Le parrocchie di Sorrento incontrano il prof. Savagnone

Nei giorni 9 e 10 di luglio le Parrocchie dell’Unità pastorale di Sorrento insieme al nostro Vescovo hanno vissuto un momento di formazione per gli operatori pastorali, particolarmente i componenti dei Consigli pastorali parrocchiali, e per tutte le persone che hanno a cuore il bene della comunità.
La due sere è stata tenuta dal professor Giuseppe Savagnone, pedagogista e pastoralista della diocesi di Palermo, il quale ha guidato i presenti in un cammino “esodico” di libertà autentica attraverso il superamento dei nostri individualismi per concretizzare il passaggio dalla libertà di fare ciò che ci pare alla libertà di scegliere un bene più grande.
Nella prima sera, dal titolo eloquente “La Chiesa siamo noi”, ci si è concentrati soprattutto sull’impossibilità di trasmettere la propria fede (la fede resta sempre un atto libero e personale) e sulla necessità di comunicare le ragioni del credere; per fare ciò occorre ritrovare le domande autentiche che la vita continuamente pone e alle quali si risponde solo con un’adesione (o una non adesione) di fede.
Come i magi (saggi, ma “pagani”) dobbiamo riscoprire l’interesse per la vita, perché solo attraverso l’esplorazione delle cose concrete potremo giungere al senso profondo della nostra vita.
Questo cammino però non si può attraversare da soli, anche noi, come i magi, dobbiamo essere comunità in cammino, che segue il segno naturale (la stella) per arrivare alla fede.
Come il seminatore dobbiamo imparare che l’evangelizzazione non è mai soltanto opera nostra, se siamo noi ad avere il compito di gettare il seme è sempre Dio che fa si che porti frutto.
La seconda sera in particolare si è concentrata sul bisogno di superare il mito dell’autorealizazione per vivere in pienezza la propria vocazione accettandone anche gli aspetti meno soddisfacenti, ma più conformi alle esigenza concrete di chi si rivolge a noi. Titolo del secondo incontro era “La Chiesa in esodo”.
Grande interesse ha suscitato in particolare la visione dell’operatore pastorale non solo come “seminatore”, ma anche come “pescatore” capace di leggere i segni dei tempi per comprendere come meglio “tirar fuori” le persone alle quali indirizzare l’annuncio evangelico, ed infine “pastore”, colui il quale sa superare la mentalità comune per condurre gli altri a un bene superiore. Comune a queste tre figure, quella del seminatore, del pescatore e del pastore, è la necessità di uscire dagli ambiti sicuri dei nostri contesti noti per affrontare l’ignoto, d’altra parte però il pastore è anche colui il quale ha cura di ogni pecora e di ognuna conosce il nome ed è a sua volta conosciuto da lei. Essere evangelizzatori secondo lo stile del pastore significa quindi sapersi prendere la responsabilità personale di chi ci è affidato, attraverso un’ascolto intenso e presente, del quale questo tempo a più che mai bisogno. Il Pastore sa anche come una parte fondamentale del suo ruolo sia l’esempio di vita da dare alle sue “pecore”, non solo nell’esemplarità di una vita buona, ma anche nella capacità di tessere profonde relazioni all’interno della Chiesa e non di trasformala nel luogo in cui realizzare le proprie ambizioni, dando scandalo a chi “guarda da fuori”.
Questo percorso richiede una corresponsabilità dei laici che in virtù del proprio battesimo devono impegnarsi a vivere a fondo le dimensioni regali, profetiche e sacerdotali senza aver paura di fare proposte ai propri sacerdoti, ma imparando sempre più il dono della franchezza evangelica che aiuta a superare le incomprensioni e vivere da figli di Dio.
Un’ultima menzione per lo stimolante dibattito seguito a entrambi gli incontri, occasione di varie digressioni, tra cui un interessante riferimento a chi si proclama cristiano, ma poi nella vita applica scelte radicalmente contrarie al Vangelo, una dimensione molto attuale e, soprattutto in campo politico, non più tollerabile.
di don Mario Schisano