Servizio di Pastorale familiare: Solidarietà familiare ed affido

Per il secondo incontro del 2015 (Alberi 7-8 marzo 2015), dedicato agli operatori della Pastorale familiare, il Servizio ha riproposto il tema della solidarietà e dell’affido familiare già trattato lo scorso anno.
La scelta è stata determinata dall’urgenza di rendere consapevoli le famiglie dell’importanza della costruzione di una “rete familiare” di reciproco sostegno.
Il tema è stato suddiviso in due aspetti. Il primo, affrontato dai coniugi Pina Elefante e Nino Di Maio nel pomeriggio di sabato, si è incentrato sulla solidarietà familiare.
I relatori sono partiti dalla considerazione che ognuno di noi è portatore di bisogni, sia a livello personale, sia come famiglia, ma ancora di più come insieme di famiglie. Questa sola consapevolezza, tuttavia, non è sufficiente per essere famiglia solidale. Il fondamento della solidarietà familiare è la consapevolezza di farsi accanto all’altro in modo gratuito laddove c’è un bisogno, un problema, una difficoltà, che se condivisi possono trovare una soluzione. Molto importante, però, è che la relazione instaurata tra famiglia bisognosa e famiglia che aiuta non assuma una dimensione che possiamo definire “top–down”, ovvero superiorità dell’una sull’altra. È fondamentale essere sullo stesso piano, creare relazioni autentiche e significative, condividere con l’altra famiglia le gioie ed i dolori, diventando compagni di strada, amici. Sulla scorta della loro esperienza i relatori hanno affermato che questo stile di vita fa bene anche ai figli che vivono nella concretezza l’Amore per gli altri in cui possano vedere il volto di Cristo. Anche se, avvertono i relatori, bisogna avere anche la giusta prudenza nei confronti dei propri figli perché ognuno possa valorizzare i propri talenti e scoprire le molteplici capacità.
I relatori ci hanno poi interpellato su come, come comunità, possiamo rispondere al più grave problema dei nostri tempi: l’isolamento, la solitudine in cui una famiglia può venirsi a trovare. La soluzione proposta è quella di creare una rete di famiglie, che abbiano prima di tutto una maturità spirituale forte e ben radicata da cui partire, perché solo avendo un rapporto forte e radicato con Cristo Servo è possibile donare e donarsi. Rapporto che va sempre di più approfondito con un percorso catechetico coniugale permanente. Dopo di che ci si forma sul tema della solidarietà sotto i vari aspetti: sociologici, psicologici ed istituzionali.
Bisogna partire dal bello che le nostre unità pastorali hanno già, gli oratori, la Caritas, i gruppi famiglia, movimenti ed associazioni presenti nelle nostre comunità, ma bisogna incominciare a parlare di solidarietà e farne prendere coscienza: fare “rete”.
Al termine della serata ci siamo divisi in 3 gruppi corrispondenti alle tre zone pastorali presenti. Dal confronto su alcune domande sono scaturite le tante ricchezze già presenti e gesti di vicinanza (come ad esempio aiutare nei compiti non solo i propri figli ma anche altri bambini nei momenti di assenza dei loro genitori; accompagnare a scuola, al catechismo o alla messa i figli di chi non può farlo.).
Creare una rete di famiglie solidali parte proprio dal prendere coscienza dei piccoli gesti di aiuto che si fanno o che si ricevono. In definitiva, dovremmo arrivare a ricreare il clima dei “vecchi cortili” di un tempo in cui vi era la famosa “zia” che si prendeva cura di chi ne aveva bisogno.
La giornata di domenica 8 marzo è stata dedicata invece al tema dell’affido familiare, con la testimonianza dei coniugi Ferraro, fondatori della “Fondazione Giuseppe Ferraro”. Giuseppe Ferraro, terzogenito dei coniugi, è morto a soli tre anni per le complicanze di una influenza.
I genitori, con l’intento di “donare l’amore che avrebbero destinato al proprio figlio, a chi ne aveva bisogno”, hanno dato vita a quest’opera. La Fondazione nasce, quindi, per promuovere gli ideali di famiglia e di unità, così necessari nella società contemporanea, e fin dall’inizio rivolge le sue cure materiali e spirituali, per favorire la crescita globale e per promuovere, ove ancora possibile, l’unità del nucleo familiare, aiutando i bambini in difficoltà all’interno della famiglia di origine. Ben presto i sei fondatori e i volontari avvertirono le difficoltà di avvicinare famiglie e bambini in situazioni precarie e rendendosi conto della delicatezza del compito e delle difficoltà connesse, ritennero opportuno dotarsi di una idonea preparazione. E così, nel maggio 1996, fu attivato il 1° corso di formazione sull’affido familiare, al quale aderì un consistente e inaspettato numero di partecipanti. Poi, nacque un sogno. Quello di creare una casa vera, con una famiglia pronta ad accogliere bambini temporaneamente allontanati, in modo coatto o volontario, dall’ambiente familiare.
L’accoglienza come risposta d’amore all’abbandono minorile.
È nel dicembre ’97 che questo si realizza con l’allestimento di casa Sorriso, prima, e Casa Rosa Cirillo, poi.
Altri luoghi di accoglienza sono il Centro Antonio Valle di Torre Annunziata e, infine, la Comunità Felicetta per gestanti e madri con figli.
La Fondazione Giuseppe Ferraro, con tutte le sue attività si sforza di esprimere una nuova cultura: “la cultura del dare”, la cultura dell’accoglienza come risposta all’abbandono e al bisogno. Perché “non esiste mai un cuore così duro in cui non si possa seminare un sogno”. È l’espressione di Paul Valery che la Fondazione ha adottato e che sperimenta ogni giorno. L’amore, vero e vissuto, si è percepito in maniera palpabile dalle parole, dai gesti dei coniugi Ferraro che hanno coinvolto l’uditorio in un bellissimo confronto.
Anche la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal nostro Arcivescovo, Mons. Alfano, è stata incentrata sulla famiglia, santuario della vita umana dall’alba al suo naturale tramonto, dove il padre e la madre sono le colonne di questo “tempio”. I mercanti del tempio sono tutto ciò che intacca la sacralità della famiglia e che Gesù viene oggi a scacciare, perché gli sta a cuore la restituzione del “tempio-famiglia” alla sua dignità di luogo in cui si tessono autentiche relazioni d’amore e di solidarietà.