Unità Pastorale 13 - Gragnano

Con le mani in basso Quando un limite diventa un’opportunità

Simona Atzori si racconta

“Sei stata fantastica” si alza una piccola vocina di un bimbo di 6 anni, la più piccola tra i 400 spettatori che hanno assistito martedì 5 luglio allo spettacolo di Simona Atzori in piazza Rosario a Gragnano.
Uno spettacolo voluto dalle parrocchie dell’Unità Pastorale di Gragnano con il patrocinio del Comune e che rientra in un progetto più ampio finalizzato a promuovere l’integrazione e l’inclusione sociale.

Sì, è stata fantastica Simona a raccontarci de I colori della sua anima, è stata fantastica a entrare come una ballerina sulle punte nel cuore di ciascuno, a ricordarci che se alziamo gli occhi, il cielo è sempre lì e che lo notiamo solo quando si veste delle tinte più belle e che se lo vogliamo o no il cielo cambia aspetto: se è terso appare lei, la luna, quante suggestioni associate al suo riflesso pallido, alla sua forma in divenire, al suo potere misterioso. Alla luna non servono le braccia per cullare il proprio figlio perché lei culla le loro anime.

Simona ha sussurrato che nessuno ci ferma quando c’è la voglia di vivere, quella voglia forte che a volte non sai nemmeno da dove nasce, che hai dentro. Ha raccontato la sua storia Simona, sì la sua, perché è solo la sua di storia, unica e irripetibile, la storia di una ragazza che vive la sua vita immersa nell’arte, negli incontri, immersa nella voglia di scoprire ogni giorno qualcosa in più di sè.

Simona ti accarezza prima con lo sguardo e poi con la voce, quella voce che si emoziona parlando dei ricordi e che diventa musica per chi sa ascoltare, Simona che ti accoglie nel suo abbraccio pieno di voglia di vivere.

Lei, la Nike con le ali al cuore, è stata capace di emozionare nuovamente dopo aver trascritto l’intervista che ci ha concesso dopo lo spettacolo.

Che bambina sei stata?

Monella, mia mamma mi chiamava Simonella, una bambina molto vivace, molto allegra, divertente. Sono stata una bambina felice.

Ti ricordi quando hai capito che ti mancava “qualcosa” rispetto alle altre bambine?

Nel periodo dell’adolescenza, ma me ne sono resa conto perché me ne hanno fatto rendere conto gli altri perché altrimenti per me ero così.

Oggi la scienza ha fatto passi da gigante, perché non porti le protesi?

Io le ho messe per tanti anni perché i miei genitori volevano darmi l’opportunità di vedere se potevano funzionare. In realtà per le persone a cui manca tutto il braccio non è così facile diventavano più un ingombro che un aiuto.

Diversi perché unici: che cosa è per te la diversità? E soprattutto diversi da chi?

Per me la diversità è una ricchezza. Sarebbe buono invece chiederci proprio “diversi da chi?”. Il primo grande punto di domanda è “Che cosa è la normalità?”. Per me la diversità è la vera realtà dell’essere umano, siamo tutti diversi ed è questa la nostra vera ricchezza.

Candido Cannavò nel libro “E li chiamano disabili” ha raccontato la tua storia. Ma la disabilità, oggi in Italia quali passi ha fatto?

Il libro di Candido ha fatto tantissimo, proprio tanto. Lui ha raccontato sedici storie tra cui la mia, ma il modo in cui le ha raccontate che ha fatto la differenza. È stato un punto nella storia italiana della disabilità che ha segnato molto perché l’ha portata come racconto di storie, lui che raccontava lo sport, le persone dietro le medaglie, ed è la stessa cosa che ha fatto con me.

Che cosa è per te un abbraccio?

Intanto io lo chiamo “aggambo” [e scoppiamo a ridere] è la stessa cosa solo che dipende da cosa usi…ma in realtà è la voglia di dirsi qualcosa senza bisogno di dirsi niente.

Non è un mistero il tuo desiderio di maternità: come hai accettato il fatto che non sia arrivata?

