L’Arcivescovo Alfano: “Il Papa ci racconta il Vangelo”

È già passata una settimana, da quando, mercoledì 13 marzo, prima la fumata bianca dal comignolo sulla Cappella Sistina e il suono delle campane a festa e poi il card. Tauran ci annunciavano il nuovo Papa: Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco. Ieri è stata celebrata la messa di inizio pontificato ed oggi il Santo Padre ha incontrato i rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali, del popolo ebraico e delle varie religioni. Al nostro Arcivescovo abbiamo chiesto cosa l’ha colpito della messa di ieri.
Eccellenza, ieri mattina il Papa indossava una casula molto semplice, come semplice è l’anello che ha scelto in argento dorato o la croce pettorale che ha voluto mantenere. Cosa ci dice il Santo Padre con questo modo di presentarsi?
“Vi leggo la sobrietà e la dignità, così come il Concilio auspicava con la riforma liturgica, ed è il contrario della banalità o addirittura della sciatteria, ma anche della ricercatezza. Il tratto caratteristico, quindi, è l’essenzialità: è questo il messaggio che il Papa ci sta dando”.
Questo cosa significa per noi credenti?
“Significa che dobbiamo stare molto attenti ai segni, perché attraverso di essi comunichiamo le nostre scelte. E i segni devono esprimere il Vangelo, la nostra dignità di figli di Dio e il nostro impegno: nessuno ricerca se stesso, ma mette gli altri in condizione di essere accolti o, come ha detto Francesco nell’omelia di ieri, di essere custoditi con fortezza e tenerezza”.
Il Papa ha insistito molto sull’impegno del custodire…
“Sì ha parlato della custodia. Ed è sorprendente il modo in cui il Santo Padre ha presentato questo impegno. È  stata una meditazione. Apparentemente semplice, ma profondissima, non solo per i termini che ha usato, ma anche per il modo in cui l’ha proposta, senza scendere mai nell’aspetto puramente teorico. È rimasto nel genere letterario dell’omelia. È un insegnamento anche per noi pastori”.
Il Pontefice ha invitato a non avere paura di bontà e tenerezza: secondo lei oggi c’è questo timore?
“Oggi la bontà e la tenerezza fanno paura perché coinvolgono molto la persona. Abbiamo paura di essere coinvolti totalmente nelle relazioni. In tempi di incertezza, ognuno cerca di salvaguardare qualcosa di personale, di sé, mentre il coinvolgimento significa impegno e non appartenere più a se stessi. La tenerezza fa ancor più paura perché manifesta quel bisogno intimo che abbiamo di amare e di essere amati. Come creature nessuno è sufficiente a se stesso. In questo esprimiamo la nostra creaturalità: siamo figli. Qui c’è la visione antropologica che la fede cristiana propone e fa sperimentare, ma che di per sé appartiene a ogni creatura umana. Penso che in questo modo il Papa abbia voluto dare un’indicazione forte anche alla Chiesa di dialogare, ma in profondità, con l’uomo, in ogni suo aspetto e senza paura”.
Un altro gesto di Francesco, ieri mattina, ha colpito moltissimo: quando si è fermato per salutare, con un bacio e una carezza, il disabile Cesare Cicconi…
“Anche questa è un’indicazione. Il suo stile di prossimità agli ultimi è un messaggio che si traduce in impegno per la Chiesa. Anche in un’esperienza di folla e alla presenza di autorità politiche, civile e religiose provenienti da tutto il mondo, il Pontefice ha voluto indicarci che al centro dell’attenzione della Chiesa sempre, anche nei momenti più ufficiali e solenni, ci deve essere la persona, il sofferente. Il gesto è straordinario nella sua semplicità. Il Papa ci sta raccontando il Vangelo. E la gente sta cogliendo tutto questo”.
Oggi il Pontefice ha incontrato i rappresentanti delle altre Chiese cristiane e religioni. Ha parlato dell’importanza del dialogo e del Concilio Vaticano II. Quanto Francesco potrà fare nel cammino di unità?
“Il nuovo Successore di Pietro potrà portare avanti il lavoro fatto dai suoi predecessori, con pazienza, fatica e tra tante difficoltà. Potrà portare in più la sua esperienza, il cammino del suo popolo in America latina. Soprattutto potrà offrire, come suo contributo, un passo in avanti più deciso perché i tempi sono più che maturi per un dialogo fruttuoso che giunga anche a compimento. Credo che l’aver messo a fuoco il Vangelo prima e più che ogni forma diplomatica potrà facilitare molto i rapporti, senza semplificare. I problemi ci sono e ci saranno, ma il dialogo tra le persone e l’incontro tra le comunità a tutti i livelli potranno dare un contributo forte, soprattutto se noi come cattolici teniamo presenti le indicazioni chiare del Concilio Vaticano II, che presentano la Chiesa spoglia di ogni presunzione, ma fedele al mandato ricevuto dal suo Signore”.
In questo senso, il fatto che Francesco si sia presentato semplicemente come Vescovo di Roma aiuta?
“Sicuramente questo sta già portando i suoi effetti, e non di poco conto. Oggi rispetto al passato si è più propensi, da parte di molte Chiese, anzitutto quelle ortodosse, a riconoscere un primato non solo d’onore, ma anche nel servizio, al Vescovo di Roma, proprio in quanto Vescovo di Roma. Il modo di presentarsi di Francesco senza dubbio faciliterà non solo il dialogo, ma anche l’avvicinamento. La presenza del patriarca di Costantinopoli, ieri e oggi, è un segno evidente non solo della facilitazione dei rapporti, ma anche del desiderio da ambo le parti di camminare insieme, ciascuno svestendosi un po’ di quel manto che nel tempo si è creato. Su questo San Francesco d’Assisi ci può essere d’esempio. È già un grande passo avanti il fatto che il Papa abbia voluto prendere il suo nome scegliendolo come modello. Comunque, non dobbiamo pensare che prima di Papa Bergoglio non si sia fatto niente: sono possibili questi passi oggi, per tutto quello che si è fatto fin qui. Grandissimo è stato il contributo offerto da Benedetto XVI e dagli altri Pontefici prima di lui. Certamente, Francesco porta non solo la sua carica umana, ma anche le esperienze concrete di dialogo fatte come Arcivescovo di Buenos Aires, esperienze di dialogo vissuto nella carità e nella comunione. Tutto questo facilita i rapporti, nella continuità di quanto già fatto, che non è ripetizione, ma un passo avanti che si può fare anche con sottolineature più accentuate o addirittura nuove”.

di Gigliola ALFARO