Mons. Alfano: “La famiglia e Gesù, insegnamenti di vita”

Domenica 30 dicembre ci presenta un passo del vangelo di Luca:

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:

Gesù dodicenne nel tempio.

Questo episodio molto noto dell’infanzia di Gesù, la liturgia ce lo presenta in occasione della festa della Sacra Famiglia. Perché si tratta dell’esperienza vissuta da Gesù, non bambino o adolescente, ma riconosciuto secondo la legge ebraica, ormai già con i diritti e doveri di ogni ebreo che deve rispettare le legge sacra. Ed è lì, allora, secondo la tradizione per celebrare la festa della Pasqua, lui con la sua famiglia, con la carovana di pellegrini. È una scena che rimanda al legame profondo che riunisce Gesù fin dall’inizio della sua esperienza, con il suo popolo. Un legame con la sua terra, con la sua gente, soprattutto con la fede di Israele. Ma ecco la novità che sempre Gesù presenta, che ci consente di entrare nella sua vita e nel rapporto con la famiglia, perché sono proprio i genitori, Maria e Giuseppe, ad accorgersi della sua assenza, a cercarlo tra gli amici, i parenti, tra la carovana del viaggio di ritorno e a rifare la strada fino a Gerusalemme. Solo dopo tre giorni lo trovano. Lì nel tempio, in mezzo ai dottori, seduto ad ascoltarli e a interrogarli. Questa è l’immagine che conserviamo viva nei nostri cuori e che ci spinge ad entrare in Gesù cogliendone di più il mistero, quanto porta dentro e quello che pian piano rivelerà fino alla croce. Quanto, anche, devono fare Maria e Giuseppe. La famiglia di Gesù deve entrare nel mistero del figlio come ogni genitori, ma devono ancora di più accostarsi con fede a quanto Gesù porta dentro. Maria gli parla “Figlio, perché ci hai fatto questo”. È una domanda che nasce dalla sofferenza, anzi manifesta l’angoscia: “Ti cercavamo angosciati, tuo padre ed io”. Come non pensare a tante situazioni di difficoltà tra genitori e figli, ma non ci possiamo fermare lì, perché non è la difficoltà che blocca il rapporto. La risposta di Gesú rivela annunciando un mistero più grande quello che egli porta dentro: “Perché mi cercavate?” “Non lo sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Il rapporto di Gesù con il Padre è fondamentale, un padre che spiega, che fonda, che riempie la vita di Gesú in ogni senso. Maria non lo può comprendere bene, custodirà tutto nel cuore insieme a Giuseppe. Gesù che intanto rientra nei ranghi della vita familiare, crescendo, ubbidendo, servendo da vero figlio di Israele finché potrà annunciare il regno con la sua vita e con il suo insegnamento.

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