Mons. Alfano su Direttorio omiletico: “Opportunità di evangelizzazione”

Con il beneplacito di Papa Francesco, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato un “Direttorio omiletico”, che offre a sacerdoti e seminaristi le coordinate metodologiche e contenutistiche da tener conto nel preparare e pronunciare un’omelia. Costituito da due parti – una dedicata all’omelia in ambito liturgico e l’altra focalizzata sull’arte della predicazione – il documento ambisce a fornire a sacerdoti e seminaristi le coordinate metodologiche e contenutistiche da tener conto nel preparare e pronunciare un’omelia. “L’omelia deve essere una predicazione breve e non sembrare una conferenza o una lezione”. Il passo dell’”Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, ma anche le omelie del mattino a Casa Santa Marta, hanno fatto da traino ad un lavoro che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti aveva già avviato su invito del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia, nel 2005, e in base all’Esortazione “Sacramentum caritatis” di Benedetto XVI.
Il Direttorio omiletico che ne è nato è prima di tutto un aiuto, un supporto efficace per i sacerdoti con indicazioni pratiche per l’Avvento e il tempo di Quaresima e nel caso di celebrazioni dove siano presenti anche non cattolici o persone che non vanno solitamente a Messa come accade, per esempio, per i matrimoni e i funerali.
 
“Il Direttorio – spiega il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano – ha, innanzitutto, il vantaggio di riproporre l’omelia come tema grosso che riguarda l’omileta, chi presiede una celebrazione, e tutta l’assemblea. In realtà, il Direttorio è la conseguenza di quanto Papa Francesco con forza e chiarezza ha messo per iscritto nell’Evangelii Gaudium, chiedendo alla Chiesa di porre particolare attenzione a questa esperienza dell’annuncio del Vangelo”.
 
La prima indicazione che viene è “la serietà di questo momento e l’opportunità grande di evangelizzazione. L’omelia non è un contenitore dove può andare di tutto. Anche il Direttorio ci rimanda alla fedeltà da rispettare e da praticare sempre nei confronti della Parola che viene proclamata e quindi emerge la dimensione di servizio che noi offriamo al Signore che parla alla sua comunità”. Questo significa “serietà nella preparazione, legame forte con la comunità perché anche la comunicazione sia efficace, esercizio nel tempo anche con la verifica, con il confronto sia tra confratelli sia con la comunità. Penso, in questo senso, ai gruppi liturgici, in particolare. Il tutto perché ci sia anche un riscontro, di una ricaduta. Anche l’utilizzo di tecniche particolari, non mi riferisco a metodologie che possono in qualche modo affascinare o incantare, ma l’entrare nel mondo vivo delle persone, che normalmente parte da un’esperienza che si condivide, ma che significa anche guardare con attenzione e lungimiranza al mondo nel quale ci troviamo”.
 
Insomma, “l’evangelizzazione passa anche per quest’ascolto della Parola del Signore, che, radicata nella vita e nella storia della gente, può portare frutto”. È necessaria “una consapevolezza grande di questa dimensione forte e di questa possibilità ordinaria che ci viene offerta”. IL presule precisa: “Nessuno nasce omileta, si diventa omileta con l’esperienza e l’umiltà di chi si sente sempre inadeguato, chiede aiuto allo Spirito e si prepara e anche con l’esercizio continuo. Penso, per esempio, alla celebrazione feriale nelle nostre comunità con una piccola assemblea dove un pensiero in riferimento alla parola ascoltata fa bene alla comunità, aiuta a vivere intensamente quella celebrazione che non è mai secondaria, ma aiuta molto anche il sacerdote ascoltare la Parola dentro di sé, ascoltarla con l’assemblea e mettersi insieme davanti al Signore, che mai ci lascia senza il dono di un suo messaggio per quel momenti che stiamo vivendo”.

 

di Gigliola ALFARO