La prima tappa del convegno ecclesiale

“Le Unità pastorali: una scelta per vivere la comunione”. Questo il tema del convegno ecclesiale della arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia. L’appuntamento è diviso in tre fasi. La prima è stato l’Incontro di apertura, venerdì 20 settembre, al Cinema Teatro delle Rose di Piano di Sorrento.
Ad aprire l’Incontro, al quale hanno partecipato un migliaio di persone, tra membri degli organismi di partecipazione ecclesiale (Consigli pastorali parrocchiali, Consigli affari economici parrocchiali, Consigli delle Unità pastorali, Consigli diocesani, Consulta delle aggregazioni laicali) e altri operatori pastorali, un momento di preghiera, guidato dal nostro arcivescovo, don Franco Alfano.
Poi è toccato proprio al presule tenere la relazione principale dell’incontro, nella quale ha fatto il punto sullo stato attuale delle Unità pastorali (Up) in diocesi, alla luce del suo incontro informale con le 14 Up, durato da gennaio a maggio 2013, una sorta di “pellegrinaggio spirituale” che ha permesso a don Franco di conoscere più da vicino la nostra Chiesa, poco dopo il suo ingresso come pastore. “È stata – ha detto l’arcivescovo – un’esperienza arricchente per me e per le comunità, tra le quali si è risvegliata la voglia di camminare insieme”. Perché quel che conta è che “la comunione possa circolare sempre più”. Il presule ha, quindi, ricordato che la scelta delle Unità pastorali è legata ai frutti del Sinodo diocesano, voluto dall’arcivescovo emerito, mons. Felice Cece, ha cui mons. Alfano ha rivolto un affettuoso pensiero. “Il testo sinodale – è stato l’invito dell’arcivescovo – deve diventare pane quotidiano per noi, cercando di tradurre i risultati del Sinodo in scelte concrete”.  La scelta maturata nel Sinodo è anche in linea “con le scelte del Concilio Vaticano II, in particolare con la costituzione conciliare ‘Lumen Gentium’, ossia l’ecclesiologia di comunione”
Le Unità pastorali sono uno strumento per “vivere la comunione”. Ma lo sono veramente? Tra l’altro, per la Chiesa di Sorrento-Castellammare di Stabia “è stata una scelta originale perché non nata dall’emergenza, in quanto il dono delle vocazioni c’è”.
Il presule ha quindi letto un passaggio dell’enciclica di Papa Francesco, “Lumen Fidei”, nel quale si evidenzia che “è impossibile credere da soli” e che “è possibile rispondere in prima persona, ‘credo’, solo perché si appartiene a una comunione grande, solo perché si dice anche ‘crediamo’”. “Questa apertura al ‘noi’ ecclesiale – dice il Papa – avviene secondo l’apertura propria dell’amore di Dio, che non è solo rapporto tra Padre e Figlio, tra ‘io’ e ‘tu’, ma nello Spirito è anche un ‘noi’, una comunione di persone”. Dopo questo riferimento all’enciclica, l’arcivescovo ha offerto la sua analisi. Tre le parole chiave della relazione di mons. Alfano: comunione, corresponsabilità e missione. Il presule ha mostrato per ogni aspetto quello che ha riscontrato di positivo ma anche i possibili rischi.
Innanzitutto, la comunione. Il primo aspetto positivo a riguardo è che “attraverso le Up c’è il rispetto e la valorizzazione delle singole comunità parrocchiali. L’Up costringe la singola parrocchia a presentarsi per quella che è”. Il rischio, invece, è “quello della chiusura perché non sempre una comunità si sente pronta a rapportarsi con le altre, vuoi perché non si sente adeguata vuoi perché si sente troppo ricca rispetto alle altre”. L’altro rischio è, quindi, “l’autosufficienza”. Il secondo aspetto positivo è “l’apertura alle comunità vicine e l’accoglienza reciproca. Siccome ogni comunità ha una sua storia, è importante aprirsi alle altre riconoscendo il dono di Dio che rappresentano”. Il rischio è “una certa concorrenza che esiste e resiste. C’è la tentazione di giudicare e veder crescere la rivalità”. Ma l’aspetto più interessante, per don Franco, è “la condivisione di iniziative e progetti pastorali, anche se non è ancora una condivisione perfetta, ma episodica”. Si tratta, comunque, “di un dono grande”. Infatti, “è importante far conoscere quel che si fa in una comunità anche nelle altre, in quanto può essere uno stimolo”. Il rischio è “appiattire l’originalità, la massificazione, come pure l’efficientismo, rischio contro il quale ci mette continuamente in guardia Papa Francesco. La Chiesa, infatti, non si misura in base ai risultati, ai beni, ai numeri, si misura sull’amore”.
