Le parole di Mons. Alfano

"Dal nuovo Papa un messaggio di fratellanza"

“La sorpresa è stata grandissima fino a mettere un poco di imbarazzo per la non conoscenza , ma è durata poco, perché c’è stata un’altra sorpresa: la sorpresa dello Spirito, la sorpresa che questi momenti possono essere vissuti in modo così intenso perché la fede unisce profondamente”. Così il nostro Arcivescovo,  Francesco Alfano, commenta la prima reazione di piazza San Pietro all’“Habemus Papam”, pronunciato dal cardinal Tauran con il nome del nuovo Papa: Jorge Mario Bergoglio. La sorpresa, evidenzia il nostro Pastore, c’è stata anche per il nome che il nuovo Successore di Pietro ha scelto: Francesco. “Il nome, lo stile, la provenienza, i contenuti del primo messaggio, quelli espliciti e quelli impliciti”: per mons. Alfano tutto colpisce. “Si è presentato come vescovo di Roma – ha proseguito l’Arcivescovo -, ha parlato al mondo tramite la Chiesa che Lui presiede, Chiesa che presiede alla carità di tutte le Chiese. Si è presentato non come un potente del mondo, che dialoga con gli altri potenti, ma, come vescovo di Roma in quanto tale, ha lanciato il suo messaggio per la fratellanza. Io ho colto dietro queste parole il grido del popolo latino-americano, una Chiesa molto radicata nella realtà, che nei suoi pastori ha un contatto profondo con la gente”. Secondo mons. Alfano, nelle parole di Papa Francesco c’è “un invito forte a vivere la dimensione spirituale della Chiesa incarnata nella storia, per la lotta contro il male, fatta sporcandosi le mani e con scelte coraggiose. Scelte che probabilmente dovremo aspettarci non solo dal Papa, ma che dovremo fare insieme, come già si fa, ma con molto più coraggio. Questo aiuterà la Chiesa a uscire dalle pastoie attuali”.
 
Indubbiamente, a giudizio dell’Arcivescovo, “l’aria che Francesco I ci ha fatto respirare fin dal primo momento, in continuità con i pontificati precedenti, è l’aria del Concilio Vaticano II, che tutti auspicano sia portato a compimento. Anche nelle riforme che non si improvvisano e non sono legate a una sola persona. Questo vale in modo particolare per quanto riguarda il discorso sulla collegialità, che è avviato ma che si deve riprendere nelle modalità concrete e nei segni forti, innanzitutto quello della povertà”. Francesco d’Assisi, modello scelto dal nuovo Papa, “è santo perché vive radicalmente il Vangelo, il che non si traduce nel pauperismo, ma nell’amore per i poveri, per riscattarli nella loro dignità. Questo, però, è possibile solo con una Chiesa povera. Io ho ricevuto questo messaggio dalla prima uscita del Papa e ho pianto. Quel silenzio che si è creato in piazza, dopo l’imbarazzo iniziale e l’entusiasmo successivo mi ha fatto sentire forte la presenza e la bellezza della Chiesa e ho ringraziato il Signore di farne parte”.
 
Il Papa ha voluto pregare il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria. “Si tratta – spiega mons. Alfano – della dimensione popolare tipica dell’America Latina, che nella pastorale ordinaria insiste molto sulla pietà popolare perché il popolo di Dio si deve esprimere con la sua sensibilità che, ovviamente, deve radicarsi nel Vangelo e deve trasformare la vita”. È stato poi “fortissimo a livello teologico quando il Papa ha chiesto un attimo di silenzio affinché il popolo pregasse per lui. Il Pontefice ha fatto precedere questo momento alla sua benedizione spiegando che, per poter lui benedire il popolo, deve essere prima benedetto dal popolo. Confesso che in quel momento sono stato orgoglioso di essere parte della Chiesa e anche di essere vescovo perché è quello che ho sempre sognato. Ci ha fatto fare l’esperienza del popolo di Dio, che è santo e portatore di una benedizione che deve trasmettere e grazie alla quale i pastori possono diventare servi”.