Mons. Alfano al pellegrinaggio a Pompei: “Impariamo da Maria il silenzio della contemplazione”

Più di duemila persone hanno partecipato al pellegrinaggio diocesano a Pompei, nella notte tra il 29 e il 30 maggio. Nella notte i fedeli, dalle varie Zone della diocesi, hanno camminato insieme guidati dall’arcivescovo, mons. Francesco Alfano, per porsi alla scuola di Maria, alla fine di questo mese di maggio, e ancora ascoltare la parola forte di Gesù che ci manda a “proclamare il Vangelo a ogni creatura”.
Quest’anno il pellegrinaggio ha avuto una più forte connotazione diocesana, con la scelta, apprezzata e compresa da tutti, di ritrovarsi a Castellammare, alle 4 – per i pellegrini giunti da Sorrento, Sant’Agnello, Piano, Meta, Vico Equense, Castellammare, Pimonte, Gragnano, Lettere, Casola -, all’incrocio tra viale Europa e via Tavernola, per camminare insieme fino a Pompei. Da lì i fedeli sono stati accompagnati dall’auto-cappella con un quadro illuminato della Madonna di Pompei, copia di quello che si ammira in santuario. A loro si sono aggiunti al Ponte della Cartiera a Pompei i pellegrini provenienti da Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità e dal Petraro. Con l’ausilio dell’auto-cappella, che diffondeva forte l’audio, tutti hanno potuto partecipare all’animazione lungo la strada, con riflessioni, canti e preghiere.
Una volta giunti in santuario, l’arcivescovo ha presieduto la messa, concelebrata dai sacerdoti presenti al pellegrinaggio, nel piazzale Giovanni XXIII. “Abbiamo bisogno di essere raggiunti dall’amore di Dio, abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di incontrarci gli uni gli altri e riconoscerci fratelli, amici, compagni di viaggio, pellegrini, che hanno la stessa meta, che si aiutano lungo il tratto di strada a volte accidentato e faticoso. Siamo spinti dallo Spirito”. La nostra Chiesa è un popolo in cammino che “si è messo in ascolto, in modo particolare, in quest’anno liturgico-pastorale della parola che il Risorto consegna ai suoi discepoli: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura’. Questo Vangelo che gustiamo nel cuore non è per noi, lo dobbiamo portare, anzi gridare a tutti sempre”. Il presule ha, quindi, sottolineato: “Siamo qui per chiedere aiuto a Maria, per lasciarci sostenere da Lei, ma ancora di più per imparare da Lei”. Infatti, “Maria diventa per noi scuola di evangelizzazione, scuola che ci fa diventare come Lei: missionari, annunciatori gioiosi, credibili, costanti del Vangelo”.
Entriamo nel cuore di Maria, ha suggerito il nostro pastore. “Impariamo da Maria soprattutto il silenzio – ha osservato -. Non si può proclamare il Vangelo, non si può portare agli altri la gioia che noi riceviamo senza il silenzio. È stato così per Maria: non solo il silenzio che le ha permesso di ascoltare la Parola che Dio le rivolgeva per mezzo dell’Arcangelo Gabriele, ma anche il silenzio successivo in cui Maria, nella solitudine, si è messa in cammino e ha ripensato a quelle parole. Non basta ascoltare con attenzione, come adesso: Dio ci parla e noi lo ascoltiamo, ma tra qualche ora, presi dagli impegni, dalle persone, da qualche dissapore o dispiacere, ci dimenticheremo e la parola ascoltata rimane lì e non porta frutto”. Allora, occorre imparare da Maria accanto al silenzio dell’ascolto “il silenzio della contemplazione. Mentre Maria camminava andava dalla cugina Elisabetta ripensava alle parole dell’Angelo che non si sono perse, sono arrivate fino a noi. Così Maria si fa evangelizzatrice. La parola ricevuta destinata a Lei diventa parola comunicata e testimoniata, di generazione in generazione”.
Mons. Alfano si è domandato: “Saremo anche noi capaci di diventare missionari della Buona Notizia o, come ci chiede il Papa, preparandoci a quest’Anno Santo straordinario, di essere missionari della misericordia?”. Di qui l’esortazione: “Chiediamo a Maria il dono del silenzio, che ci consentirà di non essere superficiali, approssimativi, chiacchieroni né con Dio né con i fratelli. Il silenzio della contemplazione ci consente di custodire nel cuore le parole vere, la Parola di Dio, che è gioia, salvezza, e di comunicare agli altri non tante parole inutili o talvolta dannose, piuttosto le parole vere, che sono poche ma profonde”. Anche qui Maria c’insegna: “Dopo il lungo viaggio, giunta da Elisabetta non la riempie di parole, ma le rivolge il saluto suo e di quella creatura che portava nel grembo e che le consentiva di diventare tempio di Dio. Ha portato Dio con quel saluto: porteremo noi Dio con il nostro saluto, con il nostro entrare nelle case per testimoniare e servire, come Maria? Ecco come diventiamo missionari, quando ce n’è bisogno, in ciascuna delle nostre case, nelle nostre strade, nelle nostre stesse comunità, nelle nostre città chiassose, distratte e segnate purtroppo dal rischio dell’indifferenza; anche se camminiamo fianco a fianco, a volte non ci accorgiamo di chi è accanto a noi e non ci rendiamo conto di quello di cui ha bisogno”. Maria, ha spiegato mons. Alfano, “ci insegna che si entra in punta di piedi con la trepidazione di portare Dio che è dentro di noi”.
Ricordando che in questi giorni sta girando per le comunità per conferire il sacramento della confermazione, il presule ha affermato: “Siamo pieni di Spirito, ma lo portiamo agli altri? Se custodiamo e contempliamo, se insieme a Maria sappiamo camminare nella vita con questo silenzio nel cuore, allora, porteremo Dio e ascolteremo anche gli altri. Elisabetta non è stata interrotta da Maria; noi, invece, tante volte interrompiamo perché siamo preoccupati più per noi che per gli altri. E come possiamo essere missionari e proclamare il Vangelo, dicendo le cose nostre? No, dobbiamo portare la Buona Notizia essenziale che è Gesù, necessaria per vivere nella libertà e nella gioia”. L’arcivescovo ha ancora presentato l’esempio di Maria, che “ha ascoltato, ha fatto spazio a Elisabetta e alla fine ha potuto innalzare a Dio quel cantico che riempie il tempo e lo spazio, il Magnificat, in cui c’è la sua contemplazione, la sua vita: Maria parla di sé, racconta la sua storia, ma non si mette al centro. Non siamo noi al centro: tentazione quotidiana per tutti. Da Maria impariamo a raccontare noi stessi come figli, sapendo che siamo tra le braccia e nel cuore del Padre, grazie al suo Figlio Gesù. Come Lei, sperimentiamo quell’amore, che ci rende madre che genera, madre che si rende disponibile ad accogliere, madre che accompagna da lontano e non dispera perché Dio è fedele alle sue promesse”. Di qui l’auspicio: “Il Signore ci renda capaci di questo silenzio per cantare con la nostra vita la speranza che lo Spirito di Gesù continua a mettere nei nostri cuori”.
Alla fine della messa ha portato il suo saluto l’arcivescovo prelato di Pompei, mons. Tommaso Caputo. E mentre tutti sono tornati a casa con la gioia nel cuore per questo pellegrinaggio comunitario vissuto così intensamente, già con la mente si vola all’anno prossimo, pensando a come rendere ancora più bello questo momento.

 

di Gigliola ALFARO