Successo per l’’incontro “Con la famiglia nel cuore”

Raccontare quanto la famiglia sta al cuore della Chiesa, attraverso due ospiti privilegiati. È stato l’obiettivo dell’’incontro “Con la famiglia nel cuore”, promosso ieri sera dall’’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, attraverso il Consiglio pastorale. Protagonisti della serata, che si è svolta al Supercinema di Castellammare di Stabia, i coniugi Franco Miano e Pina De Simone, che hanno partecipato al Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia, a ottobre scorso, in qualità di esperti.
A presentare questa coppia, che è legata alla nostra diocesi sia per il legame con l’attuale arcivescovo, mons. Francesco Alfano sia per quello con l’emerito, mons. Felice Cece, sia per i rapporti di amicizia con tanti sacerdoti e laici, è stata Laura Martone, segretaria del Consiglio pastorale diocesano, che ha ricordato come Miano sia ordinario di Filosofia morale a Roma Tor Vergata, mentre De Simone sia docente di Etica e di Filosofia della Religione presso la Facoltà teologica di Napoli.
“Partecipare al Sinodo è stata una grazia – ha esordito Miano -. Abbiamo accettato, pensando di intervenire nella semplicità e normalità della vita delle famiglie, di cui lo stesso Sinodo si è occupato”. Al Sinodo hanno partecipato i Padri Sinodali, un gruppo di esperti, tra i quali i coniugi Miano, come unica coppia, e un gruppo di uditori, tra i quali c’erano tredici coppie da tutto il mondo. Per il professore, già presidente nazionale dell’Azione cattolica per due trienni e attualmente coordinatore di Retinopera, “il Sinodo ha rappresentato un grande dono a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II”. Non solo: la scelta di Papa Francesco del doppio Sinodo (quello straordinario, che si è svolto a ottobre 2014, e quello ordinario, che si terrà a ottobre 2015) mostra “in modo evidente” quanto la famiglia sia “al cuore della Chiesa, di ogni uomo, di Dio”. Inoltre, c’è l’indicazione di uno stile: “Il Sinodo straordinario ha detto a tutti che è possibile un cammino sinodale”. Quello che emerge è l’idea di un Sinodo che significa “camminare insieme per le famiglie, con la famiglia nel cuore, rapportandosi al passo degli altri e compiendo un’esperienza di discernimento comunitario”. Vuol dire anche che “la Chiesa si è interrogata su come annunciare il Vangelo della famiglia in questo tempo dove sono sotto gli occhi di tutti fatiche e lacerazioni, ma nel quale il Signore non fa mancare la sua vicinanza alla famiglia”.
Miano ha ricordato alcuni interventi del Papa al Sinodo, nei quali ha chiesto, innanzitutto come metodo, “di parlare con franchezza e ascoltare con umiltà”. La Chiesa, ha fatto notare il professore, “porta la famiglia nel cuore prima di tutto nell’ascolto della vita delle nostre famiglie”. Ricordando le parole del Santo Padre alla veglia di preghiera del 4 ottobre scorso, il giorno prima dell’apertura del Sinodo, Miano ha sottolineato la richiesta di “farsi voce sia di coloro che ritornano la sera a casa con gioia sia di coloro che si ritrovano a tu per tu con la loro solitudine”. Dunque, il Sinodo “si è occupato di tutte le famiglie”. Diversamente da quanto enfatizzato dai media che hanno toccato solo determinati argomenti di discussione, alla Chiesa “stanno a cuore tanto le famiglie cristiane, che offrono una bella testimonianza, anche tra le difficoltà della vita quotidiana, quanto le famiglie ferite”. Per il docente, “il farsi voce degli uni e degli altri è la cifra del Sinodo”. Il Papa, sempre nella veglia del 4 ottobre, ha affermato che “è significativo come – anche nella cultura individualista che snatura e rende effimeri i legami – in ogni nato di donna rimanga vivo un bisogno essenziale di stabilità”. Dunque, ha precisato Miano, “la famiglia è nel cuore della Chiesa perché è nel cuore di ogni uomo”. Ancora oggi “i grandi valori del matrimonio e della famiglia corrispondono al desiderio più profondo di ciascuno”.
Di fronte a questa complessa realtà, “al Sinodo si è cercato di coniugare la verità del Vangelo e la misericordia di Dio verso ogni persona, la bellezza delle famiglie cristiane e la vicinanza alle famiglie ferite. Queste sfide chiedono alle famiglie cristiane un di più di testimonianza e la necessità di riprendere a parlare della grandezza che opera Dio nella famiglia attraverso l’amore tra i coniugi, tra genitori e figli, l’amore verso i membri più deboli e indifesi, come gli anziani e i disabili”. Di qui viene una conseguenza: “Le famiglie cristiane sempre più si devono sentirsi soggetti attivi della pastorale e non oggetto”. Anche qui c’è un riferimento al Concilio Vaticano II nel quale si parla della corresponsabilità dei laici nell’annuncio del Vangelo”. Tutto ciò si traduce anche in un ripensamento della pastorale, con un nuovo protagonismo della famiglia che deve essere più attivamente partecipe alla vita della Chiesa, “legando, ad esempio, i corsi prematrimoniali a percorsi di fede e accompagnando le giovani coppie”. Inoltre, “ci sono situazioni familiari irrimediabilmente compromesse, ma tante altre no: con adeguati cammini si può scegliere di passare da un matrimonio civile o una convivenza a un matrimonio cristiano”. Ma per fare questi passi è necessaria tanta vicinanza: “Vogliamo essere a fianco di tutti, sostenendo le famiglie impegnate, ma anche quelle in difficoltà, per far sentire l’amore e la misericordia di Dio”.
