Ho provato vergogna: appunti di un viaggio

Nei giorni dal 23 al 26 del mese di ottobre, come già i lettori sono stati informati dal Corriere di Capri della settimana scorsa, anche io ho avuto la gioia ed il piacere di far parte della delegazione di Capri recatasi a  Betlemme per realizzare il Gemellaggio con quella meravigliosa cittadina dove è nato Gesù. È stata la sesta volta che sono andato in Pellegrinaggio nella Terra Santa di Gesù, ma questa volta, data anche la natura del viaggio, è stato diverso rispetto a prima. Da questo viaggio sono tornato certamente arricchito, ma soprattutto mortificato: ho provato vergogna. Ho incontrato la povertà. Non che non la conosca, la povertà, dal momento che da sempre ho  improntato il mio stile di vita ad una sobrietà in tutto e per tutto. Eppure: ho provato vergogna!
 
La Grotta di Gesù, dove è nato, trasuda estrema povertà. Poteva nascere a Nazareth dove viveva la sua famigliola? No, sceglie di mettersi in viaggio e la “pienezza del tempo” si realizza quando? dove? in un luogo (Betlemme) dove un posto in casa o albergo non c’era per loro. Gesù ha scelto la povertà del luogo e della gente, la semplicità dei pastori, la laboriosità di tutti i fornai che cuocevano pane in abbondanza per la Gerusalemme dei ricchi. Di notte i pastori con il gregge, i fornai con il pane: di notte Gesù con noi: meglio con i più poveri del mondo che con i ricconi di Gerusalemme.
Le stesse persone  di allora hanno  in quelle di oggi, i loro degni eredi. Gente semplice, povera, ed oggi ancora di più  soggetta alla Gerusalemme dei potenti, costretta a vivere in una cella a cielo aperto da un muro lungo circa 170 chilometri ed alto da non permettere di scavalcarlo facilmente; privata della loro terra (sede degli insediamenti israeliani), privata della libertà (quanti check-point abbiamo attraversato negli spostamenti – ed erano solo spostamenti per “turismo religioso”!), gente che vive un attaccamento encomiabile che noi non riusciremmo a comprendere agevolmente. Ci diceva un giovane palestinese di Betlemme (sposato con una israeliana ma non lo può dire!!!!!!!!!!!, con un figlio che nemmeno può dichiarare!!!!!!!!) “Io sono attaccato alla mia terra: potrei andare via e diventare ricco (è un cantante abbastanza conosciuto anche per televisione): però voglio rimanere in questa terra, anche se soffro, anche se trovo difficoltà, perché questa è la mia terra, la terra di Gesù cui mi lega la fede, e così voglio educare anche mio figlio, all’amore di questa terra, al rispetto di questi luoghi”.
 
Ho provato vergogna per le mie agiatezze, le mie comodità. Cosa avevano Gesù, Maria e Giuseppe? Cosa hanno questi fratelli?  Passare nelle loro strade, guardare i negozi, leggere la provvisorietà sul loro volto e nei loro occhi: eppure erano e sono sereni, sembra che davvero non manchi nulla a loro. Ho provato vergogna per quando non va come dico io, quando non ho tutto a disposizione come voglio io, per quell’abbondanza che mi si sbatte in faccia ogni giorno, dovunque mi giro, eppure sono (siamo!) molto scontento: mi sembra che mi manchi sempre un soldo per completare una lira. Ho provato vergogna perfino delle mie convinzioni e delle mie idee: solo perché le ho e sono mie, sono perché posso averle liberamente!
 
Ho provato vergogna per la loro volontà di costruire un futuro sereno, più appropriato, più rispondente al ritmo del mondo da cui chiedono più attenzione: ma (haimè)  non hanno potere di contrattazione perché poveri eppure ricchi della loro intelligenza e della loro intraprendenza.
Mi auguro che il gemellaggio diventi vivo ed operante anche in uno scambio culturale, umano, religioso, politico, esistenziale. Avrei voluto avere con me tanta gente inappagata, sempre scontenta, tanti giovani che affogano nell’alcool o nella droga le loro risorse mentali, umane e spirituali, oltre che fisiche. Avrei voluto avere con me tante persone che corrono dietro l’effimero, dietro il superficiale, dietro il lusso, dietro i cosiddetti eventi straordinari.
Qui non c’è spazio per scarpe o magliette o pantaloni firmati. Il massimo lusso che ho visto è stata la fierezza con cui gli alunni delle scuole portavano la loro divisa, cantavano ogni mattina il loro inno nazionale, andavano anche da soli a scuola portando la loro cartella come zainetto ma non di Pokemon, non del Napoli, ne di altra marca o griffa: una semplice cartella, un semplice zainetto.
Ho provato vergogna! Anche al vostro posto, al posto di tutti voi amici carissimi!
Anche quando siamo andati all’Università Cattolica di Betlemme, passando per quei viali e quei corridoi dell’Università, guardando il volto di centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze che nell’intervallo studiavano sui libri, negli appunti: qualcuno consumava una colazione frugale. Sul volto di tutti la gioia della crescita, la bellezza di una origine tipica cui per niente sono capaci di rinunciare.
Ho provato vergogna ma ho anche ringraziato: il Signore, la mia terra, la mia origine, la mia nazione, la mia città, quelli che mi hanno guadagnato la libertà. E sono tornato con l’impegno di continuare a gridare ai miei fratelli la bellezza della povertà che non è indigenza pura, maledetta: è uno stile di vita, è una scelta a saper preferire nella nostra vita l’essenziale al superfluo, l’importante all’effimero, è sapersi contentare, è sobrietà.
Quando da Betlemme verranno a Capri, vi accorgerete che quanto ho detto di loro è anche troppo poco.
Da Capri deve partire un ponte di ammirazione e di solidarietà: allora sarà o comincerà ad essere un vero gemellaggio.
Come sacerdote ho provato vergogna anche di fronte a Padre Ibrahim Faltàs, della Custodia di Terra Santa. Cosa non hanno fatto i francescani in questa Terra, cosa non stanno ancora facendo con una gioia e semplicità che solo il poverello di Assisi poteva ispirare alla scuola del Bambino Gesù di Nazareth. Guardando a loro Francescani, ammirando la loro presenza e il loro apostolato sui luoghi di Gesù, ho chiesto al Signore di aiutarmi ad essere ancora più semplice, come uomo e come prete. 

 

di don Carmine DEL GAUDIO