24-03-2016
Cari amici,
risuonano ancora una volta in questa solenne assemblea liturgica le parole pronunciate da Gesù nella sinagoga di Nazaret all’inizio del suo ministero, avvolto dallo Spirito e inviato per “proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 19). Sono parole toccanti nella loro sconvolgente novità e bellezza, rese ancora più efficaci dal Giubileo della Misericordia che stiamo vivendo con tutta la Chiesa, sotto la guida innovatrice e saggia di papa Francesco. La missione di Cristo trova il suo fondamento nell’amore misericordioso del Padre verso tutti i suoi figli, in particolare quelli segnati dalla sofferenza e dal peccato. È l’inizio di un tempo nuovo e decisivo nel cammino della storia verso l’eternità. Un “anno di grazia del Signore”, perché ciascuno possa fare esperienza quotidiana della tenerezza divina, della sua pazienza e benevolenza sconfinata, della sua bontà infinita: nessuno deve essere escluso da una tale meravigliosa offerta di salvezza e di vita!
Il contesto che Gesù sceglie per questa eccezionale proclamazione è quello del suo paese, piccola borgata di periferia, dove la conoscenza è favorita dal vivere gomito a gomito ogni giorno. La sopportazione condivisa della fatica ordinaria, la relazione immediata e continua, l’attesa comune nella speranza di un futuro migliore: ecco il mondo nel quale il Messia si immerge e dal quale prende il via per annunciare anche altrove il compimento del Regno di Dio. Non c’è nulla di eclatante o di sensazionale in questo annuncio, tanto da lasciare smarriti e delusi tutti gli abitanti del villaggio. Ma Gesù non si lascia condizionare: è questa la modalità con cui Dio viene in mezzo al suo popolo. Neppure la Chiesa la può ignorare, mai. Dobbiamo quindi essere attenti al mondo che ci circonda e nel quale viviamo, perché è innanzitutto lì che siamo anche noi inviati a portare il lieto annuncio della misericordia del Padre, con la testimonianza della nostra vita. I discepoli ne hanno fatto esperienza per tutto il tempo in cui sono stati con il Maestro. Da Nazaret a Gerusalemme, per poi essere mandati fino ai confini del mondo: la corsa del Vangelo non si ferma più, deve raggiungere gli angoli più remoti e toccare gli animi più feriti. Sarà lo Spirito a garantire la fedeltà alla missione, aprendo la mente e il cuore degli apostoli al disegno di Dio che ora si realizza. Quanto è importante perciò invocare il dono del Paraclito con fiducia e assiduità, senza stancarsi mai! Il Risorto ha assicurato i discepoli che il Padre manterrà la promessa e dunque saranno presto “rivestiti di potenza dall’alto”. Chiede però ad essi di continuare nello stile evangelico della condivisione e della comunione: ” … ma voi restate in città” (Lc 24, 49).
La richiesta fatta alla comunità delle origini è sorprendente, a prima vista contraddittoria: perché restare in città se occorre partire al più presto per diffondere il Vangelo ovunque?; perché ancora attardarsi con chi si è mostrato refrattario all’annuncio se non addirittura ostile fino al rifiuto?; perché infine prepararsi ad accogliere lo Spirito, con la sua forza irrefrenabile, tra il grigiore della vita quotidiana e l’apparente inutilità di ciò che appesantisce il lento scorrere del tempo?. Domande che ci toccano molto da vicino, immersi come siamo in una cultura che spesso privilegia in modo unilaterale l’agire sull’essere, il successo sulla fedeltà, l’affermazione di sé sulla cura delle relazioni. È tuttavia così importante la condizione che il Signore pone alla sua Chiesa da essere indicata come indispensabile per la stessa evangelizzazione: senza condivisione di vita, prolungata nel tempo, e senza comunione di fede, accogliente verso tutti, non c’è la pienezza del dono dello Spirito per la testimonianza pasquale e neppure l’avvio della missione universale!
