Nuovi sacerdoti: “narratori dell’opera di Dio”

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Una giornata uggiosa, che alla fine ha lasciato spazio al tempo buono, grazie al vento che ha spazzato via le nuvole e allontanato la pioggia. Anche il fattore atmosferico ha aiutato, giovedì 12 settembre, la comunità ecclesiale di Sorrento-Castellammare a immergersi nel mistero dell’amore di Dio, che fa sentire sempre la sua potenza e il suo amore, anche attraverso il “segno concreto” di quattro nuovi sacerdoti. Infatti, giovedì 12 settembre, alle 18,30, nel campetto della Cattedrale di Sorrento, quattro diaconi della nostra arcidiocesi sono stati ordinati sacerdoti dal nostro arcivescovo, Francesco Alfano. A concelebrare la messa l’arcivescovo emerito, Felice Cece, il vescovo di Teano-Calvi, Arturo Aiello, originario della nostra arcidiocesi, il vicario generale, don Mario Cafiero, e numerosissimi sacerdoti. A dire il loro “Eccomi” al Signore, davanti a un migliaio di fedeli, Salvatore Abagnale, Alessandro Colasanto, Michelangelo Gargiulo e Roberto Imparato.
“È il momento di ascoltare il Signore. Così è nata la Chiesa, così cresce la Chiesa, tutti insieme, nello stesso luogo. Non è un fatto superficiale esteriore, emotivo. Non è questione di spazi, è molto di più. È l’esperienza che ci precede, è il Signore che ci unisce, è il dono della comunione su cui possiamo cominciare a muovere i primi passi, a crescere, fino a dire, secondo le varie vocazioni di cui è ricca la Chiesa, grazie al dono dello Spirito: ‘Sì, eccomi! Ti seguirò dovunque tu vada’”, ha detto nell’omelia monsignor Alfano. “Lo dite anche voi stasera, carissimi amici: Alessandro, Michelangelo, Roberto, Salvatore – ha sottolineato l’arcivescovo -. Questa esperienza non è temporanea, non appartiene a noi, non è legata ai meriti, alle caratteristiche” di ciascuno. È “molto di più: è l’agire di Dio. Così nasce la Chiesa. È questo vento che ci accompagna stasera, vento che sta a indicare la forza di Dio, che viene e che non si ferma neanche dinanzi ai nostri ostacoli. È questo vento che affratella, trasforma, fa toccare con mano la potenza di Dio, il Suo Spirito. Sperimentiamo nella nostra carne che il passaggio di Dio ci trasforma”. Questa è la Chiesa e “voi siete chiamati, all’interno di essa per il dono dello Spirito che invocheremo tutti insieme abbondantemente su di voi, a essere per sempre, per tutti, segno concreto, memoriale vivente, strumento di questa crescita della comunità, che come famiglia, come popolo, è sempre più assimilata al Cristo Crocifisso e Risorto”.
“La Chiesa – ha precisato il presule – non vive per se stessa, come ha ricordato spesso il Papa, negli ultimi tempi. Quanto ci è stato consegnato in dono non è per noi. Certo, lo sapete bene anche voi, che stasera venite eletti, consacrati e inviati a essere, all’interno delle comunità e come collegio dei presbiteri assieme al vescovo e ai diaconi, segno concreto, guide e pastori, mai capi dominatori”. Questo significherà, ha chiarito monsignor Alfano, “crescere con la comunità, renderla più trasparente, più luminosa, più credibile. È la Pentecoste, che viviamo anche noi questa sera: ci riempie di gioia, ci inonda della forza di Dio, ma anche ci impegna” per essere una “comunità credibile, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo, rivestita della santità di Dio, che si chiama tenerezza”.
