Dialogo del vescovo e i giovani Scout sul vangelo di domenica 27 luglio

Il passo del Vangelo di Matteo di domenica 27 luglio ci presenta Gesù che parla ai discepoli del regno dei cieli: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Su questo passo di Vangelo i giovani di Agesci e Masci si confrontano con l’arcivescovo, mons. Francesco Alfano.

La prima domanda è su come i giovani oggi possono trovare il coraggio di vendere i propri averi per comprare il tesoro nascosto.

“La tua domanda vuol dire: può un giovane accettare l’invito di Gesù che è categorico? Noi – ha spiegato l’arcivescovo – non dobbiamo annacquare il Vangelo, ma accoglierlo nella nostra vita. A ognuno il Signore chiede qualcosa per seguire Gesù. Innanzitutto, bisogna chiedersi di quale tesoro dobbiamo liberarci per seguire Gesù Il tesoro, infatti, di per sé è una bella cosa. Se pensiamo alla caccia la tesoro, la gioia non è tanto nel possedere l’oggetto che trovo, ma nel riuscire a trovarlo. La gioia non è tanto nell’aspetto materiale, che pure è importante, ma se divento schiavo del tesoro perdo la felicità. In termini religiosi, potremmo dire che così il tesoro diventa un idolo. E agli idoli si sacrifica tutto perché ad essi si è sottomessi. Ecco, allora, il messaggio del Vangelo: nulla nella nostra vita sia un idolo per il quale sacrifichiamo tutto. Tanti idoli hanno i giovani e gli adulti. Anche cose buone talvolta posso creare una dipendenza. Gesù con il suo Vangelo viene a donarci la libertà attraverso un rapporto vero, nel quale ogni persona si ritrova accanto all’altro per quello che è: fratello, figlio di un unico Padre, e quindi responsabile anche della felicità dell’altro. Quando si vive così, si è disposti anche ai più grandi sacrifici, pur di rendere felici gli altri”.

La seconda domanda fa riferimento alla parte del Vangelo nella quale Gesù dice che i pescatori conservano i pesci buoni e buttano via i cattivi e che così sarà alla fine del mondo. Ma questo non fa sì che le persone deboli di spirito si allontanino sempre di più? Eppure conosciamo Dio come misericordioso.

“Stai tranquilla – risponde mons. Alfano -: nessun pesce cattivo, rimaniamo nell’immagine della parabola, viene buttato nell’immediato. Gesù, piuttosto, ci invita a riconoscere che nella nostra vita ci capita di avere situazioni positive e negative. A volte siamo ‘pesci buoni’, a volte ‘pesci cattivi’. L’invito di Gesù, allora, è a fidarci di Dio, a seguire Gesù, a riconoscere che nella nostra vita abbiamo bisogno di scelte più coraggiose, di superare la tentazione del male, lasciando solo a Dio il giudizio. E, allora, qui si inserisce la domanda su Dio misericordioso: butterà alla fine i pesci cattivi? È una domanda che ci accompagna da quando l’uomo ha iniziato a riconoscere la voce di Dio. Gesù non ha risposto a questa domanda, perciò fidiamoci che è buono, misericordioso, giudice longanime, ma che ci chiede di assumerci la nostra responsabilità. Potremmo dire, allora, che è come uno scossone la conclusione di quella parabola: attento a non far sì che la tua vita diventi tutta come un pesce cattivo, che alla fine non servirebbe a nulla, nemmeno a rallegrare la festa che Dio sta preparando per tutti i suoi figli”.

 
 
 
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