Dialogo tra vescovo e giovani sul Vangelo della V Domenica di Quaresima

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Al centro del Vangelo della V Domenica di Quaresima c’è l’episodio della morte di Lazzaro e dell’intervento di Gesù che lo risuscita.
 
La prima domanda riguarda proprio il mistero della morte: Marta si chiede il perché di questa morte prematura. È una domanda che ci poniamo anche noi di fronte alla morte, perché non riusciamo a capirne il senso. Come possiamo comprendere i progetti di Dio su di noi?
“La morte – risponde l’arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, mons. Francesco Alfano – è il caso serio della nostra vita e della fede. Le domande sulla morte non ci toccano solo quando la morte colpisce i nostri affetti, ma riguardano il senso più profondo della nostra esistenza. Nel Vangelo di Giovanni la morte di Lazzaro ha un legame profondo con la morte di Gesù. Dio prende sul serio la nostra vita e la nostra morte e ci viene incontro per aprirci alla relazione più profonda con Lui. Noi da cristiani guardiamo a Gesù, che vive la dimensione più profonda della vita e che di fronte alla morte dell’amico Lazzaro vive tutti i nostri sentimenti, come il dolore, ma legge nella morte la presenza di Dio. Per noi questo significa essere guidati dalla fede: quindi, non siamo esentati dal dolore, dalla paura, dallo sgomento, ma sappiamo che Dio ci è accanto. Allora, dobbiamo vedere la morte come il passaggio verso la pienezza della vita. Tutto sta nel rimanere uniti a Cristo”.
 
La seconda domanda riguarda il volto umano di Gesù, che in questo Vangelo emerge con forza. Gesù, però, trova nel Padre la forza di andare avanti per compiere la sua missione fino alla fine: anche noi dobbiamo trovare in Dio la forza per andare avanti? O possiamo anche trovarla nel fratello, in chi ci è accanto?
“Io non separerei in modo così netto Dio dai fratelli. È chiaro – precisa il presule – che noi non siamo Dio, ma Dio mi viene incontro attraverso i fratelli. Certo, l’esperienza che ha vissuto Gesù è unica, il Suo rapporto con il Padre è unico, ma grazie a Gesù possiamo vivere la dimensione della presenza di Dio e della gioia di essere suoi figli perché ci sosteniamo a vicenda, perché la testimonianza dell’altro, la parola di chi ci è vicino, la sua presenza fisica, ci permette di non sentirci solo, di avvertire la vicinanza, l’amicizia, la solidarietà, di sentirci amati da Dio. Il rapporto con Dio non deve mancare in un’esperienza di fede, la preghiera, l’ascolto del Vangelo, il dialogo personale con il Signore, la celebrazione dei sacramenti, ma questo rapporto con Dio è quotidianamente arricchito e facilitato nella nostra esperienza umana dalla presenza di chi ci è accanto. Ecco la Chiesa: la possibilità di vivere in una comunità, in cui gli uni sostengono gli altri; così incontreremo Gesù attraverso chi ci è vicino”.
 
L’ultima domanda prende spunto dall’affermazione della sorella di Lazzaro: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Nei momenti di dolore nascono le preghiere più forti. Come possiamo aiutare i più piccoli a rivolgersi a Gesù nelle difficoltà?
“Non dobbiamo tanto aiutare a far nascere nei piccoli il desiderio di esprimere la richiesta, quanto aiutarli ad essere spontanei, ad essere quello che sono: un bambino chiede aiuto, ha bisogno di essere amato, sostenuto, incoraggiato. Man mano che incontra il Signore perché gli viene presentato, gli verrà spontaneo rivolgersi a Lui. Non dobbiamo insegnargli delle tecniche, ma fargli fare un’esperienza. Ma questo che vale per un bambino vale per tutti: in fondo, la nostra fede cresce così, attraverso il contatto diretto con una storia che non è estranea a noi. La storia del Signore, che nella Pasqua ci viene raccontata nel suo punto culminante e che l’esperienza della risurrezione di Lazzaro ci anticipa, è una storia che ci interpella perché parla veramente di me, delle mie paure, delle mie attese, delle mie richieste. Le parole della sorella di Lazzaro svelano da un lato l’incomprensione, ‘Se fossi venuto prima, Signore’, ma dall’altro la fiducia, ‘Qualsiasi cosa chiederai, il Padre te la concederà’: è un cammino di fede che ci porta al dialogo più profondo con il Signore, da vivere nella quotidianità. L’importante è non relegare l’esperienza della fede, la preghiera e l’intimità con Cristo ad alcuni momenti. È il rischio che corriamo tutti, forse voi giovani più di noi adulti, ma siete, in quanto giovani, molto più attenti alla coerenza della vita e alla fede che ci prende totalmente, dalle emozioni, dai sentimenti, dagli affetti fino alle scelte fondamentali. È l’esperienza che hanno sperimentato le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, e anche alcuni giudei, che dopo la risurrezione di Lazzaro credettero. Certo, la fede poi deve essere provata e rafforzata. Lazzaro diventa, per loro e per noi, il segno di quello che può diventare l’uomo quando si apre al dono di Dio: una creatura nuova, risuscitata a vita nuova”.