La 50° settimana sociale dei cattolici in Italia ha segnato decisamente una novità ed ha posto dei forti segni di speranza per il cammino della Chiesa in Italia. Una prima novità la cogliamo dal forte rilievo dato dai mezzi di comunicazione e non solo da essi a quanto a Trieste si è fatto e si è detto: c’è stata una risonanza massiccia che non si coglieva da diverso tempo per questo evento.
Tra i segni di speranza annotiamo anzitutto l’immagine di una Chiesa che si è mostrata viva, specialmente attraverso il volto e il protagonismo di tanti giovani che hanno partecipato con entusiasmo e impegno e ai quali è stato affidato il compito di “facilitatori” dei “circle” di confronto; una Chiesa che ha confermato la sua voglia, di riflettere su tematiche imprescindibili quali democrazia e partecipazione, ma anche la sua capacità di entrare in dialogo, di progettare il futuro, di tessere relazioni.
Indubbiamente la presenza a Trieste del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di papa Francesco ha costituito un elemento catalizzatore. Nei loro interventi su democrazia e partecipazione si è riscontrata una profonda sintonia. Sia il presidente che il papa hanno bene interpretato il sentire dei 1200 delegati vale a dire la convinzione che è necessario sempre più porre l’uomo al centro di ogni azione sociale, politica, ecclesiale, seguendo il vangelo. Una centralità che risuona nella nostra costituzione e che rimanda al personalismo di Mounier e di Maritain. Lo scopo è il servizio all’uomo, a tutto l’uomo e a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo.
Altro filo conduttore della settimana sociale è stato il tema della partecipazione intesa come lievito che fa crescere la comunità e che consente di operare il passaggio dall’io al noi. Di conseguenza è stata rilanciata la necessità di realizzare connessioni e di riappropriarsi della piazza.
La connessione richiama la capacità di mettersi in relazione a tutti i livelli realizzando una proficua sinergia tra pubblico e privato, tra cittadini, associazioni, amministrazioni pubbliche, il governo, l’Europa…
Da Trieste è giunta una forte spinta a riappropriarci delle piazze come luoghi degli incontri e del dialogo. La piazza è il luogo della narrazione, dove ognuno è chiamato a dire la sua, non solo a parlare di sé ma ad esprimersi su ciò che è d’interesse per tutti contribuendo ad elaborare proposte.
Leggiamo in tal senso la scelta, fatta a Trieste, di “mettere in piazza” le buone pratiche diffuse sul territorio italiano; buone pratiche che sono state scelte per narrare a vari livelli la centralità della persona, il prendersi cura gli uni degli altri, come pure la difesa e la cura dell’ambiente. Riappropriarsi della piazza contribuirà a realizzare il passaggio dall’io al noi.
Troviamo molto significativa anche per il futuro l’esperienza vissuta a Trieste da molti amministratori pubblici con appartenenze politiche diverse. Facendo seguito all’incontro delle associazioni cattoliche già tenuto a Trieste nei mesi scorsi, hanno deciso come cattolici, conservando le loro peculiarità di appartenenza, di dar vita ad una rete per una più efficace presenza nei territori, a servizio del bene comune.
Tutto questo cosa potrà significare per la nostra diocesi?
Una prima consegna ci viene dal nostro vescovo: “democrazia e partecipazione, non sono un tema che si aggiunge agli altri temi, ma sono la chiave di fondo per essere cristiani oggi in questa storia nel nostro territorio condividendo la gioia del vangelo realmente nella compagnia degli uomini in un momento in cui esplodono le tensioni ma si avverte il bisogno di scelte condivise coraggiose e profetiche”.
di don Salvatore Abagnale
