Mons. Alfano dialoga con i seminaristi sulla Passione di Cristo

Guarda il Video

In occasione della Settimana Santa, l’arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, monsignor Francesco Alfano, dialoga con i seminaristi sulla Passione di Cristo.
La prima domanda riguarda il silenzio di Pilato, che si lava le mani della sorte di Gesù: questo Vangelo cosa significa per la nostra Chiesa e cosa dice alla nostra gente che rischia di tacere di fronte alle ingiustizie subite dagli ultimi dei nostri territori?
 
“Il silenzio di Pilato – sostiene monsignor Alfano – è imbarazzante e determinante nella storia di Gesù. Qualunque silenzio che nasca dalla paura non può essere accettato. La comunità cristiana che vive la Pasqua e s’impegna a diffondere il Vangelo, non può stare in silenzio nel piccolo, innanzitutto: nei rapporti personali, nei nostri quartieri dove incontriamo gli altri. Come comunità, poi, stiamo imparando ad ascoltare insieme il grido dei poveri che sale fino a Dio. Dobbiamo imparare a rispondere, in nome di Dio, a questo grido, non tanto con le parole, ma con scelte coraggiose e concrete che aprano prospettive nuove per il futuro. Il racconto della Passione deve diventare germe di risurrezione anche per noi”.
 
La seconda domanda concerne la sofferenza di tante persone in questo periodo, sia per motivi economici e sociali sia per malattie. Qual è la risposta della Chiesa a questo dolore?
“Dinanzi al mistero del dolore – afferma l’arcivescovo – tutti ci poniamo delle domande. Tutti viviamo di fronte alla malattia, ad esempio quella incurabile, un senso di impotenza. Ma ci sono anche altre sofferenze, legate alla crisi. Come rispondere a tutto ciò? Noi ascoltiamo il racconto della Passione, che è il racconto della nostra salvezza. Alzando gli occhi, guardiamo la croce con fiducia, con speranza, perché la croce rivela un Dio che ci ama, facendosi vicino e accogliendo fino in fondo un dolore che non ha risposte. Questa è la via che dobbiamo seguire insieme: avviciniamoci, facciamoci prossimo per gli altri, facciamoci carico delle sofferenze degli altri, trasformiamo insieme in percorsi di speranza nella solidarietà, nell’amicizia, nella condivisione piena tutto ciò che sembra senza sbocco. Così annunceremo la Risurrezione del Signore, che è anche Pasqua nostra”.
 
La terza domanda tocca una difficoltà: a volte è difficile da un punto di vista pastorale superare il “Venerdì Santo” per aprirsi alla speranza della Risurrezione. Come fare il salto?
“È facile parlare della croce di Cristo – osserva il presule – perché la conosciamo e ci tocca da vicino. Ma noi siamo gli annunciatori della Risurrezione, non possiamo portare il volto del Venerdì Santo come nostra identità, come ci dice più volte Papa Francesco. La Risurrezione si annuncia con la testimonianza: dobbiamo, allora, testimoni di speranza, con la gioia, con scelte coraggiose, con il coinvolgimento in opere di fraternità, credendo ostinatamente in un mondo nuovo, che è nascosto, ma che deve crescere anche con il nostro impegno. Si testimonia non tirandosi mai indietro di fronte a nessun evento, a nessuna situazione e a nessuna persona. Una Chiesa così vale la pena servirla e amarla”.
 
L’ultima domanda riguarda la solitudine che Gesù vive durante la Passione e quanto questa solitudine tocca anche noi.
“Quella di Gesù – dichiara monsignor Alfano – è la solitudine di un amore incompreso, del tradimento, del rifiuto, della chiusura totale, dell’uomo che nella fatica di rimanere fedele a se stesso non sente più nessuno. Ma la solitudine di Gesù non è la solitudine della disperazione. Gesù non muore da sconfitto o da disperato. Certo, il racconto della Passione ci consente di entrare nel mondo delle solitudini: anziani, giovani, disoccupati, famiglie lacerate, malati. Come vivere, allora, la solitudine senza rimanerne schiacciati? Gesù sulla croce ci ha detto ancora una volta che siamo figli sempre, quindi non siamo mai soli. C’è un Padre, quando sentiamo la bellezza del suo amore e quando ci siamo smarriti. Annunciare questo dono che il Padre ci fa significa impegnarci a non lasciare soli gli altri. Il segno della Pasqua del Signore riempie la storia e noi dobbiamo essere i cantori di questo inno alla vita che Dio ci ha dato nel suo Figlio Gesù”.