Parrocchia San Giovanni Battista, Gragnano

Un anno di abbracci

La Parrocchia del rosario racconta il suo anno di catechesi per bambini

Quest’anno pastorale 2020/21 è stato un anno che nessuno di noi avrebbe voluto vivere, ma, nello stesso tempo, un anno speciale, pieno di Grazia.

Dopo i primi giorni di smarrimento, nel marzo 2020, ci siamo posti tante domande: in che modo, con quali strumenti mantenere il contatto? Abbiamo avuto necessità di ripensare, riformulare, riprogrammare, e lo abbiamo fatto con fatica e con sofferenza, ma senza perdere l’entusiasmo che deve necessariamente caratterizzare la nostra missione, contando soprattutto su chi non aveva perso la voglia di andare avanti e di tenere accesa la fiammella della fede nei nostri ragazzi e nelle loro famiglie, nella consapevolezza di avere un compito imprescindibile, quello di essere, forse, l’unica voce che parlava loro di Dio, di un Dio che, probabilmente, nella situazione di precarietà, di sofferenza e di dolore era percepito ormai come un Dio lontano.

In tutto il periodo del lockdown, ribadendo che la Chiesa non poteva abbassare le serrande come un negozio, siamo stati vicini ai nostri ragazzi grazie ai canali social che, mai come ora, abbiamo imparato ad apprezzare, e che, sicuramente anche in un futuro di “normalità” potranno risultare utili per mantenere i contatti con i destinatari della catechesi e con la comunità tutta. 

E intanto, pensando alla riapertura, cercavamo di trovare le modalità migliori, con tante difficoltà e ripensamenti, ma con un’unica certezza: bisognava ripartire dalla sorgente, dall’amore di Dio, dall’Eucarestia, fonte e culmine della vita cristiana, che tanto ci era mancata nei mesi precedenti, quell’Eucarestia che, nel corso dell’estate, aveva richiamato sul sagrato della nostra chiesa parrocchiale la comunità tutta, bambini, giovani e anziani, facendoci sentire di nuovo Chiesa riunita, al suono delle nostre campane, intorno alla mensa dell’altare. 

E così tutto il nostro anno pastorale è ruotato intorno all’Eucarestia, coinvolgendo i nostri ragazzi e le loro famiglie, anche se con modalità diverse per i più piccoli, in un’esperienza di fede senza precedenti.

Anche per i ragazzi più grandi e per i giovani dei vari gruppi parrocchiali la proposta è stata la stessa, senza interruzione, neanche nei momenti più pesanti dal punto di vista dei contagi, e ci siamo accorti con gioia che, anche senza proposte ludiche, di divertimento o di condivisione, abbiamo continuato a incontrare i nostri ragazzi, la nostra chiesa non è mai rimasta vuota e proprio nei momenti più difficili, l’emozione di incontrarci, anche se in pochi, e di stringerci nell’abbraccio di Dio è stata ancora più forte.

I bambini in cammino per la Prima Comunione hanno imparato a gustare la Messa, a partecipare attivamente, ad interagire con il celebrante, a leggere il Vangelo con lui, anche a baciarlo dopo la proclamazione, a rispondere, a cantare, a pregare, in modo personale e spontaneo, e anche i genitori sono stati contenti di partecipare e di emozionarsi con noi.

Abbiamo celebrato l’Eucarestia senza fronzoli, senza segni aggiunti, nella consapevolezza che è così bella e ricca di significato che basta a se stessa. 

Abbiamo seguito l’anno liturgico, quale catechesi in atto, nella certezza che niente vi è di più profondo ed illuminante dell’ascolto della Parola che la Chiesa, Madre e Maestra, ci propone ogni giorno, abbiamo camminato passo passo attraverso i tempi forti di preparazione, valorizzando le Solennità, così come la Chiesa richiede. 

Abbiamo celebrato insieme ai nostri ragazzi la domenica, giorno del Signore, e le varie feste liturgiche, con un occhio anche alle nostre tradizioni, a quei gesti-rito così radicati in chi ha i capelli bianchi, ma che, crediamo, debbano anche essere tramandati anche alle nuove generazioni.

Abbiamo vissuto bei momenti anche a Natale e Pasqua, celebrando durante l’ottava, non solo con i bambini, ma anche con gli altri gruppi parrocchiali e ci siamo detti che il catechismo non è la scuola e non si può interrompere quando la Chiesa celebra le festività più importanti.

I percorsi di formazione per catechiste ed educatori sono continuati, sempre approfondendo la conoscenza della Messa, o sono stati sostituiti da intensi momenti di preghiera quando non erano possibili incontri di catechesi. 

Anche la preparazione immediata alla Prima Comunione è stata tratteggiata sulla celebrazione eucaristica. Attraverso la Messa, ricordando quei quattro pilastri di cui spesso parliamo, possiamo spiegare quelli che sono i fondamenti della vita cristiana: la Parola, la preghiera, il kerigma del Signore morto e risorto, la sua presenza in mezzo a noi, la comunione con Dio e con i fratelli, la missione di portare agli altri l’amore che abbiamo ricevuto.

E’ stato un anno nuovo, diverso, e non poteva non esserlo, perché diversi siamo noi, siamo cambiati, e, crediamo, niente sarà più come prima.

Come continuare?

Certamente non tornando a quello che facevamo prima, a quella cosiddetta normalità che, forse, tanto normale non era. 

Non si può rimettere tutto come prima, non si può dire ancora “abbiamo fatto sempre così”, se abbiamo avuto il dono di fare esperienza di fede e di Chiesa in modo diverso. 

Non si può non tener conto che i nostri bambini non imparano più le preghiere sulle ginocchia delle nonne, che le nostre giovani famiglie sono occupate in tanto altro che non è il pensiero di Dio, che i nostri ragazzi sono tempestati da messaggi tutt’altro che cristiani, ma che, in questo tempo nuovo e diverso, nella tempesta in cui tutto il mondo si è trovato, forse, hanno riscoperto in qualche modo l’affidamento a Dio, la preghiera in famiglia e tanti semi sono stati gettati e, forse, potranno dare fiori e frutti, se qualcuno se ne prenderà cura.

Questo tempo difficile e triste per tanti versi, è stato anche il tempo in cui abbiamo sperimentato che ci venivano tolti gli abbracci, ma che nessuno poteva negarci l’abbraccio di Dio, e questo l’abbiamo compreso insieme ai nostri piccoli e ai nostri giovani, e questo ha fatto si che nel nostro cuore non venisse mai meno la speranza, quella speranza che ci faceva vedere la luce oltre il buio, ed è questa speranza che vogliamo trasmettere e testimoniare.

Annunciare il kerigma significa condividere l’esperienza di quel Dio che dalla Croce ci ha amati e dalla Croce ancora ci guarda e ci abbraccia, tutti, senza distinzione, perché l’amore non mette paletti, non alza muri.  

Per fare questo, forse, non servono strumenti nuovi o metodi sofisticati o parole difficili, ma abbiamo bisogno di uomini e donne nuovi, preti e laici, che siano immagine di quella Chiesa lieta col volto di mamma, di cui ci parla Papa Francesco, e che mettano le ali al cuore per volare alto…