Percorso Emmaus: La speranza che Dio non ci abbandona mai

Venerdì 6 ottobre, presso l’ex Seminario di Scanzano a Castellammare si è tenuto l’incontro per l’avvio del secondo anno del Percorso Emmaus dedicato ai separati, divorziati e risposati.
 
Come è ormai una consolidata tradizione, all’incontro ha presieduto il nostro Arcivescovo. Hanno partecipato gran parte dei componenti dei sette gruppi che lo scorso anno hanno iniziato il percorso, insieme alle coppie e ai sacerdoti accompagnatori; le persone che hanno mostrato la disponibilità ad intraprendere quest’anno il cammino e alcuni componenti dell’equipe diocesana di Pastorale della Famiglia e del Consultorio Familiare Diocesano.
 
Dopo un breve saluto di benvenuto dei Responsabili del Servizio di Pastorale della Famiglia, don Antonino De Maio e Annaluce e Libero Berrino, alcuni dei partecipanti che hanno concluso il primo anno del Percorso, hanno raccontato le esperienze, le scoperte e le emozioni vissute nel loro cammino.
 
Ecco alcuni passaggi dei loro interventi:
 
Una persona separata, non riaccompagnata: L’invito a questo percorso “mi ha fatto sentire pensata, con la mia insoddisfazione, i miei sbagli, i miei fallimenti… ma, come dico sempre, dalla mia esperienza di separazione: “Ero nella fossa della morte e il Signore è venuto a prendermi”. Dall’essere ‘pensata’ a ritrovarmi in un gruppo bellissimo, dove siamo stati accolti con amore, ma soprattutto, pazientemente ascoltati… la cosa più importante che la Parola ci ha donato è la gioia di stare insieme, di leggere nella nostra storia, di vedere i prodigi che il Signore opera in noi: Egli ha un piano su di me!”.
 
Ancora una persona separata, non raccompagnata: “Ho deciso di intraprendere il Percorso Emmaus con un po’ di curiosità, non credevo fosse così coinvolgente. Il fatto che la Chiesa abbia voluto essere vicina a tante famiglie che nell’attuale a tante famiglie che nell’attuale società vivono la sofferenza della separazione non poteva che rendermi felice. Fa piacere sapere che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio che accoglie e consola. L’anno scorso ho partecipato a tutti gli incontri e altrettanto spero di fare quest’anno. Grazie a questo percorso ho conosciuto altre persone con le quali condividere i dolori del fallimento matrimoniale ma anche la speranza che Dio non ci abbandona mai”.
 
E un’altra, con tanti anni di separazione alle spalle: “Nel cammino proposto dal nostro Vescovo lo scorso anno, non riuscivo a scorgere la meta, la durata, le tappe… a quali scossoni sarei potuta andare incontro. Noi, cuori feriti, … lebbrosi per un dolore nascosto, in fuga da noi stessi… avevamo paura del nostro stesso dolore. All’inizio, i nostri occhi tradivano una domanda: ormai a che serve? che ne può venire di buono? Il confronto con la Parola ha sconvolto la nostra prospettiva, noi, pane spezzato, abbiamo cominciato a lavare le nostre ferite… a prendercene cura, a non averne paura, a pulirle delicatamente. Ci siamo sentite creature amate in maniera unica ed irripetibile dal Padre nostro. Stiamo imparando ad amare noi stessi, per poter davvero amare il prossimo. Per arrivare a questo obiettivo, occorre camminare ancora!”
 
Una coppia risposata:  “…la nostra condizione prima di intraprendere questo percorso era che ci sentivamo cristiani di “serie B”, scarsamente accolti dalla Comunità e soffrivamo di non poterci accostare alla comunione Eucaristica, pur continuando a partecipare alla santa messa. Non possiamo negare che, dopo questo primo anno di percorso, questa priorità [fare la Comunione n.d.r.] non è più un’ossessione. Ci siamo resi conto, infatti, che l’incontro con Gesù può avvenire in tantissimi modi, nella preghiera, nel fratello, nella Parola. Mi capita, per fortuna non spesso, di notare che alcuni si accostano alla Comunione con superficialità. Vorrei tanto dire loro di quanto sono fortunati a poter ricevere Gesù, diversamente da tanti come noi, che vorrebbero farlo, ma non possono!”
 
Ancora una coppia: “…racchiudere in poche parole tante emozioni, non è facile, però, avere intrapreso questo cammino ha cambiato la nostra vita e quella del gruppo. Sapere che anche per noi c’è una possibilità di essere integrati nuovamente nella Chiesa, è semplicemente meraviglioso. E’ una cosa nuova e non sappiamo dove ci porta, ma siamo certi che la misericordia di Dio è grande e che Egli non ci lascia soli. Non so se sono riuscito a far trasparire la gioia e la serenità che mi ha dato tutto questo, certo è che, essere qui stasera, mi fa sentire felice e non vorrei essere in nessun altro posto”.
 
