Omelia nel ventesimo anniversario dell’Ordinazione Episcopale

CATTEDRALE DI SORRENTO (2 luglio 2025)

02-07-2025

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Cari amici,

le parole del profeta Isaia risuonano in questa liturgia come nel mio cuore. Sono una promessa da parte di Dio nei confronti del suo popolo: “Il Signore ti guiderà sempre” (Is 58, 11). Aprono prospettive per il futuro, invitano a percorrere sentieri di pace, garantiscono l’impegno di Colui che si è alleato per sempre con la sua gente e cammina davanti a noi. D’altra parte queste parole non illudono. Non consentono di sognare ad occhi aperti senza un impegno serio e costante. Si tratta, ricorda il profeta a un popolo tentato di adagiarsi e accettare la mediocrità o addirittura il compromesso, di non cedere alle lusinghe del benessere non condiviso, dell’egoismo che chiude il cuore alle necessità dei poveri, della religiosità ridotta ad apparenza. Per quanto è bella e grande la promessa di un futuro di pace, per tanto è esigente la richiesta di una prassi che non contraddica la propria vocazione: siamo il popolo santo di Dio, chiamato a mostrare a tutti la grandezza della missione ricevuta. Amare tutti, a partire dagli ultimi: per noi non è opzionale ma determinante. Solo facendoci “tutto a tutti” la promessa del Signore si compie ancora, qui e ora, anche per noi.

Carissimi, ritorno con animo grato al giorno della mia ordinazione episcopale di venti anni fa. Nelle settimane precedenti avevo dovuto scegliere il motto che mi avrebbe accompagnato nel ministero che stavo per iniziare. Non fu affatto difficile. La parola di Isaia aveva accompagnato tutto il percorso sinodale della Chiesa locale dove ero stato ordinato presbitero e dove svolgevo il servizio di parroco e di direttore della pastorale diocesana. Erano stati anni intensi e belli, impegnativi per la conversione pastorale richiesta dal Concilio e dai tempi in rapido mutamento. L’esperienza del cammino fatto insieme, pastori e gregge, ci aveva appassionati. Ora si apriva per me una nuova tappa, piena di incognite e di sfide da affrontare. La responsabilità di una Chiesa che il Signore mi affidava suscitava tante domande nel mio animo. Con un’unica certezza: non avere paura, “il Signore ti guiderà sempre”!

La pratica del digiuno, a cui il profeta fa riferimento, rimanda non solo alle tante espressioni di fede popolare a volte superficiali e contraddittorie ma anche a tutta l’azione pastorale delle nostre comunità cristiane. A volte un puro formalismo e una stanca ripetitività rallentano la missione della Chiesa e la svuotano della sua carica profetica. Isaia è mandato a scuotere le coscienze, a svegliare dal sonno. “Grida a squarciagola” (v. 1): senza paura o tentennamenti l’inviato del Signore dovrà aiutare tutti a prendere consapevolezza dello stato di abbandono in cui ci si trova, della contraddizione forte che mina la credibilità dell’annuncio, della grave mancanza di amore verso i più deboli e sofferenti. Ho imparato negli anni di ministero episcopale che il servizio del pastore è prezioso per questo: si tratta di richiamare, con la propria vita prima che con le parole pur necessarie, alla vera fraternità che si nutre innanzitutto di giustizia nelle relazioni reciproche, poi di pazienza e tenerezza con chi è più in difficoltà, finalmente di misericordia con tutti per poter ricominciare insieme.

Il futuro che il Signore prospetta al suo popolo è sorprendente. La descrizione di ciò che avverrà, se ci si incammina decisamente sulla via della vera comunione, lascia senza parole: nessuna zona d’ombra potrà resistere alla luce intensa che accompagnerà il cammino fatto insieme. Gli ostacoli di morte faranno spazio all’esplosione di vita che raggiungerà ogni cosa, trasformando il deserto in giardino e riedificando fin dalle fondamenta la città distrutta. Nessuno si sentirà più solo, perché tutti troveranno sostegno e aiuto per le loro necessità, accoglienza e comprensione da parte degli altri. Mi sono spesso chiesto, specie nei momenti di prova, perché il Signore ci faccia intravedere la bellezza di una realtà che per ora ancora non si compie. Un inganno crudele? Impossibile. Un sogno vago e irreale? Niente affatto: la Sua parola è verità. Abbiamo invece bisogno di questa promessa, che fonda la nostra speranza, come Mosè che “rimase saldo, come se vedesse l’invisibile “ (Eb 11, 27). Papa Leone, nella meditazione per il giubileo dei vescovi, ha così commentato: “Che bello questo ritratto dell’uomo di fede: uno che, per la grazia di Dio, vede oltre, vede la meta, e rimane saldo nella prova”. Posso testimoniare, con animo pieno di stupore e gratitudine, che le consolazioni di un pastore non sono affatto secondarie: permettono di consolare a nostra volta quanti sono smarriti e senza speranza.

In questi ormai lunghi anni di ministero presbiterale ed episcopale ho tante volte toccato con mano la fedeltà del Signore alla sua promessa. Grazie a tanti amici, giovani e anziani, preti e laici, consacrati e persone in ricerca, posso anche io gridare con il profeta a tutto il popolo che ho imparato ad amare: coraggio, vai avanti nella conversione sinodale, non fermarti mai perché “il Signore ti guiderà sempre”!

Alla domanda rivolta dal Risorto a Simon Pietro, risuonata ancora una volta nella proclamazione del Vangelo, provai a rispondere pubblicamente nel giorno della mia ordinazione. Permettetemi di condividere con Voi l’inizio della mia risposta, che fu allora anche il mio primo saluto alla Chiesa da vescovo.

Signore, tu lo sai che ti amo.

Così Simon Pietro ti ha risposto, Gesù,

quando gli hai chiesto se il suo amore per te

fosse più grande di quello dei suoi amici.

Un amore incondizionato e gratuito,

come è quello del Padre nei confronti del mondo.

 

Quante volte, Signore, anch’io ti ho risposto come lui.

Forse con un po’ di presunzione

subito sconfessata dai fatti,

proprio come il tuo apostolo,

ma senza alcuna volontà di inganno.

Anzi, con un entusiasmo sempre più grande e contagiante.

Oggi di nuovo mi interroghi sul mio amore per te.

Vuoi sapere se la mia vita è tutta per te…

Se sono pronto a donarti pienamente il cuore e la mente…

Se accetto di offrirti tutte le mie energie fisiche e spirituali…

Se sono disposto a spogliarmi di me stesso,

a non appartenermi più…

Ed io, con l’animo trepidante

ma più che mai colmo di fiducia,

immerso nel tuo Amore,

ti ripeto come l’Amato all’Amante:

“Certo, Signore, tu lo sai che ti amo” (Gv 21, 15).

(…)

Solo il tuo amore è credibile. Solo il tuo amore salva.

Solo quest’amore rende la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Quest’amore è l’unica ragione della mia vita,

è l’esperienza che ha segnato indelebilmente la mia anima

e ora mi fa dire con pudore ma in tutta verità:

Sono un innamorato folle dell’Amore!

 

E concludo, oggi come allora, ripetendo con la gioia del cuore:

 

Tu, Signore, mi chiedi di gridare a squarciagola,

con la stessa forza del profeta:

Chiesa di Dio, cammina insieme con me seguendo l’unico Maestro,

Via sicura che porta alla Verità e alla Vita.

E non avere paura. Mai.

Il Signore ti guiderà sempre”! (Is 58, 11).

 

Et te ducet Dominus semper!

                                                                                                             AMEN