Io ad un certo punto ho accolto questa cosa, ho accolto un’altra cosa. Io in qualche modo mi sento mamma in modo diverso, l’amore di madre lo dono ai miei tre ragazzi, i figli del mio ex compagno con cui ho convissuto per 13 anni. Loro sono i miei bambini anche se hanno più di 20 anni sono i miei amori, per loro darei qualsiasi cosa. Noi lo chiamiamo amore gratuito, è un amore che non è legato da legami ma lo scegliamo ogni giorno e loro sono un dono immenso per me che non avrei mai immaginato di avere nella vita… [e mentre lo racconta le si illuminano gli occhi].

Remo Bodei (filosofo e accademico contemporaneo, scomparso qualche anno fa), in un libretto intitolato Limite scriveva: «I limiti ci circondano da ogni lato e sotto ogni aspetto, a iniziare dagli immodificabili dati della nostra nascita (tempo, luogo, famiglia, lingua, Stato), dall’involucro stesso della nostra pelle, dagli orizzonti sensibili, intellettuali e affettivi del nostro animo per finire con il termine ultimo della morte» Che cosa è per te il limite e come ci convivi quotidianamente?

Il rapporto con il limite mi ha fatto vedere tante prospettive del limite: un confine da superare, un qualcosa da accogliere, in ogni stagione della mia vita il limite mi ha raccontato storie diverse. Il mio vero limite è non avere limiti, perché il mio non avere limiti mi porta a fare cose oltre, troppo oltre. I confini sono fatti per essere scoperti, poi magari puoi decidere di starci oltre, di starci in mezzo, di starci un pochettino dietro, l’importante è che arrivi a farci la conoscenza. Ti fa scoprire te stessa il limite.

Se ti dico: Torino 2006, Paralimpiadi

[sorride] Il sogno che non avrei mai potuto sognare ma che ho vissuto.

Sei mai stata gelosa di tua sorella?

[ride Simona] Mia sorella è spettacolare, io la ammiro molto. Gelosa no, lei per me è stata sempre la mia ispirazione, noi siamo unite unite, c’è un amore immenso. Io la ammiro come donna, come mamma, come tutto, lei è la mia gioia, di nome e di fatto.

Ti fa più paura l’indifferenza o il falso buonismo?

L’indifferenza, perché il falso buonismo in qualche modo mi stai calcolando.

Supera te stesso e supererai il mondo (Sant’Agostino)

Sì, andare oltre sé stessi significa conoscere delle parti di te che altrimenti non avresti mai conosciuto e in quel momento conosci qualcosa del mondo.

Da un punto di vista scientifico alla base della tua problematica c’è una malformazione congenita, un difetto in alcuni geni che hanno deciso di non funzionare perfettamente, se invece cambiamo l’orizzonte di pensiero possiamo dire che il Signore ti ha disegnata senza le braccia: quale delle due ipotesi preferisci?

La seconda, senza dubbio la seconda. Non credo che ci siano errori, la natura non fa errori, so che potrebbero dirmene di tutti i colori ma questo è il mio pensiero e io ci credo molto. Diciamo che il mondo li potrebbe considerare errori, li vuole considerare da un punto di vista logico, ma l’anima li considera semplicemente ciò che doveva essere, ciò che dobbiamo scoprire di noi.

Come è stato ballare per Papa Francesco?

Eeeee forte come incontro, io mi ero preparata, avevo annotato ogni dettaglio invece quando sono arrivata lì è stato un turbinio che non mi ricordavo niente, ho dovuto riguardarlo dopo in video, sono andata completamente in confusione.

«Mia madre mi ha regalato le ali. Ho imparato a vivere con serenità» Come è stato per lei crescere una bimba senza le braccia? Si è mai sentita in colpa?

Mia mamma era una donna particolare, una combattente della vita. Non lo so veramente se si è mai sentita in colpa, forse a volte ha permesso a qualcuno di farla sentire in colpa ma lei mi ha sempre detto che non c’è nessuna colpa nell’amare. Lei ad un certo punto mi ha raccontato che aveva capito di essere nata per essere la mia mamma e lì mi ha detto tutto.

Simona ti piacciono le scarpe?

Sì [e scoppiamo a ridere], mi piacciono ma in alcuni momenti mi piace anche toglierle, devo toglierle. Ne ho parecchie….

di Mariailaria Verderame