Una giovane signora: Ho deciso di intraprendere il percorso Emmaus con un po’ di curiosità, non credevo fosse così coinvolgente. Il fatto che la chiesa abbia voluto essere vicina a tante famiglie che nell’attuale società vivono la sofferenza della separazione non poteva che rendermi felice. Fa piacere sapere che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio che accoglie e consola. L’anno scorso ho partecipato a tutti gli incontri e altrettanto spero di fare quest’anno. Grazie a questo percorso ho conosciuto altre persone con le quali condividere i dolori del fallimento matrimoniale ma anche la speranza che Dio non ci abbandona”.
 
Ascoltare le loro esperienze è stato per tutti un momento di grazia e di gioia che ha fatto toccare con mano i frutti dell’amore misericordioso di Dio. Ad accrescere la ricchezza e la bellezza dell’incontro, ha contribuito l’ascolto della lectio divina tenuta dal nostro Arcivescovo sul brano del Vangelo di Matteo, capitolo 20, 1-16,  relativo alla parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna.
 
Ecco in sintesi l’intervento del Vescovo:
 
Il Vangelo ci consente di fare esperienza di ciò che Gesù ci ha proposto con la sua vita e le sue esperienze. Il suo venirci in aiuto non è semplicemente una risposta ai nostri problemi ma quella luce che l’uomo sa di non potersi dare da solo. La comunicazione di Gesù, attraverso le parabole, rende la capacità di intendere il messaggio di Dio in un linguaggio umano, semplice e accessibile a tutti. Le parabole ci fanno intuire la sua “logica”, il suo amore nei nostri confronti, in particolare quando facciamo esperienza di sofferenze. Il cuore della parabola di oggi (Mt 20,1-16) si trova nella conclusione, nel momento in cui il padrone, dopo aver remunerato gli operai, risponde a quell’operaio che si sente vittima di ingiustizia: “non posso fare delle mie cose quello che voglio?”. Gesù, in questa parabola, non intende parlare di questioni di giustizia o di organizzazione del lavoro ma focalizzare l’attenzione di coloro che lo ascoltano sulla diversità di comportamento, a volte inaspettato di Dio nei nostri confronti che supera gli schemi del merito, del premio o del castigo. E poi “lancia” la provocazione: “oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Gesù, nel mostrarci un Dio totalmente diverso dal nostro immaginario ci fa riflettere anche su come siamo noi, come ci poniamo nei confronti degli altri; è un invito a riflettere sulla pericolosità dell’invidia di coloro che si sentono migliori degli altri. Il padrone esce a tutte le ore per cercare operai per la sua vigna, chiede aiuto, fino all’ultima ora della sera senza stancarsi mai, perché più che la vigna ed il raccolto, gli stanno a cuore le persone: i disoccupati, i lontani, gli emarginati, i sofferenti, cioè tutti coloro spesso vittime di pregiudizi e giudizi affrettati e li sorprende chiamandoli ed invitandoli a partecipare alla cura della vigna.  Anche oggi Dio ci cerca e, tra i tanti che cerca, ci siamo anche noi. È un Dio “ostinato” che tante volte abbiamo ascoltato nella Bibbia. Noi, dobbiamo riconoscerlo, non abbiamo lo stile di Dio. Il suo è un non fermarsi finché non raggiunge tutti, affinché nessuno si senta isolato. L’invito di Dio non è in relazione al comportamento di ognuno di noi, un giudizio per come ci è andata nella vita o per quello che facciamo, ma perché siamo suoi figli. Dinanzi a questa scelta, non umana, Dio ci provoca. Come reagiamo noi a questo suo stile che sembra ingiusto? Il cammino della Chiesa è il perenne richiamo a questa provocazione. Oggi ancor di più in modo esplicito e corale, confortati dal sostegno del Santo Padre, avvertiamo la bellezza e la fatica del cammino che abbiamo intrapreso (non quello di “mormorare” contro il padrone e le sue scelte). Certo c’è una legge e a noi dispiace che non sia stata rispettata. Ma non è questo il punto! Il punto è che dinanzi ad una sofferenza, ad una ferita cosa fa Dio?, ma soprattutto, cosa facciamo noi? Per Dio  anche se gli ultimi, hanno lavorato un’ora soltanto, li tratta alla stessa maniera degli altri. Nella risposta ad uno di loro, ma vale per tutti, esordisce chiamandolo: amico. Con ciò stabilisce con lui e con tutti noi una relazione e ci invita a non guardare a chi ha avuto più difficoltà  con occhi d’invidia, ma a gioire perché ad ognuno, al di la della sua storia personale, è data la possibilità partecipare alla cura della “vigna” del Signore, crescere nella fraternità e per incontrare, in Cristo, il vero amico che dà senso alla vita.
 
L’incontro si è concluso con la presentazione dei contenuti del primo e del secondo anno del  Percorso Emmaus e la comunicazione dell’avvio di nuovi gruppi  che quest’anno inizieranno il primo anno di cammino.  La serata è proseguita con un momento conviviale, dove si è sperimentato con semplicità lo spirito di famiglia.
 
Chi volesse saperne di più, può rivolgersi alla segreteria del servizio di Pastorale della Famiglia, scrivendo una mail a famiglia(@)diocesisorrentocmare.it o telefonando al num. 3397586486.
Chi desidera partecipare al percorso, è invitato a compilare la scheda.
L’equipe diocesana di Pastorale della Famiglia.