Giubileo del Malato: la tenerezza del Padre verso i fragili

L’11 febbraio, in occasione della Giornata Mondiale del Malato, la nostra Chiesa Diocesana ha celebrato il Giubileo del Malato, segno e testimonianza della tenerezza del Padre verso i fragili.
 
Numerose le presenze dal mondo della salute.Insieme volontari, famiglie, ammalati, uniti nella preghiera e nella fede, come pellegrini in cammino, abbiamo vissuto nella comunione il passaggio attraverso la Porta Santa, seguito da altri  momenti intensamente condivisi:il canto, le testimonianze, la Riconciliazione, la Celebrazione Eucaristica, il flambeau.
In un clima di raccoglimento e gratitudine, guidati dal nostro Arcivescovo, abbiamo guardato a Maria, Madre premurosa e icona della misericordia divina. 
 
Qui di seguito, una testimonianza che ci aiuta ad  allargare lo sguardo e il cuore:la croce può essere, se illuminata dall’amore, una stampella, a cui appoggiarci nel nostro quotidiano cammino.
 
 
“Il mio incontro con Maria e con la Grazia ricevuta potrei riassumerli semplicemente così:
trent’anni fa, nei giorni del mio diciottesimo compleanno, mi fu diagnosticato un tumore molto aggressivo alla gamba sinistra e i migliori medici italiani dell’epoca dissero ai miei genitori che mi sarebbero rimasti pochi mesi di vita. Mia madre seppe che a Parigi c’era un grosso centro oncologico. Una volta arrivati, prima di andare in ospedale entrammo nella Chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa.
Oggi sono qui, ho 47 anni, sono sposato con la donna dei miei sogni ed ho quattro figli bellissimi.
Grazia ricevuta!!! Evviva!!
 
Ma non è così, e non sarebbe giusto raccontarla in questo modo.
 
Perché il miracolo dell’incontro con Maria, la certezza di Maria, del Suo amore, per me ha ben poco di misterioso o di sensazionale, ma tanto di vissuto.
E di sofferenza vissuta ce n’è stata tanta, di dolore e di paura ancora di più; tra chemioterapie, radioterapie, morfina e 12 lunghissime sale operatorie dove ogni volta che entravo mia moglie e mia madre speravano ne uscissi con due gambe e non con una sola.
 
Quindi ricomincio, ma facendo una premessa.
 
Sono il primo di quattro figli, nati a poca distanza l’uno dall’altro; come tutti i maggiori, mi sono sempre sentito meno coccolato degli altri. In particolare quello che mi mancava, il desiderio quasi mai esaudito, era l’essere preso in braccio; ma ce n’era sempre uno più piccolo ed era giusto così, anche perché sapevo che mamma, se avesse potuto, avrebbe vissuto con tutti e quattro in braccio fino alla maggiore età di ognuno di noi. in ogni caso questa mancanza, questa voglia di stare in braccio a mamma, restava insoddisfatta.
 
Detto questo, vengo al dunque.
Quando siamo arrivati dalla Madonna, avevo da poco compiuto 18 anni, non camminavo più da circa un mese e se mi alzavo dalla sedia, per stare in piedi dovevo usare due grucce, ma la cosa era estremamente faticosa e dolorosa.
Siamo entrati in Chiesa, e guardando Maria mi sono sentito subito tra le Sue braccia, mi sono sentito, finalmente, preso in braccio.
Non so se ognuno di noi cerca di vedere sempre ciò che desidera in quello che gli capita, può darsi; ma io ho vissuto quella sensazione.
In quel momento, però, non ho avuto la certezza di guarire, di tornare a camminare con le mie gambe o di non soffrire più.
In quel momento ho avuto la certezza della presenza di Maria per noi, del Suo amore misericordioso e infinito; in quel momento ho scoperto di essere amato io, da sempre e per sempre, qualsiasi cosa mi fosse capitata.  
 
Ma soprattutto, credo che il regalo più importante del mio incontro con Maria, sia che la scoperta del Suo amore mi abbia fatto vedere quanto amore avevo già intorno a me senza saperlo.    
 
Da Maria mi è stata regalata la capacità di soffrire, per me e con me, di mia moglie, mia madre e di tutte le persone meravigliose parte della mia vita, che hanno reso il dolore non vivibile, ma, ancora oggi, da vivere;
mi è stata regalata una croce, e con lei la forza, mia e di chi mi ama, non di sopportarla come un peso, ma di amarla e abbracciarla insieme; e, abbracciandola con gli altri, non è mai stata un fardello che mi ha affossato, piuttosto il bastone cui mi sono appoggiato nei momenti di vera debolezza;
mi è stato regalato di intuire perché quando si mima il volo si assume la posizione di Chi è crocifisso, anche se non saprei spiegarlo;
mi sono stati regalati il matrimonio e la paternità che mi hanno fatto toccare che il “sempre” esiste, e che fanno del mio vissuto prima di conoscere mia moglie un ricordo vago, sbiadito e abbastanza insignificante;
mi sono stati regalati i miei figli, che a loro volta mi hanno regalato la consapevolezza intima che la paternità non è solo un momento della vita, ma è uno stato dell’essere. Nel momento in cui riesci a diventare padre, lo sei. Per sempre e, istintivamente, per tutti;
mi è stato regalato il cuore dolce, tenero, materno, compassionevole, smisurato ed infinito di mia moglie, che mi ha regalato la scoperta del mio;
mi è stato regalato capire che i soldi hanno valore nella misura in cui li usi per campare e far campare, ma perdono ogni significato se campi e fai campare per loro;
mi sono state regalate 11000 notti di sogni e 11000 risvegli per cercare di realizzarli; e quelli che si sono avverati sono stati più belli nella realtà che nel sogno;
mi è stato regalato tanto … tutto … troppo!
mi è stato regalato capire di essere stato amato da sempre e per sempre, malgrado quel che sono (e non sono un gran ché).
 
Poi un giorno, un giorno triste, ho pensato che in questi 30 anni regalati l’incontro con la Madonna mi ha regalato tutto ciò che desideravo, ed  ho avuto di nuovo paura.
Se ho avuto tutto dalla vita, la vita non ha più nulla da darmi. ….
 
Allora mi sono ricordato del tepore e della tenerezza delle Sue braccia e mi sono detto:
“ la vita non ha più nulla da darmi. …. … Lei a me  …..e io a Lei??”
 
Dov’è la mia croce?!  
 
dov’ è il regalo più importante, il mio sostegno solido e vero?!
 … altro che 30 anni …. non me ne basterebbero 300  per fare e dare anche agli altri, in minima parte, quello che mi è stato regalato ….
…. per prendere in braccio tutti quelli che lo desiderano.
 
Penso che il vero miracolo sia il cambiamento.
Il regalo più grande che Maria ci fa tutti i giorni della nostra vita, con il Suo esempio e le Sue presenze, è proprio renderci consapevoli, in quanto figli Suoi, di poter cambiare … di essere miracolo.
Perché ognuno di noi è il progetto di Dio”.
 
 
 

in occasione della Giornata del Malato la nostra diocesi ha vissuto il Giubileo del Malato

Pubblicato da Arcidiocesi Sorrento – Castellammare di Stabia su Venerdì 12 febbraio 2016