Pellegrinaggio a Fatima, sesto giorno, 15 luglio

Messa a Santarém

Martedì 15 luglio è stato l’ultimo giorno del pellegrinaggio diocesano a Fatima. Prima di tornare a Lisbona e prendere l’aereo che li avrebbe riportati in Italia, i pellegrini, guidati dal nostro arcivescovo, si sono fermati a Santarém, dove mons. Francesco Alfano ha celebrato la Santa Messa nella chiesa del miracolo.
 
Questa chiesa è nota perché a Santarém, principale centro dell’antica regione portoghese del Ribatejo (Riva del Tago), nel 1247 – ma per alcune fonti l’anno sarebbe il 1266 – una donna, gelosa a causa dell’infedeltà del marito, su consiglio di una fattucchiera, che voleva prepararle un filtro d’amore, rubò in chiesa un’ostia consacrata, nascondendola in un velo. Mentre ritornava a casa, la particola avrebbe cominciato a sanguinare e la donna, spaventata, la nascose in un cassetto, dove il sanguinamento sarebbe proseguito, accompagnato dall’emissione di luce. La coppia informò il parroco che, con una solenne processione, riportò nella chiesa di santo Stefano l’ostia trafugata, che avrebbe continuato a sanguinare per tre giorni. La particola è tuttora conservata a Santarém, in un prezioso reliquiario del 1782, nella chiesa di santo Stefano, chiamata anche “Santuario del Santissimo Miracolo”. Nel corso dei secoli l’ostia avrebbe a più riprese stillato sangue, e vi si sarebbero osservate immagini di Gesù.
 
Nell’omelia della Messa, mons. Alfano ha invitato a porre al centro dell’attenzione il profeta Isaia e Gesù. “È così che oggi la Parola di Dio ci parla e che raccogliamo come sintesi di questo pellegrinaggio che abbiamo vissuto accompagnati dei pastorelli in questa esperienza di apertura al dono che Dio ci fa”, ha detto il presule.
 
Partiamo dal profeta Isaia, che “si sente dire da Dio in un momento difficile: ‘Non avere paura’. Il Signore gli chiede di ascoltare la Sua Parola, di fidarsi di Lui e gli assicura un futuro, anche se non immediato, in cui ritornerà la pace. Dio chiede una sola cosa: ‘Continua ad avere fede, anzi rimani forte nella fede”. Allora, ha sottolineato l’arcivescovo,“se rimarrete saldi ancorati alla Parola di Dio, sperimenterete la Sua fedeltà. Ecco la prima grande condizione indispensabile”. Ma, ha fatto notare il nostro pastore, “non è quello che hanno ascoltato anche i pastorelli, prima dall’Angelo e poi dalla Signora? ‘Non avere paura’, dinanzi un mondo che fa paura: allora era la guerra, oggi è l’incertezza per un futuro che sembra veramente minaccioso”. Anche oggi “il Signore invita a non aver paura: ‘Se rimarrete saldi, sperimenterete la Mia fedeltà’, dice il Signore. Questa è la fede. Non chiudere gli occhi davanti ai problemi, continuare a tenerli aperti, non avendo nel cuore che una grande certezza: Dio è con noi, Dio mantiene la Sua Parola, Dio ci aiuterà”. Questa è stata “la fede delle persone semplici povere e umili. Francesco, Giacinta e Lucia e tante altre persone prima di loro e dopo hanno sperimentato la forza della fede che compie questo miracolo”. Questo è “il vero miracolo: rimanere uniti al Signore, anche quando tutto crolla, al punto che possiamo ricominciare, ricostruire, riaprire sentieri di gioia e di vita per noi e per gli altri”.
 
“C’è una seconda condizione legata alla prima che abbiamo ascoltato nel Vangelo – evidenzia mons. Alfano -: Gesù si guarda attorno e vede che molti non lo hanno seguito; vede addirittura che alcuni paesini nei quali stava passando non l’hanno accolto, anzi si sono chiusi. Secondo la nostra mentalità, dovrebbe dire che ci vuole un castigo per questa gente. Invece, li scuote con forza: ‘Di fronte a questa occasione che avete, la visita del Signore, aprite il cuore e convertitevi. Perché se non vi convertirete veramente, correrete il rischio di perdere tutto’”. Ecco, allora, “la fede: non avere paura e convertirsi. Il cambiamento radicale nella nostra vita ci consente di riconoscere la presenza di Dio, di accogliere il Suo messaggio, di lasciarci condurre per mano da Lui”. E “non è quello che i pastorelli ascoltano dalla Madonna: la conversione, con il sacrificio, per i peccatori, con la preghiera, la conversione di tutta la comunità, la conversione di una nazione intera, la Russia. Dunque, non c’è altra via per essere felici: riconoscere che abbiamo sbagliato, riconoscere che ci manca qualcosa, ammettere che ci siamo persi e abbiamo bisogno di te, o Signore”.
 
Allora, ha fatto osservare l’arcivescovo, “vedete che la fede e la conversione sono strettamente legate: non si crede con la mente mentre il cuore va per conto suo, si crede con tutto noi stessi. Lucia, nel suo lungo cammino, Francesco e Giacinta, con la loro breve ma intensa esperienza infantile, ci ricordano questo ed è quello che noi sperimentiamo ogni giorno nell’Eucaristia. Il Signore ci raduna attorno a sé, ci rende la Sua famiglia. Il Signore si dona a noi: riconoscendo che eravamo lontani, ci avviciniamo, lo accogliamo e diventiamo una sola cosa con Lui”. Sì, il pellegrinaggio è finito, ma “non andiamo via se non dal luogo che portiamo comunque nel ricordo. Non andiamo via dall’incontro con il Signore: lo stesso incontro continueremo a farlo, lo stesso dono sarà posto nelle nostre mani: è il miracolo dell’Eucaristia. Che bello allora poter concludere qui (a Santarém, ndr) il nostro pellegrinaggio e riprendere il cammino per dire al Signore grazie perché ci ami, grazie perché sei con noi, grazie perché ci rimetti insieme e ci spingi ad andare incontro a tutti raccontando quello che i nostri occhi hanno visto, grazie perché sei presente in mezzo a noi nella parola, nel pane nel vino, segno del Tuo Corpo e del Tuo Sangue donato per no, e nei fratelli che non ci stancheremo di amare nel Tuo nome. Maria, Madre della Chies,a che abbiamo invocato come Madonna del Rosario e Regina della pace, accompagaci sempre nel nostro cammino”.