Mons. Alfano: C’è Cibo anche per gli altri

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.

Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.

Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:

Il miracolo della moltiplicazione dei pani, ci fa entrare più profondamente nella festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, la festa dell’Eucaristia che la liturgia ci propone.

L’evangelista ci presenta Gesù con le folle, Gesù che annuncia il Regno di Dio, che incontra i malati, che porta loro l’energia nel corpo e nello spirito e che dinanzi alla richiesta, più che logica, di congedare le folle, per la necessità ognuno di provvedere al cibo, risponde ai discepoli con un’affermazione sconvolgente: “Voi stessi date loro da mangiare”.

Un Dio che si preoccupa del cibo, del nutrimento, che chiede addirittura la collaborazione “voi stessi” è chiaro che i discepoli non potrebbero mai rispondere a questo bisogno, il luogo è deserto, la gente è tanta, non saranno numeri precisi, ma migliaia e migliaia di persone di cui parla il Vangelo cinquemila, che cosa hanno a disposizione? pochissimo: cinque pani e due pesci, quasi niente. Bisognerebbe comprare, l’altra possibilità, ma ci vorrebbe tanto di quel danaro che non hanno. Insomma non ci sono soluzioni, il dono, ecco come questo segno che Gesù compie ci fa entrare nel mistero dell’eucaristia che celebriamo, che viviamo, che siamo chiamati a testimoniare con la nostra vita.

Il cibo che Dio ci dà in Gesù, il suo corpo, è puro dono con il quale Lui sfama la nostra necessità di vita, di felicità, di futuro, di comunione.

Ecco come Gesù risponde facendoli sedere a gruppi, perché ci vuole non massa anonima, questi gruppi ordinati di cinquanta, manifestano ed esprimono un’armonia, che è bella non sullo a vedere, ma soprattutto a vivere. Prendendo i pani e i pesci egli alza gli occhi al cielo, per riportare alla sorgente, l’eucaristia nasce da Dio, Gesù è il dono di Dio, la Pasqua è la sua meraviglia, il cibo che ci offre il suo Corpo e il suo Sangue, non viene da noi, lo riceviamo con stupore, con fede e con grande impegno.

È quello che Gesù fa spezzando i panni, perché quello che ha a disposizione è poco, ma va diviso, va condiviso, va offerto a tutti.

Il coinvolgimento dei discepoli che sono chiamati  a ricevere e a trasmettere è così che cresce la comunità cristiana attorno all’eucaristia e così cresce la famiglia dei figli di Dio che non si chiude a nessuno, raccolgono addirittura dodici ceste piene di pezzi avanzati, c’è cibo anche per gli altri, c’è cibo che noi possiamo e dobbiamo condividere con tutti, perché possiamo nutrirci dell’amore, perché possiamo gioire della fraternità, perché possiamo rendere questo mondo l’unica famiglia dei figli di Dio.

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