Mons. Alfano: “Ritornano i martiri”

Ieri, martedì 24 marzo si è celebrata la “Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri”, promossa dal Movimento giovanile delle Pontificie Opere Missionarie, nel giorno anniversario dell’assassinio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador. “Quest’anno la Giornata – ci dice il nostro arcivescovo, monsignor Francesco Alfano – ha acquistato un significato speciale almeno per due motivi”. Il primo è “il riconoscimento della santità di monsignor Romero, che rimanda a un cammino di Chiesa e alle tante violenze che quei popoli hanno dovuto subire, ma anche a tanta forza che nasce dal Vangelo che monsignor Romero ha incarnato in un modo straordinario: il pastore e il popolo, un vescovo e la sua gente, un uomo di Dio con tante persone che soffrono – i poveri – e con alcuni che esercitano violenza contro i quali il vescovo si è scagliato, ma non per escluderli, piuttosto per invitarli a una conversione”.
 
Monsignor Romero è stato “un vescovo disposto a dare la vita, non perché ami morire – abbiamo letto come abbia vissuto in modo drammatico gli ultimi giorni prima di essere ucciso -, ma perché sa che il chicco di grano solo se cade a terra e muore produce frutto”. Per il nostro arcivescovo, “monsignor Romero è una figura eccelsa. Sono contento che, dopo tanti anni di incertezze e anche pregiudizi politici che non permettevano di far emergere la sua grandezza come le accuse di comunismo o marxismo o di una teologia della liberazione ideologizzata, venga fuori la santità di quest’uomo, nella quale leggo la santità di tanti uomini e donne dell’America Latina – vescovi, preti, religiosi e laici – che in quella terra hanno cercato di tradurre il Vangelo di fronte a tante ingiustizie”. Monsignor. Oscar Arnulfo Romero fu assassinato il 24 marzo 1980 e sarà beatificato il 23 maggio 2015.
 
Il secondo motivo per il quale quest’anno la Giornata dei missionari martiri ha acquistato un valore particolare è, secondo monsignor Alfano, “quello che sta succedendo non lontano da qui, nel Medio Oriente e non solo, dove lo scontro che vorrebbero presentare con motivazioni religiose nasce, in realtà, da una difficoltà economica e da un’incomprensione culturale che non ci consente di dialogare né di aiutarci a vicenda”. “In tutto questo problema grave dove gli sfruttamenti ci sono stati e queste popolazioni andrebbero aiutate a venir fuori anche con una capacità critica che viene tante volte mortificata – evidenzia il nostro pastore – ci sono uomini e donne che per motivi di fede, come i cristiani, pagano un prezzo altissimo, perché sono privati della dignità e della loro terra o addirittura della vita”.
 
Dunque, “ritornano i martiri. Forse non ce ne siamo resi ancora conto fino in fondo, veniamo solo colpiti da queste notizie che lì per lì ci lasciano senza parole, ma è l’inizio di una nuova fase del cammino del popolo di Dio perché il martirio segna sempre una tappa di santità, di purificazione, ma anche di maggiore efficacia nella storia di questo mondo che oggi, più che mai, attende parole e gesti di verità per ripensare la nostra convivenza pacifica nel dialogo e nella collaborazione”.
 
Secondo i dati in possesso dell’agenzia Fides, nel decennio 1980-1989 hanno perso la vita in modo violento 115 missionari. Il quadro riassuntivo degli anni 1990-2000 presenta un totale di 604 missionari uccisi. Il numero risulta sensibilmente più elevato rispetto al decennio precedente soprattutto in conseguenza del genocidio del Rwanda (1994), che ha provocato almeno 248 vittime tra il personale ecclesiastico. Negli anni 2001-2014 il totale degli operatori pastorali uccisi è stato di 343 persone. Nell’anno 2014 sono stati uccisi 26 operatori pastorali: 17 sacerdoti, 1 religioso, 6 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Tali cifre sono comunque da considerare in difetto poiché si riferiscono solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia.

 

di Gigliola ALFARO