Un tempo “avevamo un po’ paura di usare questo linguaggio che può essere effettivamente frainteso, ma questo è il linguaggio di Dio – ha sostenuto l’arcivescovo -. Se lo accettiamo nella sua verità, allora la comunità cristiana, riempita dallo Spirito, cresce in questo legame forte, non solo di compassione, di solidarietà, è legame di unione profonda, capacità di perdono reciproco, pace piena, carità divina che cambia i rapporti”. Non si tratta di un’utopia: “Non sto descrivendo – ha sottolineato il presule – una comunità ideale che mai vedremo realizzata, se non all’ultimo giorno. Sto raccontando ad alta voce, anche grazie ai vostri racconti, quanto Dio fa in mezzo a noi, anche se non ne siamo capaci fino in fondo di essere fedeli e coerenti, ma noi dobbiamo raccontare quest’opera di Dio. E voi, carissimi amici, sarete chiamati a essere i primi narratori: non potrete tacere la Pentecoste, non potrete tacere quello che i vostri occhi vedranno, le vostre orecchie sentiranno e le vostre mani toccheranno dell’opera di Dio in mezzo a noi”. I sacerdoti sono “servi di questo popolo, servi che raccolgono, trasmettono, crescono insieme, elevano canti ispirati e vivono nella liturgia il dono del Signore che manifesta la sua presenza”. Servi che “si rivestono di Lui e non di vesti sontuose, non sia mai, ma di Lui che è nascosto in ciascuno dei nostri fratelli, soprattutto nei più piccoli, nei più poveri, in quelli che sono ai margini, in quelli a cui noi tante volte non prestiamo attenzione, a cui non pensiamo o che noi stessi escludiamo: lì Dio parla”.  La comunità si riveste della tenerezza di Dio, “se ubbidisce all’azione dello Spirito”. “Che bella missione – ha detto con forza monsignor Alfano -. Non è opera vostra, non è opera nostra, è dono di Dio ma che chiede la nostra collaborazione. Non tiratevi indietro: rendete la nostra Chiesa bella, santa, attraente, credibile, segno luminoso della carità di Dio”.
Basterà tutto questo? “No – ha sostenuto l’arcivescovo -: avete sentito il Vangelo. A una comunità che cresce nell’amore divino, che è sentimento forte che unisce nella tenerezza autentica, il Signore chiede molto di più, indicando la meta della croce che Lui ha vissuto in prima persona, che significa rinuncia a sé”. Cosa vorrà dire, allora, per noi “quello che Gesù dice ai suoi discepoli? L’amore per i nemici, il porgere l’altra guancia, l’andare verso colui che non mi potrà rispondere se non negativamente? È una reazione folle, è un impegno che non conduce a nessun risultato, una condanna all’insuccesso?”. No, ha spiegato il presule, “è l’unico modo in cui noi potremo annunciare il Vangelo di Cristo, che ci salva, ci libera, porta a ogni uomo e a ogni donna l’amore gratuito e misericordioso del Padre. Sì, la carità della comunità cristiana si fa misericordia, amore crocifisso”. Di qui la domanda: “E come potrete voi, con noi, aiutare la comunità a crescere, se non vivendo questo Vangelo?”. E subito la risposta: “Cresciamo in questo amore sbilanciato, che va a perdere ma che solo così rende il nostro popolo, la nostra Chiesa, la nostra terra santa e benedetta, raggiunta dalla misericordia del Padre. Non accontentiamoci, non accontentatevi. Sì, diventate anche all’interno delle comunità, anche all’interno della famiglia presbiterale, un pungolo nella carne. Non fateci dormire sonni tranquilli, quando cediamo un po’ al compromesso, quando ci accontentiamo di quello che vediamo, pensando che tanto le cose non cambieranno mai. Siate per noi e per tutti questo segno di novità non tanto e non solo nelle cose belle che pure farete, ma nella vostra vita che è diventata apertura al dono di Dio e che da oggi diventa un tutt’uno con il Cristo, che, in mezzo alla comunità, si fa servo fino a lavare i piedi”. Ancora un invito finale di monsignor Alfano alla “tenerezza” e alla “misericordia” perché “la potenza dello Spirito di Dio ci trasformi, ci unisca e ci metta in condizione di annunciare con la vita il Vangelo che salva”.

di Gigliola ALFARO