Le Linee pastorali per quest’anno liturgico aprono nella nostra Chiesa diocesana prospettive interessanti anche per il prossimo futuro, ma esigono una conversione radicale di mentalità. Tutti avvertiamo la necessità di un cambiamento di prospettiva nella vita delle nostre comunità ecclesiali, perché il Vangelo risuoni nella sua forza dirompente e attragga per la bellezza della vita nuova che genera. Vogliamo metterci anche noi alla scuola di Gesù e imparare da Lui ad andare incontro a ogni persona là dove vive, vincendo esitazioni e paure, superando pregiudizi e abitudini che sembrano intoccabili. Decidiamo dunque di “uscire” con coraggio da noi stessi e da tutte quelle false protezioni che ci tengono lontano da tantissime famiglie provate da gravi difficoltà economiche e profonde crisi affettive, lontano dal mondo del lavoro con le sue attese di giustizia e di futuro specie per le nuove generazioni, lontano dai beni comuni verso cui riconosciamo di aver sviluppato una scarsa sensibilità per stili di vita alternativi, lontano dai fratelli e dalle sorelle in preda alle più svariate e diaboliche forme di dipendenza che minacciano gravemente la libertà e la dignità della persona, lontano dai poveri che con i loro diritti calpestati mostrano alle nostre città distratte il volto del Cristo crocifisso. Accettiamo perciò di toccare con amore la carne del Cristo sofferente e di stare accanto a chi è rimasto solo o addirittura è scartato dalla società. Scegliamo con gioia di “annunciare” la speranza pasquale, mettendoci in ascolto del Signore che ci parla con forza nelle tante storie di sofferenza e di disperazione, soprattutto in chi non ha più voce per gridare il proprio dolore. Desideriamo “abitare” le nostre città, con la pazienza tenace che ci viene dalla fede e ci rende ogni giorno più attenti agli altri e al loro volto, icona sacra da venerare sempre anche quando essa è stata violentata e privata della sua divina bellezza. Ci impegniamo a “educare” le nostre comunità alla vita buona del Vangelo, nella compagnia che è generata dalla fede e che sfocia nella solidarietà fraterna, rinunciando alla pretesa ipocrita di insegnare da maestri che già sanno e presentandoci invece come testimoni che crescono insieme da veri fratelli. Scegliamo infine di “trasfigurare” tutta la realtà che ci circonda, prendendoci cura della casa comune già così ricca di fascino incantevole e aprendola alla bellezza di Colui che ogni giorno cammina con noi e ci precede nella via dell’amore fino al dono totale di sé! Ecco delineato il nostro impegno di credenti che si fanno servi e offrono la loro entusiasta collaborazione per l’edificazione di una società giusta, pacifica, fraterna, finalmente inclusiva e mai più esclusiva. Non ci tiriamo indietro dinanzi alle nostre responsabilità civili, morali, politiche, religiose. Solo così saremo pronti ad accogliere il comando del Risorto:”… ma voi restate in città”!
Amatissimi fratelli presbiteri, la Porta della Misericordia che abbiamo attraversato all’inizio della celebrazione insieme ai diaconi e ai seminaristi ci ricorda in modo plastico che siamo in cammino dietro al Cristo e che solo restando insieme potremo testimoniare la misericordia del Padre nelle nostre città, nei paesi, nelle contrade, negli angoli più remoti e nascosti. Chiamati a trasmettere il dono dello Spirito a tutto il Popolo di Dio, possiamo diventare collaboratori della gioia di ogni discepolo del Vangelo. la missione che ci è stata affidata è preziosa per la consacrazione dell’intera famiglia ecclesiale nella verità, nell’unità e nella comunione. Amiamo dunque la Chiesa! Offriamo noi stessi per la sua crescita nella fede e nell’amore, facendoci ogni giorno servi di tutti con umiltà e dedizione generosa. Impariamo a scegliere sempre l’ultimo posto, contenti di poter valorizzare quanti sono ai margini della comunità. Coltiviamo la vera amicizia, in spirito di gratuità e con animo libero da ogni rischio di strumentalizzazione. Non abbiamo paura di sporcarci le mani e rimetterci la faccia, scegliendo di stare sempre dalla parte di chi è segnato da ferite gravi e vive situazioni insostenibili. la nostra autorevolezza non dipende dal ruolo che rivestiamo, ma dal legame che ci unisce esistenzialmente ai poveri, agli ultimi, agli infelici. Siamo stati scelti per questo e solo donando la vita saremo nella gioia piena!
Chiesa di Cristo che vivi in Sorrento-Castellammare di Stabia, attraversa la Porta della Misericordia nel tuo pellegrinaggio quotidiano alla ricerca dei fratelli e delle sorelle più trascurate. Non lasciare nessuno privo della speranza che viene dal Crocifisso risorto. Sii accogliente verso i senza tetto, i rifugiati, gli esuli, senza cedere a timori e pregiudizi infondati: spalanca le braccia ai migranti e condividi i beni che hai ricevuto dalla benevolenza divina. Mettiti con coraggio accanto ai giovani e accompagnali nella difficile costruzione del loro domani, soprattutto attraverso la ricerca di un lavoro dignitoso e utile al progresso della società. Suscita vocazioni laicali al servizio e alla cittadinanza attiva, attraverso itinerari di formazione sociale e politica accessibili a tutti coloro che vogliono incarnare il Vangelo con coerenza e fermezza. La presenza dei consacrati con i loro carismi ti ricolmi di stupore e gratitudine: siamo tutti chiamati alla santità, perché amati con infinita tenerezza dallo Sposo! Apri dunque il cuore ai doni che il Padre ti riserva, diffondi la speranza e sii forte dinanzi alle prove fino alla testimonianza estrema. Non dimenticare la promessa del Signore Gesù, che ti riempirà sempre del suo Spirito se non verrai meno alla condizione esigente e feconda che anche oggi ti ripropone con fermezza:
” … ma voi restate in città”!
Amen.