche questo ritornare insieme ha un significato e ci consola un po’ come l’abbraccio affettuoso di santa Sofia al suo nuovo parroco. Lo coccoleranno anche loro, viene facile con persone così. A noi mancherà il suo sorriso.

Domani prenderemo confidenza con don Antonio, impareremo l’arte di ricominciare… ma come vuole Troisi, da tre!

di Tonino Esposito