Parrocchia San Giovanni Battista, Gragnano

Credere nel tempo del coronavirus

La comunità di San Giovanni Battista in Gragnano ne ha parlato con Franco Miano e Pina De Simone

In questo tempo in cui le Chiese lentamente si stanno ripopolando di fedeli e tutte le attività riprendono se pur limitate dalle restrizioni che ancora accompagnano tutti, venerdì 3 luglio la comunità della Parrocchia di San Giovanni Battista in Gragnano si è interrogata su Credere al tempo del coronavirus. Lo ha fatto incontrando due docenti universitari, sposati da oltre 30 anni e impegnati fin da giovanissimi, nella pastorale e nelle attività della propria comunità parrocchiale, Franco Miano e Pina De Simone.

In questo tempo in cui è venuto a mancare il senso e in cui siamo spiritualmente disarmati si è partiti da una domanda: in che modo gli eventi che hanno fatto la storia e che stanno continuando a scrivere drammatiche pagine di storia, provocano e mettono alla prova oggi la fede di ciascuno di noi.

Grazie all’interessante intervento dei coniugi Miano, fede e storia si sono confrontate in uno scenario dialettico nella splendida cornice della Chiesa gragnanese, tempio dell’arte di Giacinto Diano.

Cuore dell’incontro è stato l’equilibrio dinamico tra fede e storia: la fede, messa in discussione dal dinamismo stesso della storia, diventa anch’essa un elemento dinamico. In questo contesto è dunque importante l’aprirsi alla storia al fine di avere occhi nuovi per comprendere la Parola di Dio e per riformularla in relazione al contesto culturale e storico.

«Questo tempo ci ha posto delle domande in ordine alla nostra fede alle quali non troveremo risposte, queste domande le porteremo con noi…» ha esordito la Prof.ssa De Simone, ordinario di filosofia della religione alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.  «La nostra fede è sempre interpellata dalla storia, la nostra fede non è fuori del tempo ma è dentro il tempo, la nostra fede è dentro la nostra vita, in quello che accade e viviamo, orienta il tempo ed aiuta a leggere il tempo…ma soprattutto questo tempo con la tempesta che lo ha attraversato ci ha posto di fronte alla nostra fragilità, abbiamo scoperto la nostra fragilità». La Prof.ssa ha poi continuato lanciando degli interessanti spunti di riflessione: «Quando tutto vacilla si fa strada la fede, chi non pregava più da tempo ha ripreso a pregare e la fede è riaffiorata come bisogno… Ma è sulla paura che poggia la fede? Abbiamo bisogno di un Dio tappabuchi che riempie i vuoti della nostra esistenza? La fede è solo una risposta al nostro bisogno di consolazione? Se così fosse avremmo una fede funzionale a noi, a nostra misura e un Dio che è in funzione a noi stessi. Le Chiese sono state chiuse ma non sono state mai così aperte come in questo tempo, molte cose non sono state fatte ma tante altre nuove sono state avviate, abbiamo scoperto che siamo comunità anche quando siamo distanti».

Il fulcro dell’intervento di Franco Miano, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana dal 2008 al 2014 e ordinario di Filosofia morale all’Università di Roma Tor Vergata, è stato il delicato tema della responsabilità, una responsabilità che come «credenti non possiamo pensare di vivere da soli in quanto umanità, fratelli e figli dello stesso Padre. Ogni domanda che tocca la responsabilità personale è anche una domanda che chiede di crescere dal punto di vista della co-responsabilità, cioè della responsabilità vissuta insieme e pertanto un contributo buono alla propria vita è un contributo buono alla vita di tutti. Questo periodo ci ha insegnato che l’individualismo non funziona, è un atteggiamento distruttivo». Si fa strada dunque nel discorso il senso del limite: «un limite vissuto per un bene più alto ha dei risvolti positivi: durante la quarantena abbiamo vissuto forzatamente un limite per un bene alto quale salvare la vita propria e degli altri. Quel bene comune che non è la semplice somma del bene di ciascuno ma è quel bene che vale di più del sommare il bene di ciascuno, quel di più che ci tiene insieme come comunità e umanità…»

Dunque fragilità, responsabilità e senso del limite le tre parole chiave che hanno lasciato i relatori alla comunità di San Giovanni Battista, tre tematiche su cui riflettere e da cui lasciarsi provocare, tre tematiche su cui probabilmente non si riuscirà mai a formulare una risposta concreta ma la domanda stessa sarà aiuterà a crescere e a prendersi cura di tutti e di ciascuno.

 

di Mariailaria Verderame