Dal Diario di Don Franco in Albania

 
Presentiamo il diario del nostro arcivescovo nei giorni del suo viaggio in Albania.
 
Porto di Bari, 4 maggio 2015 – Ore 23.15
Siamo in viaggio da circa un’ora e raggiungeremo il porto di Tirana domani mattina alle 8.00. La nostra ‘piccola spedizione’ è composta dal direttore della Caritas diocesana don Mimmo, dal responsabile della Pastorale Giovanile don Nino, e da due volontari Michele e Antonio. Di tutto il gruppo solo io sono alla prima esperienza in Albania.
Ringrazio perciò il Signore per questo nuovo regalo con cui arricchisce il mio bagaglio umano e pastorale. E mi preparo ad accogliere i doni che mi farà, con la certezza nel cuore che non saranno affatto pochi o secondari.
Il pensiero va ai numerosi viaggi condivisi con amici delle comunità parrocchiali che ho servito da parroco e delle comunità diocesane che il Signore ha voluto affidarmi come loro pastore. So bene che l’incontro con i poveri non lascia mai come prima e che quanto si riceve è sempre molto di più di ciò che si offre.
Avverto dentro di me intensi sentimenti di gratitudine verso chi ha svolto questo servizio negli anni precedenti, permettendo a tanti giovani e adulti di sperimentare la solidarietà con un popolo segnato da un’enorme e indicibile sofferenza. Allo stesso tempo attendo con trepidazione di incontrare volti e ascoltare storie che potranno aiutarmi a capire come sviluppare questo legame, già così stretto, e renderlo sempre più diffuso nella nostra realtà ecclesiale.
Lo Spirito del Risorto ci guidi in questi giorni di grazia, perché cresciamo insieme nella fraternità e testimoniamo a tutti la gioia del Vangelo che può unire i popoli in una sola speranza, quella di un mondo finalmente giusto e in pace!
 
Durazzo, 5 maggio 2015 – Ore 22.45
Un giorno intenso, pieno di incontri e di provocazioni: si chiude così la prima parte della mia breve visita in Albania. Il presentimento di ieri si è mostrato più che giusto: quanti volti e quante storie mi ritornano alla mente, mentre un po’ stanco mi preparo a riposare, ospite di un simpaticissimo padre domenicano maltese che insieme a due confratelli vive ed opera qui in una delle sole due parrocchie della città.
Il vescovo di Tirana: molto accogliente, aperto al dialogo, pronto a condividere le gioie e preoccupazioni di una Chiesa che conosce molto bene essendo il primo vescovo della capitale dopo i 54 anni del regime comunista, durante i quali era assolutamente proibito manifestare qualunque credo religioso. Il coraggio e la determinazione lo hanno senz’altro aiutato ad affrontare la fatica della ricostruzione, materiale e spirituale. Ora che si prepara a lasciare la guida della diocesi per i raggiunti limiti di età è sereno e contento per quanto il Signore ha operato tramite lui.
La direttrice della Caritas diocesana: una giovane dottoressa appassionata e intelligente, determinata nel suo servizio nonostante le tantissime difficoltà, attenta ai bisogni dei poveri e molto impegnata nella lotta contro l’aborto, pratica che si è diffusa purtroppo in pochissimo tempo.
Proviene da una famiglia cattolica, che ha conservato la fede nonostante le proibizioni severissime al tempo del comunismo: la preghiera in famiglia era l’unico aggancio con la fede dei padri, di fronte al rischio frequentissimo della prigione anche solo se scoperti a preparare le uova di Pasqua. Mi ha trasmesso serenità e forza, mentre ascoltavo i suoi racconti asciutti ma sconcertanti. Ho chiesto al Signore che la sostenga nel suo compito e la apra sempre più alle nuove esigenze della missione, dinanzi alle sfide di una società anche qui in rapida trasformazione.
Le suore di vari istituti religiosi: quelle di Madre Teresa, altre di origine siciliana e altre ancora. Tanta diversità nello stile e anche nel servizio offerto là dove vivono. L’ospitalità offerta agli anziani soli e abbandonati, la presenza coraggiosa nei campi degli zingari, l’accoglienza dei bambini poveri e affamati, la scuola dell’infanzia a servizio di famiglie bisognose… Quanto bene viene fatto nel nome di Cristo, senza distinzioni di nessun tipo tra cattolici, ortodossi e musulmani!
Mi sembra di essere già entrato nel cuore di questo popolo e di portarlo dentro di me come se lo conoscessi da tempo: nella celebrazione dell’Eucaristia, vissuta nel pomeriggio con una piccola comunità di suore e un gruppetto di ragazzi dallo sguardo disarmante per la semplicità e l’attenzione, ho ringraziato il Signore perché ci rende suoi “amici” prima ancora di poter stabilire rapporti personali. I numerosissimi martiri per il Vangelo sono anche qui seme di nuovi cristiani!
 