“La famiglia è parte essenziale del progetto di Dio. Il Papa ha detto che la famiglia è legata al sogno di Dio sull’umanità”, ha affermato Pina De Simone, intervenendo dopo il marito. Allora, è necessario che “la bellezza della famiglia sia riscoperta e raccontata”. D’altro canto, “la famiglia è una realtà essenziale per la vita di ogni essere umano. Ciascuno di noi fa parte di una famiglia, siamo inseriti in una realtà di relazione. E le relazioni nella famiglia sono quelle che plasmano e danno un’impronta alla nostra vita e anche alle altre relazioni che viviamo”. Dunque, “la famiglia ha a che fare con ciò che ci costituisce come esseri umani, perché noi siamo fatti per vivere in relazione e la famiglia è l’immagine e la testimonianza più vera, più bella, di come la relazione possa dar vita alla comunione”. Infatti, ha rilevato la professoressa, “noi siamo fatti per la comunione, perché veniamo dalla comunione con Dio. Abbiamo una sete di comunione, che non possiamo strapparci da cuore”. Nella famiglia, ha aggiunto De Simone, “si sperimenta la comunione nella differenza: si è diversi, ma insieme, gli uni per gli altri, in quest’esperienza di comunione possibile”. E, allora, “la famiglia è fondata sul matrimonio perché è fondata sull’amore di Dio”.
C’è un altro aspetto: “Proprio perché così essenziale per la nostra umanità – ha avvertito la docente -, la famiglia è anche molto delicata. È luogo di umanizzazione, ma può diventare anche luogo di disumanizzazione, quando le relazioni si alterano. Quante tragedie ci sono nelle famiglie!”. Di fronte a questa estrema delicatezza l’unica risposta è “avere grande cura della famiglia”, compito che spetta non solo a chi fa parte della famiglia stessa: “C’è anche una responsabilità sociale ed ecclesiale”. Insomma, “la famiglia ha bisogno di essere sostenuta”. Non si deve dimenticare, poi, che “la famiglia ha tanto da dare, se non si isola, se, al contrario, si avverte come realtà di relazione, inserita in una trama più ampia di relazioni”. Quando impariamo ad avere cura dell’esperienza familiare, ha osservato De Simone, “porteremo con noi questa impronta positiva, che darà frutti buoni nella nostra esperienza quotidiana”.
Sono tre, per Papa Francesco, le parole-chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: “permesso, grazie, scusa”. “Permesso – ha chiarito De Simone – significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri, perché l’amore non si impone con durezza o aggressività. C’è bisogno della cortesia, che è una delle qualità di Dio. C’è bisogno di cortesia per essere capaci di amare veramente. La cortesia non è una questione di buone maniere, piuttosto vuol dire riconoscere che non sono solo e che non sono io il centro. L’altro non è in funzione di me, non è un ostacolo, una persona da controllare o gestire. L’altro con la sua presenza mi sorprende ogni volta e chiede di essere ascoltato, capito, rispettato”.
La seconda parola è grazie. “Dire grazie vuol dire – ha fatto notare la professoressa – tenere viva la coscienza che l’altro è un dono. Anche qui non è una questione di buone maniere, è, invece, un atteggiamento interiore. Significa dire grazie perché ci sei, perché sei così, perché mi stai accanto, perché senza di te non sarei nulla. Grazie vuol dire che non basto a me stesso, vuol dire non pretendere, vuol dire fare memoria di quello che abbiamo vissuto e ricevuto. La gratitudine è essenziale nella vita perché da essa viene la gratuità e la responsabilità”. Di più: “La gratitudine è un moltiplicatore di bene. Mentre i doni tenuti per sé avvizziscono, se sono capace di gratitudine non tengo per me il dono, lo condivido. Dire grazie vuol dire riceversi continuamente dalle mani degli altri e questo s’impara in famiglia”.
L’ultima parola è scusa. “Scusa – ha dichiarato De Simone – vuol dire riconoscere i nostri errori e perdonare. Nel perdonare non c’è superiorità che si afferma. Saper perdonare comporta il senso del limite: l’altro è anche fatto di debolezza, ma il perdonare implica anche il senso del proprio limite. Accogliere l’altro significa accogliere anche le sue fragilità, dalle quali non rimango schiacciato se le colloco dentro la relazione”. Il Papa, ha proseguito la docente, “ci dice che la famiglia è anche un ‘lavoro artigianale’, un ‘lavoro di oreficeria’, perché il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito. Questo significa avere la consapevolezza di quello che si ha tra le mani. Persino le prove sono importanti nelle relazioni che contano. L’amore vero cresce anche tra le sofferenze, se portate insieme. È una sfida da vivere in famiglia, se si conserva la consapevolezza che quel cammino è nel cuore di Dio e della Chiesa”.
Dopo alcune domande dal pubblico, ha concluso i lavori il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano, che ha sottolineato come ci troviamo “nel cuore della Quaresima e del cammino sinodale” e, grazie all’incontro “Con la famiglia nel cuore”, “siamo stati invitati a continuare a meditare”, il che “ci fa rileggere la nostra realtà quotidiana, tante volte bella, ma altre opaca, oscura, alla luce del grande disegno di Dio, che viene a liberare quelle potenzialità e quei doni che Lui ha messo in noi”. “Non andiamo, allora, alla ricerca di singoli dati né di risposte, che pure ci vorranno per poter rinnovare la pastorale che ci accorgiamo non va bene più, ma dobbiamo appassionarci in questo cammino, guidati dallo Spirito e contagiare tutta la nostra Chiesa per rispondere al comando del Signore: proclamate il Vangelo a ogni creatura”.

di Gigliola ALFARO