Papa Francesco: “Laudato si’”, un’enciclica sulla cura della casa comune

“Laudato si’, sulla cura della casa comune”: è il titolo della nuova enciclica di Papa Francesco, resa ufficialmente nota il 18 giugno. In tutto 192 pagine, sei capitoli, 246 paragrafi e due preghiere per chiedere, con la sua seconda enciclica, “che tipo di mondo vogliamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo”.
 
Papa Francesco non parte da zero. Riprende le parole dei suoi predecessori e il grido di allarme che da tempo mette in guardia dallo sfruttamento inconsiderato delle risorse, da una politica miope che guarda al successo immediato senza prospettive a lungo termine, dall’egoismo delle società consumistiche che stentano a cambiare i propri stili di vita. Ricorda che la cura del creato è impegno di tutti, credenti e non credenti. E rilancia anche l’impegno ecumenico citando ampiamente, sul tema ambientale, il patriarca Bartolomeo.
 
Dopo un ampio sguardo d’insieme e l’appello a “rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta”, il Pontefice analizza, nel primo capitolo quello che sta accadendo alla nostra casa, servendosi delle più recenti acquisizioni scientifiche in materia ambientale e affrontando temi concreti.
 
“I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità”, scrive il Papa. Se “il clima è un bene comune, di tutti e per tutti”, l’impatto più pesante della sua alterazione ricade sui più poveri. Ad esempio, “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”. Privare i poveri dell’accesso all’acqua significa negare “il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità”. Il Papa denuncia la “debolezza delle reazioni” di fronte ai drammi di tante persone e popolazioni. Nonostante non manchino esempi positivi c’è “un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità”. Mancano una cultura adeguata e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione e consumo.
 
Nel secondo capitolo il Papa rilegge i racconti biblici e dà una visione complessiva della tradizione ebraico-cristiana spiegando che l’essere umano ha il compito di “coltivare e custodire” il giardino del mondo, sapendo che “lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio”.
 
Nel terzo capitolo il Papa va alle cause profonde del degrado. La denuncia è soprattutto per la logica “usa e getta” che genera la cultura dello scarto. Sono le logiche di dominio tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e le popolazioni più deboli. «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica», impedendo di riconoscere che “il mercato da solo non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale”. Ne deriva la logica che “porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di ‘diamanti insanguinati’. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori”.
 
Il Papa parla della dignità del lavoro e della centralità della persona spiegando che «rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società». E poi riprende il dibattito sugli ogm che sono “una questione di carattere complesso”. Papa Francesco pensa in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla biodiversità, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario “un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome”.
 
Nel quarto capitolo, “Un’ecologia integrale”, si affronta il tema della giustizia e della politica. Il Papa ribadisce che “l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con se stessa”. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Questa ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune”.
 
Nel capitolo quinto, il Santo Padre non solo denuncia, ma domanda su cosa è possibile fare per “uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando”. La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma il Papa invita “ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune”. Il giudizio è severo: “I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci”.
 
Infine, il sesto capitolo, Educazione e spiritualità ecologica, perché «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo». Sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi».