Una Giornata Particolare

 “La vita è un pellegrinaggio, e l’uomo è un pellegrino
che compie la strada fino alla meta agognata.”
(Papa Francesco)
 
E’ ancora mattina presto, sono preso da mille pensieri, e le persone in fila dietro di me spingono per entrare in Piazza il prima possibile. Un po’ mi guardo attorno e cerco un varco per infilarmi anch’io, ma di furbizia, ahimè, ne ho poca. Non mi resta che guardare in alto, e vedere il colonnato di San Pietro, in lontananza le stanze papali e la piazza, che vista da un angolino così stretto, non sembra poi così grande, da lontano sembra tutto più piccolo.
La ressa dei pellegrini in attesa: una tensione di anime che sembrano voler entrare in Paradiso e non in una semplice piazza costruita da mani d’uomo, perché quella davvero non è una semplice piazza, ma luogo dove il celeste e l’umano s’incontrano, anticamera forse della meta celeste.
Un po’ dà fastidio chi spintona troppo, e a dirla tutta ho ancora sonno, perché la notte prima dei grandi incontri si dorme sempre poco, a tratti penso che forse potevo anche restare a casa, dando forfait per qualche inutile motivo, ma qualcosa d’ignoto mi aveva spinto a rigettare quel pensiero.
 
Da seminarista, guardo negli occhi dei sacerdoti e ci vedo una forza di fede e una gioia che esprime tutto il senso dell’essere pastori. Ognuno di loro sta già pregando per la sua comunità, per i tanti poveri, per i tanti lontani, per i tanti che non sono lì, e per quelli che ci sono. Guardo il vescovo e vedo un’emozione che tocca l’anima. Guardo l’enorme fila che mi segue e mi precede, e sento di appartenere a qualcosa di grande, qualcosa infatti ci unisce, o meglio qualcuno, e non può essere solo cosa di questa terra questa forza che ci rende un solo popolo. Lo guardo questo enorme popolo, e vedo che viene da lontano, dalle terre d’Israele, passando necessariamente per la Galilea. Sui volti dei più anziani vedo delle rughe che tra qualche anno ci saranno anche su quelli dei più giovani, e in tutti come una linea sul volto, tra gli occhi che dicono speranza, il segno della fede, una linea in tutti simile, e in tutti un po’ diversa, come quelle che vediamo sui palmi delle mani e ci indicano la strada del donare, della carità. Fede che va alimentata come una fiamma che brucia, da nutrire stancandosi, condividendo il passo con altri, proprio come in quel deserto di secoli fa … perché anche se crediamo che le nostre città siano così diverse, in fondo in tutte c’è ancora qualche deserto, quello della solitudine, quello del piacere facile, quello dell’ arrivismo … e noi abbiamo ancora bisogno di un Dio, che ci dica: “Ascolta, tu sei il popolo amato”, e di un Mosé che ci apra la strada, perché è più vicino a Lui, e non ha avuto paura di salire sul monte.
 
Entrato in Piazza San Pietro, mi comunicano che assisterò all’udienza sul sagrato, a pochi passi dal Papa, poi quando mi viene detto che mi sarà riservata la grazia particolare di avvicinarlo per il rituale baciamano, quasi non ci credo, e aspetto quel momento come un bambino un regalo tanto atteso … nonostante il sole che si avvia verso il mezzogiorno, bruciando forte, io dentro sto bruciando di un altro fuoco.
 Il Papa ci ricorda che: “Si è capaci di misericordia nella misura in cui si sa di essere oggetto di misericordia.”, cioè di amore da parte di Dio. E io ora lo sto avvertendo forte, insieme a quello per la mia arcidiocesi, che quando nominata grida più forte delle altre, tanto da stupire il Pontefice. Un amore che è come una culla per il cielo. Io no, io non grido, non sono quasi capace di parola, fino al momento in cui il Santo Padre mi si avvicina e mi sorride, mi rasserena col suo sguardo pieno di umanità, perché solo ciò che è pienamente umano è veramente divino. In quello sguardo trovo una forza inaspettata, che mi segna: non potrò più perderlo quello sguardo, non posso perdermi !! … certi cammini di fede verso di Lui, sono nati proprio da certi incontri, da certi sguardi d’amore inaspettati, di cui si ricorda precisamente anche l’ora, come per Giovanni (Gv 1, 39), quei momenti in cui capisci la differenza tra il vivere e “l’illusione del battere del cuore”.
 
Il resto delle ore passano veloci, tra file da rispettare, incontri, strette di mano e saluti più o meno affettuosi, e la voglia matta di voler condividere con altri l’esperienza di quell’incontro, quasi il cuore volesse uscire dal petto per volerlo urlare, di essere stato accarezzato.
Poi nel pomeriggio entro in Basilica, e come sempre, provo uno stupore sempre nuovo davanti a certa bellezza, perché se l’uomo non ha ancora capito quale bellezza salverà il mondo (così si interrogava il Card. Martini in una lettera pastorale), è probabilmente vero che “la Bellezza salverà il mondo” come sosteneva Dostoevskij. La chiesa è così gremita di gente che quasi mi perdo i compagni di viaggio, poi leggo che c’è una bussola sicura, entro nella Cappella del SS. Sacramento e li ritrovo … e mi ritrovo. Forse capisco davvero quale bellezza salverà il mondo … Lo capisco ancor di più durante la celebrazione presieduta dal nostro pastore … la bellezza del sentirsi figli amati, la bellezza di sentirsi fratelli, la bellezza che viene da Cristo.
Una bellezza che lascia ancora una volta senza parole, di fronte ad un Dio che ci ha insegnato anche le Parole del Silenzio.
 
Poi il ritorno … bilancio di emozioni provate, che scorrono al ritmo veloce del treno che mi accompagna. E’ stata tutta grazia ricevuta questa giornata, per me, e per ognuno di noi pellegrini. In questo giorno Dio ci ha voluti lì. Non è stato un caso il nostro esserci, magari liberandoci da mille impegni di lavoro, e da mille pigrizie, perché nel nostro metterci in ricerca, ci siamo fatti trovare da Dio.
Trovare, perché quando ti incammini, e sai che Cristo è la via, c’è sempre un Padre amorevole che, nonostante le nostre quotidiane storie di peccato, non tarda mai a correrci incontro.
Come diceva un filosofo: “La meta è l’origine”.
Questo è il senso del cammino: farsi trovare  da Dio … e dura tutta una vita … fino alla meta agognata.
 
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di Giacomo