Dialogo del vescovo e i giovani sul Vangelo di domenica 29 giugno

In questa domenica si celebra la solennità dei Santi Pietro e Paolo. Il Vangelo Gesù chiede ai discepoli cosa la gente pensa di lui e poi fa la stessa domanda a loro. Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Allora, Gesù dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Su questo passo del Vangelo i giovani della Comunità Testimoni del Risorto pongono delle domande al nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano.
La prima domanda riguarda il fatto che alla domanda di Gesù risponda solo Pietro: è un modo per sottolineare il ruolo di Pietro o la titubanza degli altri?
“Nei Vangeli – ha osservato mons. Alfano – il ruolo di Pietro è particolare: quando si tratta di esprimersi, Pietro prende la parola, non solo in questo caso, ma anche in altri. Lo stesso vale, quando si tratta di prendere una decisione. Ciò sta a indicarci che il ruolo di Pietro fin dall’inizio è stato particolare nei confronti degli altri discepoli e anche del Maestro. In questo caso, Pietro prende la parola a titolo personale e anche a nome dei suoi amici. Se questo significa titubanza negli altri, è probabile, come c’era nello stesso Pietro, il quale, dopo queste parole che professa in modo forte riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio, quando sentirà il discorso sulla croce reagirà dicendo: ‘Maestro, ma cosa stai dicendo?’. Evidentemente, non aveva le idee chiare e non accettava quello che Gesù stava presentando: un Messia, che non avrebbe rifiutato il momenti terribile della prova e che non si sarebbe imposto né con la forza né con la potenza dei miracoli, ma con il sacrificio e il dono della propria vita. Tutto ciò ci fa pensare che Pietro e i suoi amici sono in un cammino di fede, come quello che siamo chiamati a fare sempre, come quello che i giovani fanno tra mille incertezze, momenti di entusiasmo, intuizioni forti che hanno nella fede, ma con la necessità ancora di continuarlo con l’aiuto di altri”.
La seconda domanda riguarda la difficoltà dei giovani di oggi e di ieri di dire chi è Gesù.
“Un giovane che condivida questa incertezza con i suoi amici – osserva l’arcivescovo – può stare tranquillo perché era così già ai tempi di Gesù: la gente oscillava tra un’opinione e un’altra. Ma perché questo? Perché Gesù non può essere catturato in un unico schema, in un concetto, in un’idea o in un’esperienza personale. Gesù va oltre, anche per chi non crede. La persona di Gesù si può difficilmente racchiudere in uno schema sociale, politico o anche religioso per le sue parole, il suo messaggio, per le sue scelte, il suo stile di vita, per la sua origine misteriosa, per la conclusione drammatica della sua vita, soprattutto per l’esito di questa vita: la risurrezione. I discepoli, da questa esperienza, cambiano completamente la loro vita: da persone chiuse dentro per la paura, hanno il coraggio di condividere questa esperienza straordinaria tanto che, dopo duemila anni, ne parliamo ancora. Indubbiamente, il ‘caso Gesù’ da un punto di vista umano è sicuramente un caso aperto. La fede ci consente non tanto di trovare tutte le risposte precise, esatte, anche se quello che professiamo è la fede ricevuta, quindi abbiamo la garanzia che non stiamo allontanandoci dalla verità. La fede ci permette di fare un’esperienza concreta di Gesù. E più entriamo in relazione con Lui, più comprendiamo. Questo avviene anche, a livello umano, tra due amici, che si conoscono meglio se si frequentano. Ora Gesù ci ha chiamato amici, non a caso: non più servi, sottomessi, ma amici, che entrano in relazione. Lui ci considera amici: nella misura in cui accogliamo e coltiviamo l’amicizia con Gesù, approfondiremo il rapporto con il Risorto, diventeremo testimoni del Risorto e quindi diventeremo capaci di costruire amicizie vere. Lì si vede la qualità della fede ed è quello di cui abbiamo urgentemente bisogno, come ci ricordate voi giovani con la vostra esperienza”.
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