Visita ad Limina un po’ di Storia

 È iniziata lunedì 14 gennaio in Vaticano la visita “ad limina” dei vescovi italiani, ovvero il periodico incontro di ciascuno di loro con il Papa.
Preceduta giovedì dall’udienza al cardinale vicario per la diocesi di Roma Agostino Vallini, al vice gerente Filippo Iannone e ai 5 vescovi ausiliari dell’Urbe, la visita ad limina è articolata in ben 29 incontri fino al 22 aprile durante i quali i vescovi di tutte le 226 diocesi italiane, organizzati in 16 regioni ecclesiastiche, potranno dialogare in gruppo e individualmente col Papa.
Una vera “radiografia” della Chiesa italiana, che ogni Conferenza episcopale affronta con una cadenza temporale di almeno cinque anni (l’ultima visita ad limina dei vescovi del nostro Paese è del 2006-2007) e che nel caso dell’Italia sarà conclusa dall’intervento del Papa il 23 maggio durante l’assemblea della Cei.
Appuntamento straordinario ma allo stesso tempo del tutto normale nella vita di una Chiesa nazionale, la visita ad limina assume per l’Italia un rilievo del tutto particolare visto che avviene nel corso dell’Anno della fede.
Benedetto XVI ha appena concluso il suo primo giro d’orizzonte tra le conferenze episcopali di tutto il mondo: come ha ricordato in un’intervista all’Osservatore romano l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i vescovi , nel 2013 il Papa ha in agenda solo gli incontri con i vescovi italiani.
“Visita ad limina apostolorum” significa “visita alle soglie degli Apostoli”, per “videre Petrum”, incontrare Pietro, “compiere un pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, fondatori della Chiesa di Roma, ed esprimere e rafforzare l’unità e la collegialità della Chiesa”.
 
Ai vescovi italiani che fra il novembre 2006 e l’aprile 2007 avevano partecipato alla loro prima visita ad limina del pontificato di Benedetto XVI, il Papa aveva spiegato di aver vissuto “un’esperienza di gioia oltre che un’occasione per conoscere meglio le diocesi e per condividere le soddisfazioni e le preoccupazioni che accompagnano la sollecitudine pastorale”.
E il percorso gli era servito per conoscere “la geografia ‘spirituale’ della bella Italia”. Nelle parole di Benedetto XVI è racchiuso il senso di questa tradizione che affonda le sue radici nei primi secoli della Chiesa e che è sintetizzata nella formula latina del linguaggio ecclesiale da cui prende il nome. Un’espressione che è in realtà la contrazione della locuzione più ampia “ad limina Apostolorum”, ossia “alle soglie degli Apostoli”.
 
Vediamo di capire meglio, allora, cos’è la visita ad limina.
Si tratta di una tradizione antichissima – regolata nei secoli da appositi documenti – che vede i vescovi di tutto il mondo recarsi ogni cinque anni in Vaticano per fare il punto sulla fede e sulla religiosità nel proprio Paese. Le visite servono, altresì, al Papa per avere informazioni sulle singole diocesi, sui problemi, le iniziative, le difficoltà e l’evangelizzazione.
Nei prossimi mesi, dunque, i vescovi delle 16 Regioni ecclesiastiche italiane saranno impegnati, in base alla suddivisione del territorio ecclesiastico, nel loro “pellegrinaggio” presso la Santa Sede.
La ragione delle visite “ad limina apostolorum” si trova nella lettera di San Paolo ai Galati, quando l’apostolo racconta della sua permanenza presso Pietro per 15 giorni, durante i quali fecero il punto sulla diffusione della fede.
Quello può essere considerato il primo incontro di aiuto reciproco e di confronto su tematiche particolari. Circa il termine “visite ad limina Apostolorum”: nei primi secoli della storia della Chiesa, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo vennero definite, nel linguaggio canonico, “limina Apostolorum”; per questo, si chiamarono visite “ad limina” i pellegrinaggi che avevano come meta quelle stesse tombe e, più precisamente, le visite che i vescovi dovevano fare a Roma a determinati intervalli, secondo l’obbligo imposto nel 743 da Papa San Zaccaria. Inserito nel Decreto di Graziano, tale obbligo venne riconfermato successivamente da Sisto V con la costituzione Romanus Pontifex del 20 dicembre 1585, che diede a tali visite cadenza triennale, e da Benedetto XIV con la costituzione “Quod sancta” del 23 novembre 1740.
 
