13 Ottobre 2025

Pellegrinaggio diocesano a Lourdes25

Lourdes, dove la fragilità diventa dono: la testimonianza di Francesco

Francesco un giovane pellegrino/volontario ci racconta la sua esperienza

Lourdes…
L’ho sempre guardata da lontano, come una meta che prima o poi avrei raggiunto un giorno, ma senza mai scriverla davvero nel mio calendario.
Poi, qualcosa mi ha chiamato. O forse dovrei dire Qualcuno.
Lourdes è una di quelle destinazioni che spesso si scelgono per chiedere una grazia, per ricevere qualcosa. Io no. Io sono partito senza aspettative, senza richieste, solo con il desiderio di esserci, di servire, di ascoltare.

Eppure, a pochi giorni dalla partenza, la mente ha iniziato a parlare.
Mi chiedevo se fossi all’altezza, se con la mia malattia e le mie stampelle potessi davvero essere d’aiuto, se il mio dolore potesse sostenere il dolore degli altri.
Mi sentivo inadeguato, forse persino inutile.
Eppure… sono partito. Con le mie paure., con il mio carico, con la mia fede un po’ tremante.
Mai dimenticherò il momento in cui il mio piede ha toccato quella terra: ogni dubbio, ogni preoccupazione è svanita.
Ancora una volta mi sono sentito chiamato, ancora una volta mi sono sentito amato nella mia fragilità.

A Lourdes, tutto cambia. I pesi che ci portiamo dentro sembrano più leggeri, le domande più chiare, le lacrime più vere e io, che tante volte ho percepito l’inutilità, ho scoperto che proprio quando ti senti inutile, puoi donare davvero, perché doni senza aspettarti nulla, perché ti offri senza maschere.
È stato lì che, in mezzo al servizio, alla fatica, e alla bellezza dei volti incontrati, ho sentito risuonare forte dentro di me la Parola: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza.» (2 Cor 12,9). In quel momento ho capito: la mia debolezza non era un limite, ma lo spazio in cui Dio poteva operare.
Nella mia piccolezza, ho incontrato gli occhi luminosi dei volontari, che con un sorriso o un abbraccio ti spingono a dare di più.
Mi hanno dato ali, mi hanno ricordato che la leggerezza è una forma di santità.

Ho preso per mano i sofferenti, ho camminato con loro nei luoghi santi, e i loro sorrisi hanno guarito parti di me che non sapevo ferite.
Le loro mani, consumate dal dolore, hanno accarezzato il mio volto e in quelle carezze ho sentito la carezza del Padre. In quei “ti voglio bene” sussurrati da labbra stanche ho sentito la voce dell’umanità più vera.
A Lourdes ho imparato che Dio non ama gli effetti speciali, non parla con i fuochi d’artificio, ma con la semplicità, con ciò che è concreto, piccolo, quotidiano.
Siamo noi, spesso, i veri ostacoli.
Le mie stampelle non mi hanno impedito di amare, la malattia non ha fermato il servizio anzi, ha dato un senso più profondo al mio “Eccomi”.
Ho amato.
Ho amato i sofferenti, perché attraverso di loro ho toccato le piaghe di Cristo.
Ho amato i volontari, perché con loro ho imparato la bellezza della fraternità.
E amerò ancora.
Anche se, come diceva il nostro don Antonino, «l’amore fa bene, ma sa fare anche male», ma non si può smettere di amare.
Gesù ha continuato ad amare nonostante il tradimento.
Maria ha continuato ad amare ai piedi della croce.

Amare è un rischio, ma è il rischio più bello della vita.

Lourdes mi ha insegnato questo: che nella vita vale la pena rischiare, purché lo sguardo resti fisso su di Lui.
Lì, in quel luogo di Grazia, ho lasciato un pezzo di me. Ma porto con me mille volti, mille storie, mille carezze. Non cercavo nulla, eppure, Lourdes mi ha donato tutto.
La certezza che quando Dio chiama, non esistono ostacoli troppo grandi.
Me ne sono reso conto anche all’aeroporto, quando, nel caos, qualcuno ha esclamato: «Sembravi volare su quelle stampelle!», lì ho capito che la mia vittoria era già scritta nel Suo amore.

Basta crederci.
 Basta affidarsi.

Spesso il Vangelo ci invita alla piccolezza e io ho guardato alla mia vita attraverso gli occhi di un bambino, Gabriele, che l’ultima sera mi ha chiesto un abbraccio, senza stampelle.
E io, sorridendo, ho lasciato le stampelle ad un volontario, l’ho stretto forte e lui mi ha detto: «Visto? Ce la fai!»
È in quel momento che ho capito che ce la possiamo fare, che essere piccoli non è una debolezza, ma una potenza, perché Dio fa grandi cose con ciò che è piccolo e umile.
Lourdes è stata una sfida. Una sfida bella.
Ma soprattutto, Lourdes è stata Amore.

Il pellegrinaggio non finisce qui.
Inizia ora. Perché Lourdes non rimanga solo un luogo, ma diventi testimonianza viva nella nostra quotidianità.
E se, da qui, la nostra vita può sembrare un disastro, dal Suo punto di vista è un capolavoro.

Fracesco Vitaglione

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