Annalisa D’Amora ricorda Don Carmine del Gaudio

Quarto comandamento: “Onora il padre e la madre”
In ebraico
Rendi gloria, riconosci il peso che tuo padre e tua madre hanno avuto nella tua vita e sarai felice

Ho pensato a questa foto, fin da quando ho saputo che sei morto. La ricordavo piccola. Invece è una di quelle foto grandi, da cerimonia. Questa foto in fondo dice tutto di noi due. Qualche anno fa ho scoperto che raccontavi ancora di quella notte. Quella notte di natale in cui mi facesti salire sull’altare a dire qualcosa, chissà poi cosa…

Io e te e un cero pasquale. Ecco: noi siamo stati questo. Anni infiniti a cercare, a piangere, a provare a credere e tu lì: dietro a guardare, ascoltate, sostenere. Non siamo stati perfetti

Ricordo le celebrazioni ufficiali e l’ansia che avevamo, le cazziate, la paura di sbagliare qualcosa. Ricordo il tempo in cui ho cominciato a pensare fuori da santa maria la carità……..la fatica tremenda di cercare nuovi modi per credere, per essere me stessa. Non lo so il perché, ma non mi hai mai fermata, potevi farlo: per un periodo tu per me sei stato Dio, quando ero bambina Dio aveva la tua faccia. Ma non mi hai fermata, mai: neanche quando non capivi, non condividevi. In questo so che mi hai molto amata

E poi i campi scuola, quei pezzi tutti in fila e i ragazzi ed il gruppo animatori e la magia, la grazia che c’era in quei giorni e tu che guardavi, vivevi quei giorni con noi e come noi ti stupivi, resta il tempo più fecondo della mia vita, di cui non posso che ringraziarti.

Te lo ricordi il campo ad assisi? In quel posto brutto, dove si mangiava malissimo, ma c’era quella cappella, in cui portavamo tutti i ragazzi e tu alla fine di ogni preghiera intonavi il canto, di cui ancora sento l’eco nella cappella: “o signore, tu mi scruti e mi conosci…” e i ragazzi, tutti che cantavano dietro a te.

No, non siamo stati perfetti: ne io, ne tu, ne il nostro volerci bene ma ci siamo voluti bene, assai. Con tutta la fatica e la contraddizione di un rapporto che somiglia a quello fra un padre ed una figlia

Tu mi hai generata alla fede. Tu mi hai insegnato a pregare. Tu mi hai messo dentro il desiderio dell’infinto che mi guida.

E mi sono immaginata te che ieri sera hai bussato alla porta del paradiso: dapprima ho pensato che sono venuti ad aprirti papà e zio geppino e che avrete litigato come sempre, “Anto, vedi dove te ne devi andare” avrai detto a mio padre. Ma poi ho guardato bene e ho visto che a quella porta ci dovevano essere molte più persone: i tuo genitori, Armando o pellicchion, Giulina a tacchera, Giulina a pazza, Giovanni perzechella, Salvatorino, Valeria, Ferdinando o viglile, il papà di Teresa ed Enrico, zia Teresa. Tanti, tantissimi altri che ora non so dire e che in trent’anni sono passati nel tuo ufficio davanti a quella scrivania sempre piena di cose

Tutti saranno venuti ad accoglierti a dirti: “Don Carmine, tras’ ci sta pronto il posto per te!

Annalisa D’Amora