Servizio Confraternite

Il Cerimoniere: la potenza del servire

Cammino di preparazione alla Quaresima e alla Settimana Santa

“Il Cerimoniere: la potenza del servire” è il titolo del quinto incontro svoltosi a Meta, nella Basilica di Santa Maria del Lauro. Un incontro a due voci, quella del Parroco, Don Francesco Guadagnuolo e del suo vice, e ex cerimoniere, Don Alfonso De Gregorio.

Don Alfonso esordisce rimarcando la sua vicinanza al mondo confraternale essendo stato prima confratello, poi cerimoniere e infine presbitero e racconta la sua prima esperienza di cerimoniere nella Processione caratterizzata da un senso di privilegio e anche da profonda inadeguatezza quando, appena diciottenne, ricoprì per la prima volta questo ruolo.

Il cerimoniere ha il compito di badare a che tutto si svolga per il meglio, ma spesso rischia di essere distratto da quello che c’è intorno, dai fedeli, ma soprattutto da quelli che sono “turisti” e guardano i nostri riti solo per l’aspetto folkloristico.

Da questa considerazione scaturisce una amara riflessione: le nostre Processioni si muovono sempre più in mezzo a “turisti” e sempre meno in mezzo a “fedeli”.

Risvegliare la fede in chi canta, porta un simbolo o un lampione, trasmettendola in prima persona, con il proprio esempio deve essere il primo servizio svolto da Governi e Cerimonieri che così metteranno in strada processioni in grado di far sentire la vicinanza vera di Gesù a chi partecipa, ma anche e soprattutto a chi le guarda.

A tal proposito Don Alfonso ricorda il passaggio epocale fatto dalla figura del cerimoniere, da persona di “potere” che dirige e indirizza gli altri a persona al servizio degli altri.

Solo se riusciremo a portare Cristo e la sua storia a chi incontriamo per strada o a chi si affaccerà a una finestra con l’intensità del nostro amore e della nostra Fede, avremo raggiunto il vero obiettivo del nostro cammino.

Don Francesco Guadagnuolo inizia il suo intervento descrivendo il suo cammino formativo che da giovane sacerdote lo ha portato ad avere sempre una spiccata sensibilità per la carità verso i più poveri e bisognosi.

E’ sua profonda convinzione che non esista distinzione tra litugia, paraliturgia e vita di tutti i giorni. Infatti, nel corso della celebrazione domenicale si rende grazie per quanto il Signore ci dona nell’esistenza concreta di tutti i giorni.

Anche nelle processioni, esempio di paraliturgia, e in tutti gli appuntamenti della vita confraternale esiste questa forma di identificazione.

Il rischio, però, è la discrasia che spesso si verifica tra la ritualità della liturgia e la vita cristiana: se da un lato esiste un affetto, un amore grande e un rispetto per la tradizione, dall’altro non si può prescindere dalla partecipazione ai momenti “forti” dell’anno liturgico come ad esempio il Triduo pasquale, e dall‘impegno per la carità motivo fondante delle nostre Confraternite.

Come fare? Difficile a dirsi, ma siamo chiamati tutti, sacerdoti e laici, a innescare dei processi di riflessione e dialogo che producano una conversione pastorale, che metta, nel caso della Settimana Santa, al centro la liturgia del Triduo pasquale conservando, al tempo stesso, la ritualità e le atmosfere della tradizione. 

Don Francesco conclude citando Papa Francesco e la “Evangelii Gaudium” evidenziando la forza evangelizzatrice della pietà popolare.

Esiste però un rischio che è rappresentato da chi dice: “si è sempre fatto così” chiudendosi, in questo modo, all’azione dello Spirito Santo e alle sorprese dell’Amore di Dio.

Pur riconoscendo che è grazie all’impegno delle Confraternite che si crea, nelle nostre città, un clima adatto alla Settimana Santa, bisogna chiedersi, con coraggio, cosa c’è bisogno di cambiare? In che modo possiamo superare la discrasia tra ritualità liturgica e modo “tradizionale” di vivere la vita cristiana?

Esiste solo un modo: tutti insieme, deponendo i segni del potere, riflettiamo e dialoghiamo ridando potere ai segni per passare dai “segni del potere” al “potere dei segni”.