La Pasqua vissuta dalle famiglie: comunità di Acquara – Massa Lubrense

Un Triduo Pasquale molto diverso da quelli vissuti negli anni passati, ma non per questo meno bello

Triduo Pasquale 2020 e non siamo arrivati a vivere questo triduo pasquale impreparati: abbiamo fatto nel periodo della quarantena una preparazione scandita da appuntamenti serali di preghiera, accompagnati dalla mano paterna di don Antonio, il quale, ha seguito tutta la comunità attraverso vari canali multimediali. Ci ha raggiunto quotidianamente con preghiere da recitare in famiglia. Ci siamo riuniti tutti alla stessa ora e abbiamo vissuto la Liturgia della Parola di domenica in domenica celebrandola ognuno nella  propria casa.

Un Triduo Pasquale molto diverso da quelli vissuti negli anni passati, ma non per questo meno bello. Ogni mattina, nel gruppo whatsapp della comunità, ci scambiavamo il buongiorno, si condividevano le foto dell’angolo della preghiera, un posto della casa dedicato particolarmente alla preghiera personale e comunitaria, foto delle famiglie riunite in preghiera arricchite da parole di gioia scaturita da quei momenti vissuti e tutto questo grazie alla presenza congiunta di adulti, anziani desiderosi di vivere la Pasqua e giovani pratici di tecnologia.

Giovedì Santo. Siamo stati raggiunti da una fragrante e luminosa sorpresa; due confratelli della nostra congrega ci hanno portato in dono un pezzo di pane, una candela e un ramoscello di ulivo, tutto realizzato da altri confratelli con le proprie mani. Il pane ha arricchito la tavola per la celebrazione in Coena Domini vissuta la sera stessa in famiglia. L’acqua che scorreva sui piedi, un bacio, segno dell’amore e dell’umiltà, lo spezzare del pane, segno della condivisione e del dono di Sé.

Venerdì Santo. Tavolo ricoperto da una tovaglia bianca con al centro il crocifisso e una candela accesa. Ai piedi del crocifisso biglietti scritti da ogni membro della famiglia nei quali c’è riposto: sofferenza, difficoltà, paura, desideri… Questi biglietti prendono la forma di un uomo che pende dalla croce, al quale, dal più piccolo al più grande, abbiamo baciato le piaghe, come una madre che bacia il ginocchio del figlioletto appena caduto, per dargli sollievo. Inizia il silenzio. Sul gruppo della comunità c’era un silenzio insolito, ricco di attesa. Non c’erano foto delle celebrazioni vissute. Ognuno pregava in cuor suo cercando di evitare, nei limiti del possibile, l’uso dei dispositivi tecnologici, con attesa e speranza di ritrovare il sepolcro vuoto.

Sabato Santo. Ora dopo ora, abbiamo percorso quella strada che va dalla nostra stanza a quel giardino dove si trova il sepolcro nel quale è custodito il nostro Signore. Passi stanchi e cuori appesantiti per le notizie di tutte le vittime del virus, di tutte le famiglie che hanno visto partire i loro cari che non rivedranno mai più. Un pensiero particolare al fratello attaccato al respiratore, con il costante timore di ricevere una telefonata: la telefonata.

La casa è buia. La luce di una candela si fa vicina, ma non è abbastanza. In mezzo a noi la luce annuncia la vittoria sulle tenebre e con il canto del Gloria, scorgiamo quel sepolcro vuoto e tutti insieme, la nonna, noi e i nostri figli, esultanti cantiamo : “Cristo è Risorto veramente, Alleluia!”

Continuiamo a conservare questa gioia tra le quattro mura, fino a quando a mezzanotte, con nostra gran sorpresa, sentiamo le campane a festa ed è da quel momento che iniziano ad arrivare messaggi di calorosi auguri sul gruppo della comunità.

Duemila anni fa era una pietra rotolata davanti al sepolcro, oggi è un virus che ha fatto chiudere le porte delle nostre chiese, ma come fu Pasqua allora è Pasqua anche quest’anno.