Dal Diario di don Franco: Roma, Collegio Capranica 16 maggio 2016

Roma, Collegio Capranica, 16 maggio 2016   Ore 23.30
 
L’incontro con Papa Francesco ha dato inizio ai lavori dell’Assemblea annuale dei Vescovi Italiani. Con il suo intervento, breve ma incisivo, siamo entrati immediatamente nel vivo dell’argomento principale: il rinnovamento del clero. Molto interessante l’approccio che ci è stato proposto da Francesco: mettiamoci in ascolto dei nostri preti, anzi lasciamo che sia uno di loro a parlarci. 
 
E il papa gli ha prestato la voce, facendo venir fuori interrogativi ed esigenze assai concrete e profonde. L’amore per il Signore fa i conti con un contesto culturale rapidamente cambiato rispetto a quello da cui si è partiti. Il rischio della burocrazia e dell’efficientismo sono vinti dalla condivisione con i poveri, che mette in condizione di non legare a se stessi nessuno. Al contrario, il prete sperimenta nel suo rapporto con la comunità la bellezza del dono ricevuto: così cresce la sua umanità e la passione per la missione ricevuta. Nessun narcisismo e al bando ogni pastorale di conservazione: costruttore di comunità, con un’attitudine spiccata alla relazione, il prete può vincere così la tentazione dell’autoreferenzialità. 
 
Mentre il papa continuava il suo discorso, il mio pensiero è andato ai numerosi sacerdoti che il Signore mi ha affidato. In tanti di loro ho rivisto le caratteristiche da lui descritte e mi sono rallegrato nel cuore. Quanto sto imparando dal loro esempio di gratuità, di generosità e di sacrificio nascosto! Vorrei in questo momento poterli ringraziare uno ad uno e parlare al loro cuore, per dire quasi in punta di piedi: vi voglio bene e vi accompagno con affetto nel vostro difficile compito di evangelizzatori. Anche le vostre diversità sono una ricchezza. Persino i differenti punti di vista, che a volte sembrano non farci incontrare, rappresentano un’occasione preziosa per crescere nella comunione. 
 
Il lungo tempo che Francesco ha poi trascorso con noi vescovi, rispondendo a porte chiuse alle tante domande che gli sono state rivolte, mi ha permesso di cogliere ancora di più il suo animo di pastore vigile e lungimirante, dallo sguardo libero e profetico. Ora che si chiude questa prima giornata “romana”, ringrazio il Signore e gli chiedo di saper sognare, insieme ai miei preti, una Chiesa povera, umile, sempre vicina alla gente, lontana dal pessimismo e anche dal facile e superficiale ottimismo. Una Chiesa insomma che sa lasciarsi guidare sempre e solo dalla speranza!