L’incontro alla Congregazione per la Dottrina della Fede

La seconda giornata ricca del nostro Arcivescovo in Vaticano per la visita ad limina è stata ricca di impegni. Dopo la celebrazione della messa all’altare della tomba di Pietro, in basilica, mons. Alfano ha avuto, insieme con gli altri Vescovi campani, due incontri. Il primo alla Congregazione per la Dottrina della Fede e il secondo alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
 
Alla Congregazione per la Dottrina della Fede i Vescovi campani sono stati accolti dal segretario, mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer e dal sottosegretario, mons. Damiano Marzotto Caotorta. Il Vescovo delegato, mons. Valentino Di Cerbo, ha offerto un quadro della situazione della regione, soprattutto per quanto riguarda lo stato degli studi teologici: facoltà e seminari con studi teologici.
 
Sono state trattate anche diverse questioni su problemi specifici riguardanti la fede e la morale. A proposito di Medjugorje, è stato detto che è a lavoro una Commissione, presieduta dal card. Camillo Ruini. Finché la Chiesa non si pronuncia, nessuno può anticipare i risultati.
“Perciò – ha sottolineato mons. Alfano – siamo tutti esortati ad avere grande prudenza dinanzi a un fenomeno che a differenza di altri sarebbe ancora in atto. Proprio questo fatto rende più problematica la valutazione definitiva. Questo significa che la Chiesa dice no a pellegrinaggi ufficiali”. Considerando che Medjugorje è diventato, comunque, un luogo di preghiera, ci si può anche andare in forma privata. È sbagliato invece dare per certe le presunte apparizioni su cui la Commissione sta ancora indagando e sulle quali non si è ancora pronunciata. “Ci sono ancora dei punti da approfondire – ha chiarito l’Arcivescovo – e per questo è necessaria la prudenza. Aspettiamo la valutazione della Commissione”.
 
Si è parlato poi della morale. “Su questo si è detto che l’insegnamento della Chiesa e del Papa sulla morale è molto chiaro e non ci sono dubbi su questioni nuove – ha spiegato mons. Alfano -. Come insegna il Concilio Vaticano II, quando la dottrina è ripetuta più volte, è insegnata con autorità dal Magistero del Pontefice, questa vincola”. Mons. Ladaria ha segnalato che c’è un po’ di confusione, di relativismo, di opinioni personali. Ma, ha sostenuto il nostro Arcivescovo, “laddove l’insegnamento della Chiesa è chiaro, dobbiamo avere il coraggio di presentarlo per quello che è, sapendo che nella vita quotidiana ci sono delle difficoltà concrete. Si tratta di come aiutare i cristiani a conoscere la dottrina della Chiesa sul comportamento umano e poi a fare delle scelte coerenti, senza irrigidirsi sui principi ma senza cedere sulla prassi. Compete poi alle Chiese locali la pastorale ordinaria”.
 
In particolare, rispetto alla questione della famiglia, “va recuperata la visione antropologica per essere testimoniata e vissuta”. Il sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede ha detto che, sull’esempio delle comunità paoline, “dovremmo accogliere l’esortazione dell’apostolo a brillare come luce nelle tenebre”. “Laddove c’è confusione, smarrimento, incertezza – ha affermato mons. Alfano -, non ci dobbiamo contrapporre, ma quelle che sono la nostra convinzione e la nostra vocazione dobbiamo viverle il più possibile, sapendo che corriamo anche il rischio di non essere compresi o di essere rifiutati. Solo in questo modo possiamo proporre una vita buona secondo il Vangelo: non imporre niente a nessuno, ma senza tirarci indietro”. Il discorso, ha fatto notare l’Arcivescovo, “si fa pastorale: come accompagnare i giovani alla proposta di vedere il matrimonio calato nella propria vita o come aiutare le famiglie in difficoltà”. C’è, in questo senso, la grande questione dell’esclusione dalla comunione dei divorziati risposati. Ciò crea “sofferenza”, ma “aiuta anche dal punto di vista pedagogico perché in questo modo la coppia sa che si trova in una situazione che non corrisponde a quanto il Signore le ha chiesto”. Qui, ha evidenziato mons. Alfano, “il discorso riguarda la misericordia, che non significa sminuire la proposta del Vangelo. Non è la stessa cosa essere sposati o divorziati risposati. Piuttosto bisogna mettersi davanti a Dio in modo nuovo”.
 
Alla fine, si è accennato anche al tema della liturgia nella forma straordinaria. “A volte può succedere che il motu proprio del Papa possa essere applicato in modo improprio – ha dichiarato l’Arcivescovo – quando un sacerdote sceglie di voler celebrare in parrocchia sempre secondo il rito antico. Il Pontefice, infatti, ha voluto con il motu proprio salvaguardare l’unità della Chiesa e anche l’antico patrimonio, riconoscendo il diritto dei fedeli a determinate condizioni di avere la liturgia antica. Ma non c’è il diritto di imporre a una comunità parrocchiale di vivere sempre la liturgia nella forma straordinaria, costringendo a partecipare sempre alla messa in latino”.