La seconda parola chiave è stata corresponsabilità. “La comunione ha bisogno di essere esercitata – ha spiegato l’arcivescovo – e le Up sono già esercizi di comunione, condividendo la corresponsabilità. E nelle Up sono importanti gli organismi di partecipazione, che devono essere scuole di comunione che permettono alle comunità di mettersi in moto”. Qui c’è stato anche l’invito ai religiosi e alle religiose a offrire il contributo a mostrare cos’è la comunione, data la loro esperienza di vita in questo settore, vivendo in comunità. I rischi quali sono? “Ci possono essere organismi di partecipazione che non sono espressione di tutta la realtà locale. Ma essi non devono rappresentare solo un gruppo, ma tutte le sensibilità”. Un altro aspetto positivo degli organismi di partecipazione è il discernimento pastorale. Le nostre comunità devono diventare esperte nel capire cosa il Signore chiede loro”. Rispetto a questo punto l’arcivescovo ha sottolineato che le associazioni hanno qualcosa da dire sul discernimento. Don Franco anche per il discernimento ha individuato un rischio, “quello della mancanza di libertà e di ascolto effettivo”. Infatti, “il discernimento esige il rispetto di ognuno e l’ascolto, seppure ‘faticoso’ di tutti per capire dove lo Spirito ci sta orientando”. Un altro aspetto positivo è “la crescita di un laicato adulto e maturo con la consapevolezza del compito che ciascuno di noi, secondo la propria vocazione e il proprio carisma, ha ricevuto attraverso il sacramento del Battesimo”. Rispetto alla “ministerialità della Chiesa” può essere importante il contributo dei movimenti, nei quali si riconosce l’opera dello Spirito. Qui le tentazioni possono essere “il clericalismo e l’autoreferenzialità”.
L’ultima parola chiave è stata missione. “Non si può parlare di comunione senza missione”, ha osservato l’arcivescovo. Il primo aspetto positivo è che “le Up sono quasi ‘costrette’ a leggere in modo più attento il territorio nel quale operano, superando così il primo rischio: la presunzione della conoscenza. C’è, però, un secondo rischio: il condizionamento dei pregiudizi. Ma anche in questo caso la conoscenza può aiutare a superare i pregiudizi”. Altro elemento molto positivo è lo svilupparsi di “esperienze concrete di solidarietà e dialogo: così si fa missione”. Il presule ha ricordato un’esperienza concreta molto positiva: il Progetto Policoro. “Bisogna comunicare il bene”, ha affermato. I rischi, invece, sono “la mentalità di delega e la paura del confronto”. L’ultimo aspetto positivo è “l’esigenza, avvertita da tutti, di una pastorale nuova per la nuova evangelizzazione, che però non può essere solo di facciata”.
Mons. Alfano ha chiuso la sua riflessione riprendendo le parole del Papa ai vescovi, durante l’ultima Gmg di Rio de Janeiro. “Il Papa – ha ricordato don Franco –, commentando l’icona di Emmaus, con i due discepoli che delusi vanno via, ha evidenziato: ‘Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta’”. Serve, allora, una Chiesa capace di “leggere con realismo gli avvenimenti”. Mons. Alfano ha, quindi, letto un altro passaggio del discorso del Papa ai vescovi, ispirato all’icona della Madonna di Aparecida: “Le acque sono profonde e tuttavia nascondono sempre la possibilità di Dio”, un Dio che “chiede di essere messo al riparo nella parte più calda di noi stessi: il cuore”. “Il risultato del lavoro pastorale – ha dichiarato il Papa – non si appoggia sulla ricchezza delle risorse, ma sulla creatività dell’amore. Servono certamente la tenacia, la fatica, il lavoro, la programmazione, l’organizzazione, ma prima di tutto bisogna sapere che la forza della Chiesa non abita in se stessa, bensì si nasconde nelle acque profonde di Dio, nelle quali essa è chiamata a gettare le reti”. E, ha concluso il nostro arcivescovo, “noi vorremmo provare a gettare le reti con le Up”.
Gianfranco Aprea e Tonino Esposito hanno poi ricordato le prossime fasi del convegno ecclesiale. Fino al 24 ottobre le comunità sono invitate a fare esercizi di comunione. In particolare, i consigli pastorali parrocchiali sono invitati a riunirsi almeno una volta. Durante l’incontro si porranno due domande: “A che punto siamo nella vita di comunione? Come viviamo la corresponsabilità?”. I consigli delle Unità pastorali si dovranno incontrare almeno due volte. Nel primo incontro si condivideranno le conclusioni dei consigli parrocchiali e si rifletterà su tre aspetti: “A che punto siamo nella vita di comunione? Come la nostra Unità aiuta le parrocchie a crescere nella comunione? Le relazioni e i rapporti tra Unità, Zone e Diocesi, con ipotesi di collaborazione le une per le altre”. Nel secondo incontro ci sarà la condivisione delle conclusioni da presentare alla seconda fase del convegno, che sarà un Incontro residenziale all’Hotel Stabia di Castellammare di Stabia, dalle ore 15 del 25 ottobre alle ore 19 del 26 ottobre. La terza fase è rappresentata da una riunione congiunta del Consiglio pastorale diocesano e del Consiglio presbiterale e dalla celebrazione eucaristica conclusiva, sabato 23 novembre, Primi Vespri di Cristo Re, alle ore 18, nella cattedrale di Sorrento.

di Gigliola ALFARO