Mons. Alfano: “Gesù apre la vita delle persone al dono di Dio”

Domenica 8 febbraio, V Domenica del Tempo Ordinario, ci presenta un passo del Vangelo di Marco:
 
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
 
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
 
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
 
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
 
Su questo ci offre un pensiero il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano: “Quanti malati ha incontrato Gesù. L’evangelista Marco lo sottolinea in modo particolare. Entra di sabato, dopo averlo santificato in sinagoga, nella casa di Simone e vi trova la suocera a letto, con la febbre, in gravi condizioni e la risana, la rimette in piedi. La donna subito si mette a servire e a fare della sua vita qualcosa di buono per gli altri. Un’indicazione preziosa. La sera, finito il tempo rigoroso del riposo, tutti portano i malati davanti a quella casa: Gesù ha tempo per tutti, uno sguardo, una parola, un incoraggiamento, la guarigione, il restituire la libertà, la salute. Sono segni del Regno di Dio che viene, segni di Dio che entra nel cuore delle persone e restituisce a ciascuno la sua dignità di figlio e la sua libertà per costruire, insieme agli altri, un mondo nuovo, giusto e buono. Sono segni che, dunque, bisogna comprendere bene, che rimandano a quello che veramente conta. Anche nella malattia si può avvertire la presenza del Signore e il suo amore, anche nel dolore possiamo sentirci non abbandonati, ma sostenuti. Gesù è venuto perché noi possiamo sorreggerci gli uni gli altri e camminare nella speranza. Ma la gente non capisce.
 
Al mattino dopo, mentre Egli è in preghiera – perché questo conta: il rapporto diretto, personale con il Padre -, i discepoli corrono entusiasti a dirGli che tutti lo stanno cercando, ‘abbiamo avuto successo’. Ma Gesù li invita ad andare via, sconcertandoli. Non è il successo che conta. Gesù non è un Messia che viene per guarire le persone e diventare un altro potente. Lui è venuto per aprire la vita delle persone al dono di Dio. Allora, come dobbiamo stare attenti anche noi quando chiediamo qualcosa al Signore, quando nelle difficoltà ci rivolgiamo a Lui presi quasi dalla disperazione: ciò che Gli dobbiamo chiedere è che non venga mai meno la Sua presenza, il Suo amore, e che la forza del Suo Spirito ci consenta di andare avanti come ha fatto Lui fino alla croce, fino al dono di noi stessi. Così questo mondo si apre a Dio e assapora anticipatamente il dono della Sua presenza. Siamo tutti figli, siamo tutti amati. Potremo tenere per noi questo annuncio?”.

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