Due giorni di aggiornamento per il Clero diocesano

accompagnati di padre Gaetano Piccolo

Chi sono gli interlocutori del nostro tempo ai quali è rivolto il Vangelo? La risposta a questa domanda è una questione importantissima per la chiesa. Una chiesa realmente in ascolto e incarnata nella realtà non potrà che mettersi alla scuola dei segni del tempo per annunciare in maniera efficace la buona notizia del Vangelo destinata a tutti gli uomini.

La domanda “A chi ci rivolgiamo? Raccontare gli uomini e le donne di oggi”, può fare da titolo alla due giorni di aggiornamento del clero che abbiamo vissuto ad Alberi il 22 e 23 giugno.

Grazie al contributo di p. Gaetano Piccolo sj siamo stati aiutati a tematizzare il processo culturale che sta attraversando la vita di tutti noi. Questo cambiamento segna il passaggio dall’epoca delle “grandi narrazioni” a quella delle “micro narrazioni”.

Possiamo capire l’uomo contemporaneo dal modo in cui parla e si racconta. L’elemento centrale che rimane è la parola, non più quella delle “grandi narrazioni”, complessa e articolata, ma una parola gettata, che suona rapida in piccoli slogan, eppure, non meno incisiva nell’orientare il sentire di una società.

Queste “micro narrazioni” hanno la caratteristica di recuperare l’emotività, una dimensione troppo spesso posta in secondo piano rispetto alle complesse strutture logico deduttive delle “grandi narrazioni”. Un fenomeno che fa riemergere anche la domanda sulla spiritualità, anche se essa non comporta necessariamente uno sbocco verso la dimensione religiosa.

Il ritorno alla dimensione spirituale non può farci dimenticare che il nostro tempo è segnato da una profonda frammentazione. Si tratta di qualcosa che riguarda l’esistenza stessa dell’uomo. La nostra società offre continui stimoli esperienziali che incidono molto a livello emotivo e, molto poco, nel leggere le parole della propria esperienza in un vocabolario più vasto. La vita personale appare così una somma di esperienze difficilmente collegate tra loro.

La Bibbia, invece, attraverso la storia della salvezza ci ricorda che l’esistenza umana e i singoli eventi non sono separabili. L’immagine che emerge è quella delle perle e del filo. Le singole perle, da sole, se pur bellissime non formano una collana.

Forse, uno dei compiti che Chiesa può assumere per la nostra società, è quello di recuperare questo “filo rosso” capace di tenere insieme le singole esperienze della vita e raccoglierle in unità, affinché l’esistenza non sia più frammentata, ma unitaria e tendenzialmente vissuta in pienezza e gioia di vita.

di don Catello Imperato