Mons. Alfano: “Essere discepoli significa vivere nel dono”

Domenica 11 novembre ci presenta un passo del vangelo di Marco:

In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:

Gesù e il tempio.

Il vangelo ci mette di fronte a questa grandiosa opera che per gli ebrei rappresentava il segno più forte della presenza di Dio in mezzo al popolo: il tempio. Gesù è lì, a Gerusalemme Città Santa, davanti al tempio e insegna alla folla. Il tempio era anche il luogo dove il popolo andava per ascoltare il Signore, tramite i maestri e gli scribi in particolare. Eppure Gesù dice di stare attenti agli scribi, perché spesso dicono e non fanno, anzi sono più preoccupati di sé che dell’insegnamento che devono trasmettere. Più che cercare la gloria di Dio, cercano, tentazione terribile anche per noi oggi, la propria gloria, i posti d’onori, i saluti, la stima, la venerazione, abiti sontuosi. Non è così che si è fedeli al Signore. Chi vive per se, sfrutta gli altri, danneggiano le vedove, sfruttano, pensano a farsi ammirare per le lunghe preghiere ma il cuore è lontano da Dio. Gesù dice: “Guardatevi da questi scribi, non sono il modello che dovete seguire”. E’ un rimprovero forte, anche per noi oggi. E poi si chiama i discepoli, lì, mentre vede la folla che prima di entrare nel tempio facevano così, ma è un’usanza che in modi diversi abbiamo anche noi per contribuire alle necessità della Chiesa, lasciavano le loro offerte. Molti ricchi facevano cadere queste monete in recipienti grandi, mostrando tutti la generosità della loro offerta. E poi Gesù nota una povera vedova che mette in questo recipiente solo due spiccioli. Una misera cosa, qualche centesimo, meno di qualche centesimo oggi diremmo. Gesù dice hai discepoli “Avete visto?” I ricchi credono di aver messo molto, in realtà hanno dato solo del loro superfluo, non hanno offerto nulla. Quella vedova, così povera, ha dato poco ma ha dato tutto quello che aveva, ha dato tutto quanto aveva per vivere. E’ stata di una generosità enorme. Propone il modello della povera vedeva ai discepoli che vogliono essere anche essi, ricercatori di Dio e veri annunciatori del vangelo. Gesù così indicando questo gesto generoso della vedova, il dono di sé, prepara quello che sarà il suo sacrificio. Quando egli povero, dall’alto della croce, senza più nulla in quanto gli viene tolto tutto, anche la dignità, dona se stesso. Essere discepoli di Gesù non significa scegliere di apparire, dimostrare agli altri qualcosa per trovare se stessi, ma vivere nel dono: umile, povero, generoso. Perché solo così troveremo Dio.

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