Mons. Alfano: “La santità: amare Gesù e correre incontro ai fratelli”

Domenica 4 maggio, in occasione della Festa del patrocinio di Sant’Antonino Abate (detta dei Giardinieri), mons. Francesco Alfano, arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, ha presieduto la Santa Messa delle 11,30, nella basilica pontificia di Sant’Antonino Abate, a Sorrento. “La pagina del Vangelo dei discepoli di Emmaus ci riempie di speranza, perché Gesù cammina con noi e ci mette, così, in condizione di testimoniare la sua vita nuova, vita che aspetta ognuno di noi”, ha detto il presule nell’omelia. Secondo l’arcivescovo, “questa pagina di Vangelo ci interpella perché le contraddizioni dei discepoli di Emmaus ci riguardano”. Infatti, da un lato, “è il giorno in cui rinasce la speranza perché Dio non ha lasciato Gesù nella tomba e noi nelle nostre miserie”;: dall’altro, “i discepoli di Emmaus vanno via con le speranze frantumante”. Eppure, “non possono fare a meno di parlare di Gesù, avere nostalgia di Lui”.
In realtà, ha osservato mons. Alfano, “chi incontra Gesù non è stregato, sa di essere veramente amato”. Così i discepoli di Emmaus, mentre camminano e discutono di Gesù, “non si chiudono in se stessi. È la fede che non fa chiudere. Così quando il misterioso pellegrino si è avvicinato a loro e si è interessato alla loro vicenda, subito i discepoli hanno parlato di Gesù, di come ha operato in mezzo alla gente, del suo amore fino al dono di sé sulla croce, della tomba vuota, del messaggio dell’angelo alle donne”. Raccontano, “ma il loro cuore è chiuso”. “Non succede anche a noi di raccontare il Vangelo senza speranza?”, si è chiesto il presule. Ma “Dio non si ferma dinanzi agli ostacoli che noi frapponiamo”. Poi l’invito: “Noi dobbiamo andare incontro agli altri senza fermarci, senza tacere la Buona Notizia, come ci ha ricordato anche il Papa nell’udienza che ha concesso all’Azione cattolica”. Ma dopo il racconto, c’è l’ascolto e la rivelazione del Signore nello spezzare il pane: “I discepoli subito sentono il bisogno di condividere quello che hanno vissuto e anche noi – ha spiegato il presule – dobbiamo raccontare le meraviglie di Dio alle nostre famiglie, , alle nostre città. La Parola di Gesù è viva, tocca le nostre vite. È la Parola che ci fa vedere e capire che la storia è abitata da Dio e il mondo raggiunto dal suo amore misericordioso”.
Certo, “i discepoli di Emmaus non capirono tutto quella sera, ma il loro incontro con il Signore si trasformò in preghiera. Anche noi – ha suggerito l’arcivescovo – dobbiamo pregare il Signore: ‘Resta con noi, riscalda i nostri cuori, illumina le nostre menti’”.
Gesù restò a mensa con i discepoli di Emmaus, “segno della presenza del Signore che si fa cibo per noi, perché noi possiamo ritrovare la gioia dello stare insieme”. Il presule ha esortato: “Chiediamo il dono di celebrare bene l’Eucaristia per essere presenze vive. Come i discepoli di Emmaus, dobbiamo uscire dall’Eucaristia con il cuore colmo di gioia. I due di Emmaus tornano in fretta per testimoniare il Vangelo. Questa è la santità: amare Gesù e correre incontro agli altri, vivendo da fratelli, nella gioia che dona lo Spirito Santo”.

 

di Gigliola ALFARO