Mons. Alfano: L’amore nella fedeltà al Signore non deve venire mai meno…

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:

Quanta difficoltà ha incontrato Gesù a farsi accettare proprio a Nazareth dove era conosciuto.

Sì sono rimasti meravigliati nella sinagoga, per le sue parole, per l’autorevolezza del suo insegnamento, per la novità oggi, quanto vuoi ascoltato con la vostra coscienza, con la vostra fede, si compie grazie a me, ma quanta difficoltà.

Non è il figlio di Giuseppe? lo conoscono e questo diventa un ostacolo. È Gesù che li aiuta a prendere coscienza che quanto hanno nel cuore corrisponde una mentalità antica – medico cura te stesso, mostra anche annoi la tua valenza – vorrebbero una prova, una dimostrazione perché sono titubanti, increduli, scettici. Nessun profeta e benaccetto in patria e Gesù fa l’esperienza dei profeti, si presenta così, non è presunzione la sua. È la manifestazione della missione che Dio gli ha affidato e che egli vive accettando la sorte dei grandi i profeti che cita: Elia, Eliseo che hanno trovato l’ostacolo più grande proprio nel popolo che doveva invece accogliere, riconoscere e camminare con loro secondo la via che Dio mostrava ed invece sono stati gli stranieri una donna, una vedova e un capo straniero che vengono raggiunti dalla forza dei profeti e riconoscono il Dio di Israele.

Le parole di Gesù che vorrebbero scuotere le coscienze, di coloro che ascoltano allora come oggi per noi, che diamo per scontata all’adesione tante volte senza lasciarsi provocare e coinvolgere fino in fondo del suo insegnamento portano a una reazione spropositata. La gente che era rimasta meravigliata e che poi non aveva capito ore che si sente chiamata in causa non solo lo accusa, lo caccia fuori. Ecco il profeta colui che parla in nome di Dio è rifiutato. Quasi un anticipo del destino della croce, della conclusione di questo dramma che Dio capovolgerà in una rivelazione d’amore. Difatti Gesù dinanzi a questo tentativo non solo di escluderlo ma di ucciderlo, perché tentano persino questo -un assurdo- i suoi paesani.

Gesù continua il suo cammino non è l’indifferenza, non è il disprezzo è l’amore nella fedeltà al Signore che non deve mai venir meno perché comunque si mette alla sua scuola e vuole fare la sua volontà il Vangelo ha qui la sua forza. È la forza che viene dalla presenza di Dio nella nostra vita è la forza che ci consente anche dinanzi agli ostacoli di non reagire mai con violenza, ma nella mitezza continuare ad amare con l’unica certezza nel cuore Dio è sempre davanti a noi e ci accompagna nel cammino.

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