Parrocchia Santa Maria di Galatea, Piano di Sorrento

Dove stiamo andando?

Convegno Pastorale Parrocchiale

La comunità di Santa Maria di Galatea si è riunita a Casa “A. Barelli”, ad Alberi, per un’intera giornata il 22 c.m. per il Convegno dal titolo “Dove stiamo andando?”.

Dopo un’invocazione allo Spirito, con canti di gioia, ci siamo concentrati sul lavoro con intensità. Due i pilastri della giornata: in conformità con le linee guida del nostro pastore, il vescovo Franco, 1°) la relazione del prof. Luigi Santopaolo “La fatica di convertirsi alla compagnia degli uomini” e, per progettare il futuro parrocchiale, 2°) l’intervento del parroco don Rito Maresca dal tema: “Come trasformare la cultura della parrocchia. Vivere la compagnia degli uomini. Da una pastorale di mantenimento ad una pastorale missionaria”.

A rullo battente siamo arrivati a sera stanchi, ma pieni di entusiasmo, carichi di responsabilità, con tanti dubbi e molte questioni su cui continuare a riflettere.

Il prof. Santopaolo ci ha brillantemente invitato a riflettere sulle conseguenze del mistero di un Dio che si è fatto “carne” e non semplicemente uomo, maschio, ebreo, o nazareno… da questo fatto, che è il cuore della nostra fede, bisogna prendere le mosse per trovare la risposta a come ci si deve relazionare con gli altri uomini diventati nostri fratelli nella carne di Cristo. L’umanità (gli uomini, non solo i credenti, né solo i cristiani o gli ebrei, ma tutti) ha acquisito una dignità sovraumana per l’incarnazione. Anche il nemico, oltre allo straniero, al diverso, resta mio fratello per l’incarnazione… anche quando mi offende, o potrebbe farmi correre dei rischi, o è ateo, o crede diversamente da me. Per essere espliciti e non lasciare dubbi o condizioni, amare ogni fratello è la vera sfida, qui si comprende che l’umanità non basta, ci vuole l’azione dello Spirito Santo: 1ª conclusione.

Partendo da At 10, da Pietro e Cornelio, un centurione romano, pagano seppure con una sua religiosità, abbiamo riflettuto su come – nella Chiesa delle origini – ci si è regolati nel rapporto con il diverso. Il problema delle regole di purità, quello della circoncisione (che trova la sua soluzione in At 15) hanno costituito la base scritturale su cui fondare ogni riflessione e conclusione sul nostro quesito sulla compagnia degli uomini. La diversità caratteriale (e non solo) di Pietro e Paolo è diventata la base, e loro due i pilastri su cui si è fondata la Chiesa di Cristo. Quindi discutere da posizioni diverse, ma senza mai giungere alla divisione, ecco la seconda conclusione della riflessione di Santopaolo. E come si fa? Si adotta sempre il criterio inclusivo della cattolicità; il criterio dell’unità nella diversità. È il tempo che diventa “scuola” dello Spirito Santo che ci aiuta a discernere ciò che è buono. Il tempo diventa maestro e ci fa capire come – a volte – anche ciò che sembra incomprensibile, o persino da rigettare, può – sotto l’azione dello Spirito – volgersi al bene. “… non osare chiamare impuro ciò che è stato purificato da Dio” (per l’opera dell’incarnazione) dice lo Spirito a Pietro (At 10,15). Dio non fa differenza tra persone (At 10,34): questo è cristianesimo.

Anche sui pagani scese lo Spirito (At 10,34ss). Lo Spirito è incontenibile, come il vento va dove vuole, non si sa da dove viene né dove va (Gv 3,8). Non c’è differenza tra chi muore nelle acque dell’utero materno, per aborto, e chi muore nelle acque del Mediterraneo – o altrove – per egoismo, paura, indifferenza… chi non crede nell’uomo non può dire di credere in Dio, il Padre di Gesù.

Al pomeriggio, don Rito M., amministratore parrocchiale di Mortora, ci ha condotti per mano ad 1una riflessione sulla realtà parrocchiale per tracciare una bozza di linea programmatica per il futuro. Attingendo alla Evangelii Gaudium e riprendendo la scrittura di At 10 ci siamo chiesti: cosa siamo oggi come comunità di Mortora all’interno della Chiesa diocesana e della Chiesa universale? Dove vogliamo andare come comunità? Cosa vogliamo essere? Cosa fare? Come cambiare la nostra mentalità pur a piccoli passi?

Alcuni punti fermi, ma non gli unici, sono stati E.G. 27-28 e Gv 3,16 (Dio ha mandato il Figlio nel mondo). Le principali parole chiave: evangelizzazione, missione, comunità, ospitalità, esperienza dello Spirito.

La ricerca delle scelte e abitudini parrocchiali e personali dettate dall’autopreservazione, di chi è teso a difendere (che – tra l’altro – traballano da tutti i punti di vista) ci ha portati a definire tre polarità o slogan: 1) crisi come opportunità; 2) morte come preludio alla resurrezione/rinascita; 3) il singolo, ma nella comunità.

Cosa sono disposto a sacrificare di quanto mi sembra parte integrale della vita di una parrocchia? (cf At 10: Pietro dinanzi a Cornelio). Perché essere missionari? (Gv 3,16: un Dio missionario per amore). E amare vuol dire andare verso gli altri (1Gv 4: Dio è amore).

Qui si confrontano due visioni: la Chiesa come un club che si occupa dei propri associati, e la Chiesa come comunità d’amore protesa verso l’esterno.

Scrive Papa Francesco: “Come vorrei trovare le parole per incoraggiare una stagione evangelizzatrice più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena d’amore fino in fondo e di vita contagiosa!” (E.G. 261).

                                                                                         di Stefania e Michele