L’educatore nel pallone: un ciclo di tre incontri di formazione diocesana

Quest’anno noi educatori ACR siamo scesi in campo per osservare dal vivo il nostro ruolo ed evidenziare i nostri limiti e talenti; come una vera squadra lo abbiamo fatto INSIEME portando ognuno con sé la propria storia, la propria parrocchia ed i propri ragazzi quindi riflessioni, dubbi e domande.

Mettersi in gioco ha significato scavare dentro di sé, guardare ai passi già compiuti ed immaginare i prossimi. Come il Padre abbiamo trovato dei momenti (anche se non il settimo giorno) per fermarci e meditare, raccogliere frutti, evidenziare imperfezioni, osservare le mille sfumature del nostro essere educatori ed affidarle e da queste ripartire con una forza nuova e continuare l’opera creatrice.

Siamo partiti con il primo appuntamento presso il centro parrocchiale Mons. Zama di Piano di Sorrento guidati da don Alfonso De Gregorio. Siamo stati invitati a riflettere sulla figura del giovane nel nostro Paese. Abbiamo osservato come la società si evolva e si trasformino concetti quali quello di età. Ciò testimonia che siamo vivi e che ogni realtà spazio-temporale ha le proprie esigenze ma abbiamo anche evidenziato qualche criticità: la caduta del calendario classico sulle fasi di vita accompagnata in Italia dalla precarizzazione del lavoro, dall’allungamento formativo e dal nostro welfare alquanto carente ha portato alla nascita della figura dell’”Emerging Adult” o giovane adulto; il giovane di oggi, in bilico tra tradizione e nuove frontiere, è spesso disorientato. La stessa vitalità della società notiamo nei nostri acierrini sempre più precocemente (concetto relativo) adolescenti. Dalla società siamo passati a noi, tessere uniche ed irripetibili di quel puzzle. Ci siamo osservati alla lente di ingrandimento lasciandoci provocare da alcune riflessioni: possiamo educare se abbiamo questioni irrisolte con noi stessi? Il ragazzo comprende i miei disagi ed i miei stati d’animo? Siamo corpo e anima ed il linguaggio della carne è prodigioso nella sua immediatezza soprattutto con i ragazzi. Un buon cristiano ricerca sempre un equilibrio. Se il gruppo è una squadra c’è necessità che ogni membro stia bene con sé stesso quindi con gli altri e questo vale anche per un educatore.

In un secondo appuntamento siamo stati accolti da don Salvatore Branca presso il centro parrocchiale Santa Maria Rosa Nova di Sant’Antonio Abate. Abbiamo continuato a riflettere sul mondo che ci circonda perché noi cristiani non siamo mai soli e non vogliamo esserlo; viviamo la nostra missione qui ed ora. Ci siamo allora chiesti il senso della nostra vita di fede oggi ed abbiamo constatato con un pizzico di ironia che non ce la passiamo benissimo. In effetti il mondo fuori ignora la fede se non addirittura la disprezza. Abbiamo poi osservato che con le nostre stesse mani ci siamo a lungo imprigionati nella religiosità offuscando la luce di Cristo. Non ci siamo scagliati contro la meravigliosa tradizione che ci rende famiglia, attenzione, ma ci siamo ricordati che Cristo parla oggi ad ognuno di noi e che ci ama anche se pecchiamo, anche se quella volta l’abbiamo fatta grossa. Abbiamo evidenziato e messo in grassetto l’unico vero grande comandamento che Dio ci affida scegliendoci ogni giorno nella nostra imperfezione prodigiosa: l’Amore. Dio fattosi uomo ha riscattato ogni parte di noi, corpo ed anima, e l’ha resa capolavoro. Se poi non abbiamo digiunato prima della Comunione o non abbiamo osservato qualche precetto non saremo castigati. Dio Padre non ci vuole castrati ma fratelli. Che possiamo sempre avere il coraggio di essere cristiani oggi, di abbandonare le false credenze su Cristo, di ascoltare la Sua Parola viva per ognuno di noi, di vivere! Scopriremo allora che soltanto così possiamo mostrare ai fratelli quanto Egli è grande. Difficile essere cristiani…ma quanta bellezza!

Infine Giovedì primo Marzo abbiamo concluso con Don Filippo Capaldo presso l’ex Seminario di Vico Equense i nostri incontri. Abbiamo riflettuto sulla Preghiera. Come essere mediatori tra Dio ed i ragazzi? Come pregare? Cosa significa Pregare? A partire dalla figura di Mosè presentata nel libro Esodo abbiamo ricevuto uno scossone intrigante: la nostra visione di singoli non sempre combacia con la missione che Dio ci affida. Quanta volte confrontandoci tra educatori abbiamo constatato che spesso non abbiamo una visione comune e che tendiamo ad indirizzare i ragazzi verso ciò che noi preferiamo in quanto persone allontanandoci dal volere di Dio. A tratti sembra una tragedia. Come intervenire? Amici il miracolo risiede nella preghiera a partire dalla Parola. Dio ci parla e solo porgendo l’orecchio e provando a dialogare con lui riusciremo ad accordare a lui la nostra volontà. Come dicevamo sopra Dio ci vuole liberi quindi ciò non significa divenire suoi burattini ma scoprire che la sua volontà in fondo è la nostra quando cerchiamo dentro di noi la Verità, anche se fa male. Ma tutti pregano? Sì! Lo Spirito Santo agisce in tutti noi battezzati e cerca il Padre. Spesso crediamo che la preghiera sia lontana da noi o che ci siano quelle di serie A mentre le altre valgano poco. In realtà tutti tendiamo alla preghiera anche se nella sua forma più elementare: chiedere un bene per sé; è forse poco? Dio non è un babbo? Allora ben venga che un bambino inizi a sentirlo tale. Soltanto così si potrà gradualmente scendere a pregare per l’altro, per il noi, per il perdono fino a lodare il Padre e sprizzare gioia da tutti i pori per le sue bellezze.

La Quaresima ci ricorda che così come da piccoli siamo socializzati al linguaggio così un cristiano lo è alla preghiera, un’altra forma di linguaggio.

Cari educatori che possiamo sempre essere pronti a scendere in campo per poter diventare mediatori di Bellezza e messaggeri di Vita. Soltanto formandoci scopriamo il posto che Dio riveste nella nostra vita e riusciamo a scovarlo nel miracolo che è il bambino che abbiamo accanto.

a cura di Vincenzo