Mons. Alfano alla Via Crucis: “Non abbiamo paura della sua croce”

È ancora una folla di gente quella che accompagna la via del Crocifisso qui a Castellammare così come a Gerusalemme 2000 anni fa. Ancora le persone più disparate e con i più vari sentimenti ad indugiare sul corpo sfigurato del Nazareno.
Ancora una città, come sottolinea il nostro Arcivescovo, “luogo amato dal Cristo” perché luogo abitato dall’uomo, dal suo lavoro, dalle sue sofferenze, dalla sua umanità spesso così fragile.
La città di Castellammare si ritrova anche quest’anno numerosa nella sera del Venerdì Santo alla Via Crucis cittadina che su tutto il lungomare ripercorre le ultime ore del Salvatore e con esse le ore di sofferenza di chi oggi porta una croce sul suo cammino. Carcerati, malati, perseguitati, famiglie in crisi, lavoratori giovani e anziani il cui lavoro diventa motivo di sofferenza. E ancora coloro che non riescono a trovare la forza di uscire dal vizio, dal peccato, dall’egoismo che chiude gli occhi di fronte al bisognoso.
Ci sono tutti gli ultimi nelle invocazioni che dal popolo stabiese, attraverso i testi preparati, salgono a Colui che ha voluto farsi in tutto simile a noi tranne che nel peccato.
È dal centro della nostra città che sale da tante voci diverse la litania che ritma tutta la Via Crucis “Signore pietà” per intercedere soprattutto per la periferia, la casa degli ultimi. Dalla periferia, non solo geografica, parte e deve ripartire la Chiesa di oggi, come ci indica il Santo Padre; periferia dalla quale anche la nostra Chiesa particolare di Sorrento-Castellammare, docile all’insegnamento del Papa, vuole ripartire perché è nella periferia di Gerusalemme sotto la croce, dal dialogo intenso tra Maria, Gesù e Giovanni che nasce la Chiesa.
Un continuo rimando tra centro e periferia che intreccia gli estremi per legarli, unirli, fino a farli diventare una cosa sola nella conclusione del cammino, come sempre, sulle scale della Concattedrale, cuore pulsante della nostra Chiesa, centro, sorgente e apice di tutta la vita ecclesiale.
Tutta la città di Castellammare ha udito e condiviso le parole del nostro Arcivescovo che ha ricordato come noi cristiani “non abbiamo paura della sua croce” perché essa non rimanda solo alla sofferenza e alla morte, ma al contrario, già in questa notte, ci fa intravedere le luci della Pasqua e della vittoria di Cristo. In Lui anche la rassegnazione al male e alla disperazione nelle storie di ciascuno è stata sconfitta.

Già nell’adorazione della croce, mons. Alfano aveva descritto il silenzio di questo giorno, non come quello della disperazione, bensì dell’attesa. Non è il silenzio di chi è ammutolito da tanto male, al contrario è silenzio di chi rimane senza parola davanti a tanto amore. Ecco perché non ci si è fermati alla XIV stazione: “Gesù è deposto nel sepolcro”; dolore e buio non sono state le ultime parole di questa storia, perché Dio ne ha voluto aggiungere una nuova: “Risurrezione”.

 

di Alfonso DE GREGORIO