Con il decreto della Congregazione concistoriale “A remotissima” del 31 dicembre 1909 (can.IV, 2), recepito nel vecchio Codice di diritto canonico (can.341), le visite “ad limina Apostolorum”, a cui sono tenuti non solo i vescovi diocesani, ma anche tutti i soggetti ad essi equiparati (ovvero prelati e abati territoriali, amministratori e vicari apostolici, nonché i prelati di una circoscrizione ecclesiastica personale per il rito o altri motivi, come gli Ordinari militari o castrensi), furono portate a cadenza quinquennale o decennale per gli Ordinari delle sedi extraeuropee, facoltà quest’ultima non più contemplata dal vigente Codice (can.400).
Tutto ciò che concerne le visite “ad limina” e la loro cadenza quinquennale è stato ulteriormente riordinato dalla Congregazione per i vescovi con il decreto “Ad Romanam Ecclesiam” del 29 giugno 1975, in base al quale le zone per i quinquenni sono state ridistribuite.
Nel Codice di diritto canonico del 1983 le visite “ad limina apostolorum” sono prescritte da due canoni: 399 e 400. Dopo la Costituzione “Pastor Bonus” del 1988, le visite consistono, diversamente da quanto prevede il can. 400 §1, in tre momenti principali: “Il pellegrinaggio ai sepolcri dei principi degli Apostoli, l’incontro con il Sommo Pontefice e i colloqui presso i dicasteri della Curia romana”. Infatti, è previsto anche l’incontro con i responsabili dei dicasteri della Curia romana, che vengono informati “sui problemi concreti” delle diocesi in modo da “svolgere al meglio il loro servizio”.
Sempre nel 1988, con la pubblicazione del Direttorio per la visita “ad limina”, è stato istituito in seno alla Congregazione dei vescovi l’Ufficio di coordinamento delle visite “ad limina”. Nel 2003, Giovanni Paolo II ha dato una sintetica descrizione della visita ad limina nella “Pastores Gregis”. Il n. 57 di questa esortazione apostolica è interamente dedicato a essa e riprende, riassumendoli, i documenti precedenti, in particolare la costituzione apostolica “Pastor Bonus” del 1988. Ad esso s’ispira pure il Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi pubblicato nel 2004 dalla Congregazione per i Vescovi.
Le visite “ad limina” – viene spiegato nel Direttorio della Congregazione dei vescovi, pubblicato nel 1988 – non sono un “semplice atto giuridico-amministrativo consistente nell’assolvimento di un obbligo rituale, protocollare e giuridico”.
Esse portano un “arricchimento di esperienze” al ministero del Papa e al suo “servizio di illuminare i gravi problemi della Chiesa e del mondo”, diversi a seconda dei “luoghi, dei tempi e delle culture”. Giovanni Paolo II, parlando all’assemblea straordinaria dei vescovi italiani il 26 febbraio 1986, disse di “annettere grande importanza” alle visite “ad limina”: “Esse costituiscono un’occasione privilegiata di comunione pastorale: il dialogo pastorale con ciascuno di voi mi consente di partecipare alle ansie e alle speranze che si vivono nelle Chiese da voi guidate in atteggiamento di ascolto per i suggerimenti dello Spirito”. Concetti ribaditi da Benedetto XVI, nell’intervista concessa in lingua tedesca, il 5 agosto 2006, a tre testate televisive tedesche e alla Radio Vaticana, in preparazione al viaggio apostolico in Germania: “Le visite ad limina , che ci sono sempre state, vengono ora valorizzate molto di più, per parlare veramente con tutte le istanze della Santa Sede e anche con me. Io parlo personalmente con ogni singolo vescovo. […] In questi incontri, in cui appunto centro e periferia si incontrano in uno scambio franco, cresce il corretto rapporto reciproco in una tensione equilibrata”.

 

Gigliola Alfaro