Mons. Alfano L'amministratore sa di dover dar conto

Domenica 07 agosto – XIX Domenica del Tempo Ordinario – ci presenta un passo del Vangelo di Luca
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. 
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
 
Su questo passo del Vangelo ci offre una riflessione il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
 
Fiducia e responsabilità, sono due qualità che devono caratterizzare l’esperienza del discepolo, Gesù le affida queste virtù ai suoi discepoli, come cammino comune. Non temere piccolo gregge, non bisogna aver paura, la Bibbia è piena di questo avvertimento e Gesù lo ricorda con forza ai discepoli perché il Padre ama i suoi figli gli consegna i suoi beni, a lui piace donare il suo amore, la sua bontà, tutti i doni del regno. La fiducia, la fiducia consente di avere il cuore diretto unicamente a lui senza attaccarlo alle cose terrene, senza illudersi di ricevere la gioia solo da quanto possiamo possedere, conquistare o ricevere. La fiducia è il rapporto con il Padre, che consente ai discepoli di assumersi, questo si una conseguenza importante, veramente la responsabilità dei fratelli. Per questo motivo Gesù racconta la parabola dei servi, dei servi che aspettano il padrone lo aspettano sapendo di essere servi e dunque attendendo il suo arrivo. Non importa se tarda e soprattutto saranno attenti gli uni con gli altri a vigilare, a condividere l’attesa, ad aiutarsi reciprocamente, senza sopraffare, senza prendere l’uno e il posto dell’altro, la fraternità potremmo dire così certo i discepoli imparano a vivere da fratelli. Senza dimenticare mai chi gli ha consegnato i beni, i beni del Vangelo, i beni della vita, i beni di tutto ciò che ci circonda e senza stancarsi nell’attesa. Il Signore è con noi è vero, ha promesso che ritornerà e questa vigilanza ci consente di vivere il senso di responsabilità con fedeltà e coerenza.
La domanda di Pietro, che chiude questo brano del Vangelo, riguarda da vicino chi ha una responsabilità diretta nei confronti della comunità come i pastori o qualunque altra forma di servizio nella comunità cristiana, nella famiglia, nell’ambito del lavoro, della professione nella società. L’amministratore sa di dover dar conto, sa che non deve sfruttare, che non deve isolare, che non deve calpestare, sa anche tutto ciò che fa, non tanto per ricevere una ricompensa, assicurata dal padre ai suoi figli, quanto per preparare la comunità all’incontro di festa. Siamo tutti un po’ amministratori della nostra vita, della vita di chi ci è affidato e di questo mondo che il Padre ha consegnato a noi suoi figli, perché possa essere la casa dove tutti imparano ad amarsi reciprocamente perché amati da lui.
 
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