Mons. Alfano: Aprirsi al mondo di Dio significa: Accogliere il dono della vita in pienezza.

Domenica 06 novembre – XXXII Domenica del Tempo Ordinario – ci presenta un passo del Vangelo di Luca
  
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
 
Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
 
La domanda che i sadducèi pongono a Gesù ci inquieta, ci sembra così lontana dalla realtà. Una donna, sette mariti, sette fratelli uno dopo l’altro, alla fine muore anche lei e poi che ne sarà? Di chi sarà moglie nell’altra vita? Sì, una domanda un po’ lontana dal nostro sentire, dal nostro vivere quotidiano, anche della fede che ci nasce nel cuore nel rapporto col Signore.
Una domanda che Gesù utilizza per aprire uno squarcio sul vero senso della vita, sul nostro rapporto con Dio e sul destino della nostra esistenza, la comunione piena con Lui, c’è da accogliere allora questa rivelazione con gioia e con gratitudine, senza lasciarsi prendere dalla tentazione di trasportare, nell’altro mondo, un’immaginazione che nasce solo dalla nostra vita quotidiana.
I figli di questo mondo e i figli del mondo, dell’altro mondo, il mondo della vita e della comunione con Dio. È così che Gesù ci mette per la strada giusta, non si tratta di contrapporre ma di aprirsi al dono del Signore, non si può pensare a una vita prolungata oltre la morte portando con sé quanto si è vissuto. Certo non perderemo nulla di quanto abbiamo realizzato, ma aprirsi al mondo di Dio significa accogliere il dono della vita in pienezza. Sì dove i rapporti, le relazioni, gli affetti saranno trasformati, ridonati in pienezza proprio perché possiamo vivere in comunione con Lui.
Ecco ciò che conta. All’obiezione dei sadducèi, Gesù risponde rimandando al principio e il principio è: un Dio che e accanto all’uomo, il Dio di Abramo, il Dio Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio della storia di ciascuno di noi. Un Dio che si lega talmente a noi, che consente a ciascuno di poter rimanere unito a Lui. Sì viviamo con lui, vivremo con Lui, e questo ci basta e in Lui ritroveremo non solo le relazioni, gli affetti, i rapporti, le amicizie, ritroveremo la nostra storia potremo viverla pienamente in Lui. Insomma non basterà mai fermarsi a quanto viviamo per comprendere quello che ci aspetta la Misericordia di Dio il suo amore, la sua tenerezza, la sua vicinanza con noi è il fondamento della nostra speranza e così Gesù ci introduce nel mistero della vita.
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