Durazzo, 6 maggio 2015 – Ore 14.15
Questa mattina ci siamo tuffati nel mondo dei bambini. Aiutati da una suora non più giovanissima ma piena di energia, Suor Anna, italiana originaria di Molfetta, abbiamo visitato alcune strutture comunali che accolgono orfani, disabili e bambini abbandonati dalle famiglie. Quante situazioni di sofferenza!
Ciò che mi ha colpito profondamente è stato il rapporto stretto della suora con i ragazzi e gli operatori, segno di una collaborazione stabile non solo per l’aiuto che cerca di far arrivare tramite una fitta rete di rapporti, ma anche per il sostegno morale che assicura a quanti sono impegnati in quest’opera molto delicata. Il risultato di tale presenza è un clima di famiglia che ho respirato ovunque Suor Anna ci ha portati.
Bambini piccolissimi in stato di adozione, lasciati da mamme che non riescono ad allevarli perché con famiglie numerose o in situazioni di grave disagio. Ragazzi con disabilità fisiche e psichiche, desiderosi di stabilire un contatto e comunicare con lo sguardo il desiderio di grande affetto che li rende aperti e dinamici in modo impressionante. Alcune mamme facevano visita ai loro figli: ne ho salutata una, il cui sguardo quasi spento per il dolore mi ha impressionato ed è penetrato dentro di me con una forza lancinante. Un’altra giovane mamma non riusciva a trattenere le lacrime e piangeva davanti al suo bambino, che la guardava smarrito. C’è bisogno di tanto aiuto anche per questi genitori fortemente provati…
Nella celebrazione eucaristica di questa mattina, insieme ai padri domenicani che ci ospitano e alla suore di Madre Teresa che svolgono qui vicino il loro servizio di accoglienza per anziani soli, è risuonata la parola del Vangelo: “senza di me non potete far nulla”. Ho invitato tutti a restare uniti a Cristo, sull’esempio dei martiri di questa terra e di ogni altra parte del mondo che con il sacrificio della vita ci annunziano la fedeltà di Gesù alla sua promessa: potremo portare anche noi molto frutto ed essere discepoli che contribuiscono alla costruzione di un mondo nuovo dove regna l’amore reciproco e l’accoglienza di tutti i figli di Dio!
 
Porto di Durazzo, 6 maggio 2015 – Ore 23.50
Siamo partiti con un’ora di ritardo, ma mi hanno detto che la nave
recupererà durante il viaggio. Ciò che porto con me è motivo di tanta gratitudine verso il Signore e di seria riflessione che cercherò di condividere con la Chiesa diocesana a nome della quale sono venuto in Albania.
Come dimenticare la gioia dei ragazzi che ci hanno accolto questo pomeriggio, in uno dei villaggi che abbiamo visitato e che ‘e8 curato con passione dal padre domenicano, qui amato da grandi e piccoli? Sembrava fossimo con loro chissà da quanto tempo: l’entusiasmo nel rivedere don Nino, con il quale avevano condiviso l’esperienza estiva degli anni scorsi, ci ha contagiati tutti e mi ha fatto capire quanto bene si può fare anche in un tempo cosìlimitato. Si tratta di aprire il cuore e donare tutto se stesso: i ragazzi sanno riconoscere chi sta con loro solo perché li ama e non desidera altro che il loro bene.
Mi ritornano però in mente soprattutto le scene del villaggio costruito accanto a una discarica: scene raccapriccianti, una cloaca a cielo aperto dove anche l’aria è irrespirabile e i bambini giocano tra le immondizie, unica fonte di guadagno per i grandi. Le baracche fatte di lamiere hanno completato il quadro, tra un torrente di acqua sporchissima e maiali che cercavano cibo tra i rifiuti. A una signora che era andata a confessarsi in parrocchia il nostro carissimo padre domenicano ha fatto notare che lei non vive nel villaggio tra i rifiuti, ma alla sorgente. Sì, proprio così: c’è una sorgente che non viene mai meno, nascosta nel cuore di ogni persona e alla quale Dio ci chiede di attingere per essere felici e crescere come la sua famiglia.
È quanto ci siamo detti che nel confronto serale, da poco terminato, tra i componenti la nostra piccola ‘spedizione’: se quanto è accaduto in questi anni di condivisione solidale è opera di Dio, che tanto ha inciso nella vita di giovani e adulti volontari, diventati amici tra di loro e con i fratelli albanesi, c’è di sicuro un disegno divino che interpella la nostra Chiesa.
Cercheremo di scorprirlo ancora di più e di attuarlo con coraggio e fedeltà, nella gioia dei figli che ci riconoscono tutti amati dal Padre senza alcuna distinzione o discriminazione. In fondo è proprio vero: non siamo chiamati a vivere tra i rifiuti, ma veniamo da una sorgente che continua a zampillare e a dare acqua viva a tutti coloro che hanno sete di felicità, per una vita restituita alla sua piena dignità per ogni essere umano!