Giacobbe che lotta una notte intera, un muto che comincia a parlare liberato da Gesù, che a sua volta reagisce a una terribile accusa annunciando il Vangelo a tutti: così oggi la parola di Dio ci nutre e ci chiede di entrare più profondamente nel rapporto con Lui attraverso vicende umane luminose e oscure. È così per ognuno, anche per i suoi pastori. Lo ha ricordato mons. Francesco Alfano, arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, nella messa in suffragio di mons. Antonio Zama.
Commentando il passo biblico della lotta notturna di Giacobbe, il presule ha spiegato che la lotta ci appartiene, esprime ciò che portiamo nellintimo e ciò che ci consente di superare noi stessi. Giacobbe lotta per una notte intera, ma non tutto è chiaro. Facciamo i conti con le debolezze, con il mistero che ci avvolge e ci mette a nudo. Giacobbe vorrebbe avere tra le mani Dio e le sue promesse, invece Dio lo legherà al suo popolo tanto da cambiargli il nome: Israele. E sarà non più il capo, ma la stessa carne ferita ma redenta. Quanto è importante il cammino di Israele e anche per noi qui riuniti stasera nel nome di mons. Zama. Anche mons. Zama lha vissuta come lotta intellettuale per questa ricerca che chiama in causa il pensiero nel confronto, sapendo che siamo attratti dalla Verità, ma sapendo che nessuna speculazione umana può pretendere di dire lultima parola. E ancora lotta sociale per condividere la sofferenza fino ad alzare la voce, al grido della denuncia, allimpegno concreto per cercare insieme soluzioni. E, infine, lotta spirituale, ecclesiale fino allultimo istante per consegnare la vita al Signore.
Nel Vangelo la storia del muto. Il Signore è venuto per sciogliere il nodo della nostra lingua che ci tiene bloccati. Quante paure, quante incertezze, quanti compromessi. Il muto che è rimesso nella condizione di comunicare ha spiegato larcivescovo è un segno chiaro che lincontro con Gesù ci mette in condizione di annunciare. Mai come oggi ne avvertiamo lurgenza e la difficoltà. Soprattutto noi popolo di Dio chiamato ad annunciare con la vita e con le opere la Buona Notizia. E ancor di più noi pastori che dobbiamo rivedere completamente il linguaggio. La comunicazione della Buona Notizia deve arrivare a tutti, anche a quelli che noi consideriamo impuri. Mons. Alfano ha sottolineato che don Zama è stato un esempio per quello che ha fatto nelle varie tappe del suo ministero in una fase della storia della Chiesa che riscopre il bisogno urgente di dialogare ed entrare in un atteggiamento di simpatia per il mondo che non è cedimento, ma fedeltà alla missione. Certo, cè il rischio dellincomprensione: Dallincontro con il muto Gesù esce malconcio, con laccusa più grave: indemoniato. Ma di fronte alle incomprensioni Gesù ha amato. La compassione di Gesù è commovente, non è episodica, è la tenerezza di Dio che si sente legato ai suoi figli.
Gesù gira per le città e non esclude nessuno. Anche noi ha esortato il nostro pastore non escludiamo nessuno. Lunica certezza è nello sporcarci le mani, nel capire che le ferite dellaltro sono anche le mie. Non tutti capiranno, ma Gesù annuncia il Vangelo, guarisce le ferite, proclama con la sua azione e parola che il Regno di Dio è qui. Una sola cosa chiede ai discepoli: Guardate la messe, non vi fermate al vostro piccolo orizzonte. Don Zama è un esempio splendido, è una provocazione grande anche per noi a uscire dai nostri orizzonti: usciamo, apriamoci. Questa passione di incontrare, dialogare, cercare di capire. Un invito a non essere nostalgici del passato, ma annunciatori e costruttori della speranza che viene dal Signore. Anche un invito alla riscoperta della missione dei laici per dare il contributo per un mondo migliore. Seguendo lesempio di mons. Zama, siamo chiamati a uscire e proclamare il Vangelo a ogni creatura, h concluso il nostro arcivescovo.