La Pasqua vissuta delle famiglie: chiesa dei Santi Prisco e Agnello

La vita prevale sulla morte e c’è sempre una speranza di risurrezione

Quando la Domenica delle Palme siamo rimasti tutti in casa e non è stato possibile, a causa dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, riunirsi per la festosa, colorata e affollata benedizione dei rami di ulivo, di palma o di confetti, ho realizzato che davvero quest’anno tutto sarebbe stato completamente diverso. Mi ha colto allora uno sgomento improvviso, una tristezza profonda mi ha attraversato, come per una mancanza insormontabile o per un’assenza inaspettata e indesiderata, quanto inevitabile.

Che settimana santa sarà, senza lavanda dei piedi, senza processioni, senza “sepolcro”? E che Pasqua sarà, senza lo scambio di pastiere e casatielli e, soprattutto, senza aver vissuto il triduo pasquale con la consueta intensità e devozione?

Questa terribile epidemia, oltre ad impedirci di uscire, oltre a rovinarci l’economia di un’intera stagione, finirà col portarci via anche la gioia che, per noi credenti, ma forse anche per chi soltanto per tradizione si unisce alla festa, è rappresentata dallo sciogliersi delle campane e dal trionfo della luce nella notte della Gloria! Così mi è venuto spontaneo pensare e sono certa che non sia capitato solo a me!

E invece … E invece davvero la vita prevale sulla morte e c’è sempre una speranza di risurrezione. Sì, perché questa Pasqua 2020 è stata una pasqua straordinaria: si è trattato di un evento fuori dal comune, eccezionale rispetto alla prassi e alle consuete modalità cui abbiamo quasi fatto l’abitudine; è stata un evento nuovo e diverso grazie anche all’impegno di tanti che si sono adoperati con tutti gli strumenti tecnologici a disposizione. A questa Pasqua ci siamo preparati con un’intensità di riflessioni, con una sincerità di sentimenti, con una sensibilità verso la passione del Figlio dell’Uomo, acuita dallo strazio per le sofferenze  e le morti che hanno scandito le nostre giornate e purtroppo continuano ancora ad opprimerci.

E così, quando le note dell’Inno alla Madre hanno rotto il silenzio del giovedì sera, mi sono affacciata al balcone, quasi aspettando che da un momento all’altro arrivasse la processione degli incappucciati vestiti di bianco, ma poi, quando ho realizzato che nessuno sarebbe passato per la strada deserta, mi sono disposta ad un raccoglimento profondo, ho riflettuto sulla drammatica solitudine di Maria, in mezzo alla folla che gridava “Crucifigge!”; ho pregato con grande intensità, ho invocato pietà per me e per tutta l’umanità che ancora continua a crocifiggere i deboli, i fragili, gli ultimi.

Sono convinta che tutti noi abbiamo condiviso questo sentire: tutti ci siamo riscoperti infinitamente piccoli e bisognosi di misericordia, di fronte alla solenne immensità della Basilica di San Pietro in cui Papa Francesco celebrava la Messa in Coena Domini. E, davanti alla cornice vuota dell’enorme Piazza, le stazioni della Via Crucis hanno prodotto un’insolita eco nell’animo di tutti i fedeli, così da disporci ad  una, profonda e drammaticamente sincera preghiera: miserere mei, Deus, miserere mei!.

Diversamente da quanto avevo inizialmente temuto, quest’anno abbiamo tutti sperimentato una settimana di passione particolarmente sentita, abbiamo vissuto occasioni di preghiera più intima e condiviso il bisogno di chiedere sinceramente perdono per le nostre debolezze; e, alla fine, questa Pasqua 2020 potrà rivelarsi, se lo vorremo davvero, un’esperienza straordinaria dalla quale far scaturire una vera rinascita.

a cura di Anna Maria Cioffi, catechista