Mons. Alfano: all’Assemblea Cei una riflessione sulla figura dell’educatore

Martedì 21 maggio, di mattina, i vescovi italiani hanno affrontato il tema principale dell’Assemblea: la figura degli educatori nella comunità cristiana, i criteri di scelta e i percorsi di formazione. La riflessione è stata orientata per esigenza di suscitare e promuovere le vocazioni educative e la loro formazione. Nel pomeriggio i vescovi si sono divisi in gruppi di studio per rispondere ad alcune domande. Mercoledì sera c’è stata la relazione di sintesi dei gruppi di studio.
“Sono stati quattro i punti centrali trattati in merito alla figura dell’educatore – ci spiega il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano -: la scelta degli educatori, il gruppo degli educatori, la formazione degli educatori e le nuove figure educative”. A proposito della scelta degli educatori, “sono state evidenziate le caratteristiche specifiche degli educatori, dall’aspetto fondamentale dell’esperienza di fede all’inserimento nella comunità ecclesiale, dalla capacità di relazione a quella di dialogo con il contesto circostante”. Accanto a questo “è stato evidenziato in modo molto forte che la scelta degli educatori compete alla comunità. È la comunità stessa che si assume questa responsabilità per cui va valorizzata la forma del mandato ecclesiale. Ogni educatore svolge il suo compito a nome e per conto della comunità”. Non si tratta tanto “di specialisti, ma di un servizio da rendere nella comunità ad intra e anche con la capacità di incidere ad extra, al di fuori della comunità. L’educatore è quindi il primo che cresce nella fede insieme con la sua comunità. Non è una figura avulsa dalla comunità”. È un concetto che “si estende a tutta la comunità. Non solo alcuni all’interno di essa svolgono questo compito, ma man mano che la comunità prende coscienza della sua responsabilità cresce in questa dimensione umana, spirituale e pastorale”. Questo, sottolinea mons. Alfano, “è importante per noi perché le nostre comunità, che vivono già di fatto un’esperienza del genere, devono prendere maggiormente coscienza e curare molto di più questa dimensione educativa”.
Il secondo punto concerne il gruppo degli educatori. “Si è sottolineato – afferma il nostro Arcivescovo – un aspetto importante: più che parlare di gruppo all’interno della comunità, si deve parlare di comunità educante, all’interno della quale chi deve far maturare questa dimensione, quasi un ambito privilegiato o luogo del discernimento di quest’opera educativa della comunità, deve essere il consiglio pastorale parrocchiale”. È, allora, “il consiglio pastorale parrocchiale la prima scuola, che aiuta a far maturare queste responsabilità specifiche stimolando con momenti formativi e di crescita”. Come pure si è sottolineato “il contributo che possono dare alla comunità i coniugi. Non si parla di singoli adulti, ma proprio di coppie, che in genere mancano nelle nostre comunità. Se vogliamo che si cresca tenendo conto della realtà ordinaria la famiglia deve diventare davvero soggetto attivo”. Un altro aspetto fondamentale, ci evidenzia mons. Alfano, “è il coinvolgimento degli educatori delle associazioni e dei movimenti, non come già accade all’interno delle stesse associazioni e movimenti per il loro cammino specifico, ma a servizio dell’intera comunità ecclesiale”. Altre figure importanti sono gli insegnanti di religione, che vanno “valorizzati facendo sì che la loro esperienza sia messa a servizio della comunità. La comunità, infatti, va intesa in senso più ampio, non riguarda solo chi vive all’interno di essa. Ci riferiamo a quella che viene definita la pastorale d’ambiente: la scuola e il lavoro in modo particolare andrebbero presi in considerazione”.
Riguardo alla formazione degli educatori, “al centro deve essere la catechesi degli adulti. Su questo punto – afferma il nostro Pastore – si è visto che le nostre comunità fanno ancora fatica: non tanto a prestare un po’ di attenzione agli adulti, perché questo già c’è, ma una vera e propria catechesi degli adulti, partendo dal loro mondo vitale e non solo in un’ottica di contenuti da trasmettere, ma lasciandosi interrogare profondamente da quelle che sono le loro esperienze quotidiane e le loro problematiche specifiche: la famiglia, il lavoro, la società, insomma la vita di tutti i giorni”. Occorre “partire dalle domande esistenziali e su quelle dare l’annuncio esplicito e specifico di come il Vangelo può dare senso pieno alla vita degli adulti, mettendoli in grado di rendere ragione della propria fede e di esprimere un giudizio sul mondo in cui viviamo”. Questo di solito “non accade”, per cui si è sottolineata “l’importanza dell’iniziazione cristiana dei figli valorizzando i genitori, della preparazione al matrimonio, quindi della pastorale familiare in senso più ampio”. Un altro aspetto sottolineato è stato “la promozione dei gruppi biblici e dei centri di ascolto, dove gli adulti come protagonisti provano a riflettere sulla propria fede e  a testimoniarla ad altri adulti, soprattutto a quelli un po’ più lontani da cammini di fede”.
Infine, i vescovi si sono interrogati su quali nuove figure educative, oltre a quelle tradizionali, potremmo avere bisogno. È necessario, osserva mons. Alfano, “l’evangelizzatore degli adulti, capace di dare il primo annuncio a chi non l’ha mai ricevuto o approfondito, aiutando a risvegliare la fede. Occorrono poi coppie di adulti nella pastorale battesimale e soprattutto post-battesimale”. Un ulteriore aspetto è “l’attenzione agli immigrati” e anche “persone capaci di stare accanto alle persone divorziate e risposate e alle varie situazioni di fragilità”. Un’altra figura di cui si è parlato è quella che svolge “il ministero della consolazione, a nome della comunità”. Anche gli ambiti della scuola e della formazione “ci chiamano in causa”.
Mercoledì all’Assemblea Cei è intervenuto l’economista Stefano Zamagni parlando del rapporto tra umanesimo e gli umanesimi.

di Gigliola ALFARO